Parthenope di Sorrentino è un film malinconico sulla giovinezza e sulla seduzione

Parthenope segna il ritorno a Cannes del pluripremiato cineasta di La grande bellezza. Questa volta porta il suo primo film incentrato su una donna, una fanciulla ammaliatrice – come una sirena – che è oggetto del desiderio di tutti, ragazzi di strada, intellettuali maturi, attrici, camorra, università, chiesa. Si chiama Parthenope non a caso, è l’evidente metafora della città di Napoli. Irresistibile, indefinibile, contaminata da tutte le realtà di cui sopra, eppure malgrado tutto, sempre seducente.

La interpreta Celeste Dalla Porta, nel ruolo di una ninfa conturbante con un’attrazione incestuosa verso il fratello, e una determinazione a farsi desiderare da tutti gli uomini che incontra. Compresi un intellettuale omosessuale (Gary Oldman, nei panni dello scrittore John Cheever, nemesi di Gambardella) e un assai discutibile uomo di chiesa (Peppe Lanzetta). Dopo il cardinale Voiello Sorrentino affida a Silvio Orlando un nuovo personaggio memorabile, un professore capace di andare oltre l’esteriorità e vedere del potenziale in Parthenope, brillante studentessa di antropologia. “Vedere“, scoprirete perché, non è un verbo scelto a caso, specie per chi custodisce un segreto in casa.

Eccessivo, ridondante, pieno zeppo di aforismi, con più battute memorabili che sostanza e più scene di grande impatto visivo che momenti emozionanti, Parthenope è (l’ennesima) summa del cinema sorrentiniano. C’è dentro Youth e La grande Bellezza, The Young Pope e La mano di Dio (anche qui la protagonista, colpita da un grave lutto, si muove nel mondo in cerca di incanto e di maestri). Troverà mentori sui generis, come l’attrice mascherata e irriverente di Isabella Ferrari e la diva Greta Cool, una Luisa Ranieri con tanto di parrucca intenta in un monologo/invettiva contro Napoli (è lo spettro di Sophia Loren).

Ora, è vero che Sorrentino, come ha detto lui stesso più volte in passato, fa sempre lo stesso film? A vederlo sembrerebbe di sì, Parthenope potrebbe essere uno dei personaggi dei suoi film precedenti, con la sua dose di aforismi, morbosità, malinconia e disincanto sul mondo. Lo chiediamo direttamente al regista: “I miei ultimi due film sono diversi da quelli precedenti, ma è vero che ogni film che faccio penso sia l’ultimo“. È l’unico italiano in concorso a Cannes quest’anno. “Cosa provo? Sto molto bene da solo, anche nella vita“, una risposta che avrebbe potuto dare la sua Parthenope, decisa a non sposarsi mai. Da adulta ha il volto di Stefania Sandrelli, e meno male: proprio all’attrice di Io la conoscevo bene e ai suoi occhi che nel silenzio sanno raccontare tutto Sorrentino affida il finale del film che, come sempre accade nel suo cinema, sa convincere più di tutto e restare impresso anche fuori dalla sala.

Fonte : Wired