Nella primavera del 2014 i cinema di tutta Italia proiettavano il film Her di Spike Jonze, con il protagonista che si innamora della voce della sua assistente virtuale: una voce realizzata grazie all’intelligenza artificiale e, nel film, interpretata da Scarlett Johansson. Per molte persone quel film rappresentava una realtà talmente lontana da fargli dubitare che fosse possibile realizzarla entro la fine del ventunesimo secolo. Dopo soli dieci anni, invece, sempre Scarlett Johansson denuncia OpenAI per aver utilizzato la sua voce nel nuovo software di assistenza vocale senza autorizzazione.
Negli stessi giorni, venerdì 24 maggio, in una cerimonia organizzata insieme alla Brunello Cucinelli Spa nell’ambito del secondo “Simposio Universale dell’Anima e dell’Economia di Solomeo” (evento privato in cui imprenditori, scienziati e artisti di tutto il mondo discutono di etica e AI), l’Università degli Studi di Perugia consegna al pioniere dell’intelligenza artificiale e, tra le altre cose, co-fondatore di LinkedIn Reid Hoffman il dottorato Honoris causa in Scienze umane. Un riconoscimento conferito per la capacità di Hoffman di lavorare allo sviluppo etico delle nuove tecnologie.
A consegnare la pergamena a Hoffman è il Rettore dell’ateneo umbro Maurizio Oliviero, che annuncia alla stampa l’apertura, per il prossimo anno accademico, di una cattedra interdisciplinare chiamata “Nuovo umanesimo universale“. Al corso, il primo in Italia, potranno iscriversi studentesse e studenti di tutte le facoltà e coinvolgerà docenti, imprenditori provenienti da tutto il mondo, fondatori di startup. Un’idea nata per accompagnare quello che Oliviero definisce “il nuovo Rinascimento che stiamo vivendo oggi con lo sviluppo dell’intelligenza artificiale“.
La cerimonia
La giornata è un momento per riflettere, partendo da basi analitiche di carattere scientifico, sugli ormai noti rischi e opportunità dell’Intelligenza artificiale. Nel suo discorso, scandito in sei capitoli che prendono le mosse da frasi pronunciate in latino, Hoffman spiega infatti che l’unico modo per uscire arricchiti dal rapido processo di espansione dell’AI è la scoperta di una sintesi degli elementi espressi da tesi e antitesi, da ottimismo e pessimismo. Non solo, quindi, la preoccupazione attorno alle incertezze dell’innovazione, e neanche un ottimismo sconfinato, ma un domandarsi, piuttosto, che tipo di civiltà potrebbe creare questo inedito incontro tra umanità e tecnologia. Secondo Hoffman, si tratterà di una condizione di “super umanità”: più intelligente, più preparata e, addirittura, più gentile, dotata della possibilità di osservare, con un solo colpo d’occhio, tutto lo scibile umano.
Un percorso ancora lungo
Un quadro ampio e complesso quello tracciato da Hoffman che, per spiegare come il percorso sia comunque ancora lungo (nonostante la rapidità sia una caratteristica dell’AI), fa riferimento ad elementi storici e culturali legati alla città di Perugia. La lectio magistralis di Hoffman celebra infatti il grifone (animale simbolo del capoluogo umbro) e le cattedrali in quanto significativa espressione dell’operato umano sulla terra (nel centro di Perugia sorge l’importante cattedrale di San Lorenzo). Ad accomunare questi simboli, come tutti gli altri simboli fortemente radicati in una cultura o in una comunità, è il massiccio investimento in termini di quantità di tempo che le persone vi hanno dedicato per renderli quel che sono oggi. Una dimostrazione del fatto che i progetti davvero ambiziosi non possono che essere di lungo corso e, per questo, devono coinvolgere intere generazioni. Come la costruzione di una cattedrale, tanto alta che, come nel famoso e omonimo racconto di Raymond Carver, non c’è neanche bisogno degli occhi per osservarne e comprenderne il significato, che deriva piuttosto dalla percezione della fatica, della pazienza, del lavoro di tante persone. E, come dice Hoffman, dall’aspirazione a “dare all’umanità un orientamento, una traccia da seguire”. Oggi la traccia da seguire è lo sviluppo dell’intelligenza artificiale.
Preoccupazioni e opportunità
I lunghi cammini sono pieni di insidie, e questo l’imprenditore non lo nega, come non nega le sue preoccupazioni. E se l’intelligenza artificiale, si chiede, avesse quello che in economia viene chiamato “momento di Minsky”, ovvero un crollo improvviso dovuto al venire meno delle condizioni di iniziale stabilità? Qui lettrici e lettori di Mark Fisher potrebbero saltare dalla sedia pensando a quando l’intellettuale britannico definiva “bipolare” il capitalismo in quanto oscillante tra periodi di espansione e istantanei crolli depressivi. Che anche lo sviluppo dell’AI possa essere esposto a simili rischi?
A tal proposito Reid Hoffman spiega che, oltre all’utile regolamentazione governativa, “il modo più rapido ed efficace per sviluppare strumenti di IA più sicuri, equi e utili è quello di renderli accessibili a una vasta gamma di utenti con valori e intenzioni diverse”. In ogni caso, è la storia stessa dell’umanità a essere una storia di rischi. Secondo Hoffman, l’unica cosa che possiamo fare è mitigare le conseguenze dei rischi più piccoli, imparando a sfruttarli a nostro vantaggio preparandoci a rischi maggiori che, magari, non si presenteranno nemmeno. Come un pugile che vince non perché picchia più forte, ma perché riesce a minimizzare l’impatto dei colpi che lo raggiungono. E in questo modo attraversa l’incontro, campanella dopo campanella, in una corsa che sembra interminabile. Come ci auguriamo sia la storia dell’umanità. Per questo, Hoffman invita tutti ad attraversare e alimentare il dibattito sull’AI e a prendere parte alla costruzione di una nuova civiltà che vorrebbe essere la sintesi, e non la somma, tra umanità e tecnologie, possibilità e pericoli; frutto della valorizzazione di “ciò che potrebbe andare bene” oltre che dell’analisi approfondita di “ciò che potrebbe andare male”.
Fonte : Wired