L’intelligenza artificiale potrebbe sostituire 200mila dipendenti pubblici italiani

Più della metà dei dipendenti pubblici italiani vedrà la propria attività fortemente impattata dall’intelligenza artificiale. Lo certifica la ricerca L’impatto dell’intelligenza artificiale sul pubblico impiego presentata il 21 maggio a Roma da Fpa, società del gruppo Digital360 in apertura di Forum Pa 2024, l’evento annuale di confronto tra i soggetti pubblici e privati dell’innovazione.

Nel dettaglio, 1,8 milioni di persone (il 57% del campione totale) saranno interessate da una spiccata interazione tra le mansioni svolte e quelle che potranno essere svolte dagli algoritmi. Si tratta, in particolare, di dirigenti, personale con ruoli direttivi, tecnici, ricercatori, insegnanti, legali, architetti, ingegneri, professionisti sanitari e assistenti amministrativi.

Secondo lo studio, la maggior parte dei lavoratori altamente esposti (l’80%) potrebbe ottenere importanti miglioramenti grazie alla tecnologia. Più o meno 1,5 milioni di lavoratori con ruoli di leadership e gestione, se adeguatamente formati, potrebbero infatti svolgere le proprie mansioni in modo totalmente complementare con le nuove tecnologie. Un 12% di loro sarebbe invece a rischio sostituzione: 218mila dipendenti pubblici con professioni meno specializzate, basate su compiti ripetitivi e prevedibili, quindi potenzialmente appannaggio anche dell’intelligenza artificiale.

Per quanto riguarda i settori, quelli più esposti sono le funzioni centrali della pubblica amministrazione (lo sono nel 96,2% dei casi) e quelle locali (93,5%), seguite dall’istruzione e dalla ricerca (72,6%). Proprio in quest’ultimo comparto emerge la maggiore sinergia tra lavoro e IA, con una complementarità pari al 91,9%. Il rischio sostituzione più alto lo corrono i lavoratori delle strutture centrali della pubblica amministrazione: quasi la metà di loro, il 47,4%, potrebbe perdere il lavoro e lasciarlo alla tecnologia.

Quella rappresentata dall’intelligenza artificiale è la terza ondata di trasformazione per il settore pubblico negli ultimi quindici anni. La prima, nel 2007, fu determinata dalla spending review, che portò alla diminuzione dei dipendenti pubblici e a un calo di investimenti in formazione. La seconda è arrivata con la pandemia, che ha prodotto un’accelerazione dei processi di innovazione e digitalizzazione. A cavallo dei due fenomeni, rilevanza è stata inoltre assunta dalla crescita della domanda pubblica di servizi di consulenza, salita anche grazie alle risorse del piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) del 30,5% con investimenti pari a 535 milioni nel 2022. Dati che attestano una importante dipendenza della Pa da figure esterne.

Fonte : Wired