The Shrouds, la tecnologia secondo Cronenberg tra cadaveri e cimiteri

The Shrouds, il nuovo film di David Cronenber in gara alla 77a edizione del Festiva di Cannes, parte con un urlo straziante alla Munch. Lo emette Karsh, un Vincent Cassel con il look del regista canadese. Ha perso sua moglie da anni e il dolore gli sta corrodendo persino i denti, che “registrano emozioni”. La sua elaborazione del lutto è bizzarra: ha ideato gli “Shrouds” del titolo, sudari tecnologici con cui basta avvolgere i cadaveri per consentire ai cari di vedere in 3d cosa ne è dei loro corpi. Macabra curiosità, quella di Karsh che si vanta della sua elaborata invenzione, a metà tra voyeurismo e necrofolia: si può addirittura zoomare dentro al teschio della persona amata, con tanto di rotazione 3d virtuale, per avere la sensazione di restare con lei nel sottosuolo.

L’impeccabile sistema della Grave Tech entra in crisi quando il cimitero digitale di Karsh viene vandalizzato e l’intero sistema hackerato. Qui il dramma cede il passo al giallo classico: chi è stato e perché lo ha fatto? Risponde Cronenberg con una serie di teorie complottistiche (i cinesi mirano a sfruttare il network del cimitero per sorveglianza e tracciamento, forse) e deliri paranoici che si intrecciano con strani comportamenti dell’avatar di intelligenza artificiale del protagonista. Il quale in sogno rivede ogni notte sua moglie e il suo desiderato corpo (“Vivevo nel corpo di Becca, per me era il mondo“) molto simile a quello della sua gemella. A interpretare entrambe è Diane Kruger.

In The Shrouds, al solito tema del doppio, della metamorfosi dei corpi e del loro logoramento, Cronenberg stavolta aggiunge un discorso interessante sulla tecnologia “neurologica, organica, umanistica”, ma si smarrisce nel meccanismo del giallo che sviluppa in maniera contorta, a tratti noiosa, finendo per far perdere di mordente un film che partiva da un’idea originale. L’insistenza della ripresa di Cassel sulla Tesla fa pensare a uno sponsor e distrae, resta la sensazione di un’occasione sprecata. Un film sulla dipendenza dal dolore, come da un certo voyeurismo tecnologico, non riuscito del tutto.

Fonte : Wired