Il tatuatore di Auschwitz, la spiegazione del finale della serie tv in onda su Sky

Venerdì 24 maggio (una data che in Italia evoca l’inizio della prima guerra mondiale), in tv e on demand su Sky e in streaming su NOW, sono usciti anche in Italia gli episodi 5 e 6, ovvero le ultime puntate di Il tatuatore di Auschwitz, miniserie tv tratta dall’omonimo libro in cui l’autrice neozelandese Heather Morris ha riportato la testimonianza di Ludwig “Lale” Sokolov (nato Eisenberg), ebreo sopravvissuto al campo di concentramento di Auschwitz Birkenau.

Come avevamo sottolineato nella nostra recensione, questa serie ha aggiunto alla pura storia di Lale e Gita nel lager anche la storia dei colloqui tra lui e Heather, avvenuti tra il 2003 e il 2006, mostrando nell’ultima scena anche un frammento del vero Lale e la voce della vera Heather. Ripercorriamo dunque il finale di questa serie, con un riassunto-spiegazione di quello che abbiamo visto al termine di questa drammaticissima storia: ovviamente ci sono tutti gli spoiler del caso. 

I segnali di disfatta dei nazisti, vita e morte ad Auschwitz

Alla fine della quarta puntata, dopo il tremendo momento in cui le ceneri di Nadia e degli altri rom mandati nei forni annerivano il già cupo cielo del campo, era comparsa per la prima volta la speranza quando Gita aveva intravisto un aereo non tedesco sorvolare il cielo. A speranza si aggiunge speranza quando si sparge la voce che due prigionieri, che Lale conosce, sono riusciti a scappare approfittando di un momento di confusione.

Lale si dispera, poco tempo dopo, quando rivede uno dei due, che gli viene affidato di nascosto prima che venga tatuato ufficialmente: Lale scopre quindi che dopo essere fuggito è andato con l’altro prigioniero a raccontare ai rappresentanti degli alleati quello che succede nel lager, dovendo insistere più e più volte per essere creduti. Poi è stato catturato nuovamente e riportato nel lager, ma avendo dato generalità false i nazisti non sanno che era già un prigioniero, quindi ha provato a strapparsi il tatuaggio a morsi ma non c’è riuscito, e chiede a Lale di tatuargli una rosa che copra il suo vecchio numero per non essere scoperto dalle SS.

Anche se il suo amico è stato catturato, Gita spiega a Lale che questi sono segnali che i nazisti sono in difficoltà. Una sensazione confermata anche da Stefan Baretzki (di cui se volete c’è una pagina Wikipedia personale), che però essendo sottufficiale afferma di saperne poco ma di percepire che la tanto promessa vittoria in guerra non arriverà mai, e fiutando l’aria si fa particolarmente gentile con il “fratello” Lale, procurandogli un incontro con Gita.

Un’altra storia positiva che rischiara uno dei luoghi più bui dell’umanità avviene nel settore femminile, dove una donna appena giunta, Esther, è incinta: Gita, la signora Hoffmanova, Ivana e Hanna convincono la capo-blocco Martha a non dire niente alle SS e la nascondono nel dormitorio finché, una notte, partorisce davanti a tutte una bella bambina: per un paio di minuti rabbrividiamo, ma nel presente Lale mostra subito una foto di una donna sulla cinquantina, dicendo che è quella bambina, ora nonna, e che si chiama Naomi come la Hoffmanova.

Il motivo di tale omaggio lo capiamo dopo, quando l’amica di famiglia di Gita si offre volontaria al posto di Esther quando Martha comunica i numeri delle prigioniere scelte dai nazisti per finire nei forni quel giorno: la dolce Naomi Hoffmanova saluta tutte con un bacio, e trattenere le lacrime è impossibile in questo momento, quando il suo volto si aggiunge alla galleria di quelli mostratici in primo piano per farci sapere che sono morti nel campo di concentramento. 

Come finisce la permanenza nel lager di Lale e Gita

Ma i maledetti nazisti sono appunto prossimi alla sconfitta, e ripiegando verso ovest devono abbandonare la terra polacca. Per prime decidono di trasferire le donne, a inizio 1945, e mentre Gita inizia la sua marcia Lale la vede e le dà appuntamento nell’emporio di Bratislava dove lui lavorava prima di essere deportato. Gita si incammina, tenendosi stretta alle sue amiche Ivana e Hanna, ma la prima muore assiderata dopo una notte. 

Le altre due però ricordano il suggerimento di scappare quando vedono il cartello di una fabbrica di gomma, e così fanno, riuscendo a non farsi beccare dai proiettili e poi a trovare temporaneo rifugio in una casa, dove una madre e una figlia le sfamano, lavano e rivestono ma poi le invitano ad andarsene. Così fanno, non senza difficoltà, ma riuscendo anche ad avere la meglio quando un uomo prova a violentarle. 

Qualche settimana dopo anche gli uomini lasciano Auschwitz. Lale finisce per un po’ a Mauthausen, poi in un altro campo, fino a trovarsi un giorno a lavorare nei pressi di un bosco: nessuno sembra più interessato a sorvegliare i prigionieri, Lale ci prova e fugge nel bosco, assaporando la libertà per la prima volta in tre anni in un prato pieno di foglie secche. È finita, Lale e Gita sono sopravvissuti ad Auschwitz. Ma la strada per il loro lieto fine è ancora lunga.

Lale catturato dai russi, e la sua seconda fuga

Perché Lale finisce in Austria, in una zona controllata dai sovietici, a cui si consegna. I russi lo sfamano e lo dissetano, ma in pratica lo fanno di nuovo subito prigioniero. E il povero ex tatuatore deve vivere un nuovo trauma, quando si fa convincere da Heather ad aprire quella porta della memoria e rivedere il momento in cui si rese conto che le donne che lui aveva il compito di convincere a partecipare a serate danzanti venivano in realtà costrette a prostituirsi in cambio della libertà e di qualche soldo. 

Ma per uno che ha vissuto tre anni ad Auschwitz non c’è più niente che possa spezzarlo, soprattutto perché almeno ora può mangiare, bere, vestirsi, avere un letto dignitoso e dunque riprendere le forze stremate dall’esperienza nel lager. E così, conquistata la fiducia del comandante della truppa sovietica, un giorno approfitta di un momento in cui non è sorvegliato e prende la bicicletta della prima donna che aveva “adescato”, e che non accetta di essere ricompensata, e se ne va verso la sua Bratislava.

Lale ritrova prima la sorella e poi, finalmente, l’amata Gita

Lale torna dunque a casa, nella campagna slovacca. Fa per bussare alla porta, ma viene interrotto da una donna: è Goldie, la sorella, che si è salvata dal rastrellamento perché la mamma l’aveva fatta nascondere dalla vicina signora Molnar. Goldie e Lale si abbracciano, e di nuovo è impossibile non piangere.

Lale parla di Gita alla sorella, che gli dà l’anello ereditato dalla mamma per quando i due si potranno finalmente ritrovare. Nella capitale il suo posto di lavoro è chiuso, ma lì vicino c’è il municipio, dove chi è tornato a casa lascia messaggi in una grande bacheca che gronda speranza. Lale lascia un messaggio per Gita, ovviamente.

La ragazza, insieme ad Hanna, arriva anche lei a Bratislava ma si demoralizza quando nota l’emporio di Lale chiuso. Si recano dunque alla bacheca, non trovando però il foglietto di Lale, caduto a terra. Gita a questo punto ha perso le speranze e va a sedersi sugli scalini fuori aspettando Hanna, e lì avviene il miracolo.

Gita sente una voce familiare e vede una carrozza allontanarsi. Si mette a correre freneticamente e quando si avvicina urla il nome dell’uomo amato. Lui si ferma un attimo, mentre sta trasportando un cliente, e si gira lentamente, incredulo. I capelli sono ricresciuti a entrambi, che hanno finalmente dei vestiti decenti e non la terribile uniforme a strisce dei deportati, e addosso hanno anche qualche chilo in più per fortuna.

Ma ci mettono lo stesso un attimo a riconoscersi, a corrersi incontro, ad abbracciarsi e baciarsi piangendo, mentre tutti intorno a loro assistono alla bellezza dell’amore e della vita dopo anni di odio e morte e distruzione. Lale e Gita si sono ritrovati, si sposano e non si lasceranno mai più, anche quando saranno costretti a lasciare la Cecoslovacchia comunista e l’Europa per trovare finalmente piena libertà in Australia. 

Gita non riesce a rimanere incinta, finché…

Come racconta Lale a Heather, però, il lieto fine per loro tardò ancora ad arrivare. Perché soprattutto Gita era tormentata da quella che sentiva come una condanna, o una punizione per essere sopravvissuta, e cioè l’impossibilità di restare incinta (a differenza di Hanna, anche lei emigrata in Australia con l’amica), nonostante anni di tentativi e di ricorsi ai migliori medici. 

Una notte, tra le lacrime, Gita dice che sente di dover tornare in Europa, a casa sua, per elaborare il suo dolore. E in effetti quando torna in Australia, Gita comunica a Lale che è finalmente incinta: è il 1961 quando nasce Gary Sokolov. 

La fine di Stefan Baretzki

Verso la fine dell’ultimo episodio, mentre Lale è sempre più tormentato dai fantasmi del passato a cui sente di stare per riunirsi, capiamo anche perché lo spettro di Baretzki continua a far capolino nella vita dell’ex tatuatore. 

Rivediamo infatti un momento del passato quando Lale, che nel frattempo ha cambiato cognome da Esisenberg a Sokolov e appunto è andato dall’altra parte del mondo, riceve a casa sua e di Gita la visita di due poliziotti australiani che lo informano che i legali di un SS di Auschwitz hanno chiesto la sua testimonianza in “difesa” del loro assistito, che è proprio Baretzki.

Lale è tormentato, perché pur riconoscendo la follia omicida dell’uomo, che Gita gli rammenta, diversamente dalla moglie non riesce a non riconoscere a quell’uomo il merito di aver salvato la vita sua e della sua amata. Ad ogni modo racconta di tutti gli atti di violenza e tutti gli omicidi che gli ha visto compiere a sangue freddo, e anche senza leggere la pagina Wikipedia vediamo nella serie tv che Baretzki si suicidò in carcere. Avrebbe meritato di essere salvato perché aveva protetto Lale? Secondo noi proprio no, neanche per idea.

Il rapporto tra Heather e Lale, fino alla morte dell’ex tatuatore 

Heather, superato l’attacco di panico per i racconti più tremendi di Lale, è riuscita a riprendere in mano la situazione, continuando a scrivere pagine e pagine della storia dell’uomo che incontrava due o tre volte a settimana dopo il lavoro. Arrivare alla parte più lieta della storia l’ha aiutata, così come lei ha aiutato Lale (che nel filmato originale finale vediamo chiamare Lou) a togliersi tutti quei pesi dalla coscienza. 

Ma verso la fine Lale è ormai molto anziano e provato. Un giorno chiede a Heather di accompagnarlo a visitare di nuovo Auschwitz, lei dice che forse dovrebbe portare il figlio ma Lale dice che non hanno mai raccontato a Gary tutto quello che hanno passato. Heather allora accetta, ma quella sera Lale torna a casa, “vede” la giovane Gita che gioca con il neonato Gary sul letto e si unisce a loro: è l’ultimo momento vissuto da Lale, che si spegne nel 2006.

Heather ci metterà 11 anni a trovare un editore che pubblichi il suo libro di testimonianza, ma come sappiamo Il tatuatore di Auschwitz diventerà, al netto di alcune contestatzioni, un fenomeno letterario. E poi una serie tv, che prima della  conclusione con il già citato spezzone del vero Lale ci mostra la solitaria visita di Heather Morris (il personaggio, non quella vera) nel luogo dove si è consumata una delle pagine più nere della Storia. 

Il tatuatore di Auschwitz - l'anziano Lale Sokolov a colloquio con Heather Morris

Fonte : Today