Dalla caviglia spezzata al Roland Garros 2022 nella semifinale contro Nadal al trionfo negli Internazionali d’Italia di Roma in una finale quasi a senso unico contro un ottimo Jarry. Alexander Zverev prova a dare un’ultima sterzata ad una grande carriera che senza pause e big three avrebbe potuto essere sontuosa. Quando nel 2017, ventenne, si impose proprio al Foro Italico contro Djokovic la sensazione era quella di trovarsi di fronte ad un nuovo eletto. In tanti, compreso chi scrive, gli pronosticarono almeno una manciata di Slam in bacheca. Schiacciato – come Dimitrov, Tsitsipas & C. – dal confronto con i tre immortali, ha vinto molto ma mai un major: 23 titoli ATP (e con quello di domenica, 6 Masters 1000), 2 successi alle ATP Finals e l’oro Olimpico di Tokyo. Due le macchie da lavare. Quella di Parigi di cui non ha colpe (la distorsione e i legamenti che saltano) e quella invece a New York nella finale che non avrebbe mai dovuto perdere contro Thiem (US Open 2020).
Zverev in corsa per il Roland Garros
Il percorso del tedesco agli IBI 2024 è stato pressoché netto, con la sola sorpresa rappresentata dal cileno Alejandro Tabilo, l’unico capace di strappargli un set e di arrivare vicino alla vittoria. Per il resto Sasha è stato un rullo compressore, specie al servizio e soprattutto in finale, dove ha chiuso il match con l’80% di prime palle e la miseria di cinque punti persi alla battuta. In un Roland Garros mai così incerto, la candidatura di Zverev è di quelle da tenere in forte considerazione.
Sonego, Arnaldi e Musetti in ombra
Doveva essere il torneo di Jannik Sinner e del suo duello con Alcaraz, oppure il torneo in cui Djokovic sarebbe tornato a gonfiare il petto. I primi due non si sono presentati e il terzo è sembrato svuotato e lontano parente del giocatore che ha dominato la scorsa stagione. Servirsi come attenuante dell’incidente della borraccia è l’ennesima conferma del momento negativo del serbo: il vero Nole l’avrebbe utilizzato come motivazione ulteriore per sbranare gli avversari, non per nascondersi. Intanto Jannik e Carlos stanno curando le rispettive ferite e solo a metà settimana sapremo se saranno ai nastri partenza del secondo Slam di stagione. L’azzurro, dopo una settimana trascorsa a Torino per guarire dall’infiammazione all’anca destra, è rientrato a Montecarlo per riprendere in mano la racchetta assistito da Simone Vagnozzi e Darren Cahill. Sinner, due settimane fa, era stato chiaro: “Se non dovessi essere al 100%, mi fermerei per un altro po’ perché non ho voglia di buttare via tre anni di meno di carriera in futuro”. Con Sinner fuori dalla corsa per il titolo, gli occhi degli italiani hanno cercato un acuto da un altro azzurro. Uno scatto in avanti di Lorenzo Musetti? Un colpo di coda di Lorenzo Sonego, che proprio a Roma firmò nel 2021 la sua unica semifinale in un 1000? La consacrazione di Matteo Arnaldi? O l’ennesimo rientro folgorante di Matteo Berrettini? Niente di tutto questo. Le emozioni più belle sono arrivate da Luciano Darderi (che quest’anno ha vinto il suo primo ATP 250 a Cordoba), Francesco Passaro (partito dalle qualificazioni) e Stefano Napolitano, promessa da under che aveva poi pagato il passaggio al professionismo e alcuni infortuni.
Tre ottimi terzi turni, ma in mancanza di Jannik, il colpo grosso doveva arrivare dagli eroi della Coppa Davis. Detto che nel tennis ogni giudizio dura lo spazio di una settimana (giusto in tempo per il torneo successivo), è innegabile che qualcosa per Musetti e Sonego non giri per il verso giusto. Il talento di Carrara, solo l’anno scorso capace di toccare quota 15 ATP, ha giocato due finali nei Challenger di Cagliari e Torino, mentre a Roma è stato costretto a ritirarsi per colpa di un virus intestinale. La fiducia in un tennista dotato di un talento come il suo è come cercare il Santo Graal. Dopo le sconfitte in serie di fine 2023 e inizio 2024, portare a casa buoni match anche in tabelloni più abbordabili, fa bene al morale e anche alla classifica. Ma l’atteggiamento durante l’intera sfida sotto la Mole contro Passaro è un passo indietro inequivocabile. Un’ora e trentotto minuti di lamenti, racchette scagliate e pallina lanciata fuori dallo stadio. Le giornate negative possono capitare e il tuo avversario può tirar fuori dal cilindro la prestazione dell’anno. Ma il campione si vede anche dalla capacità di incassare e poi ripartire: Rafa Nadal ha scritto poemi su questo argomento.
Il suo coach Simone Tartarini predica calma e ha ragione. La continuità in un giocatore dalle caratteristiche di Musetti non si costruisce in una sola notte e la recente paternità ha senz’altro bisogno di un periodo di assestamento. Tuttavia, il mondo del tennis non perdona e se non migliori velocemente gli altri giocatori del circuito ti mangiano e il treno verso le posizioni nobili del tennis (a cui Muso può ambire) non passa all’infinito. Discorso valido anche per Lorenzo Sonego, il calciatore diventato tennista e con un cuore grande così. Sonny, l’eroe in Davis a Bologna (se non avesse ribaltato Jarry non saremmo mai partiti per Malaga), ha cambiato il suo coach storico, Gipo Arbino, e sta lottando per ritrovare quella garra e quella sfrontatezza che l’hanno condotto alla soglia dei top 20 e a vincere tre titoli ATP su tre superfici diverse. La sensazione è che le partite, ultimamente, gli sfuggano di mano con troppa facilità, lui che invece ha dimostrato di sapersi esaltare nella lotta. Forse avrebbe bisogno della palestra tutta lacrime e sudore in cui Apollo Creed porta Rocky nel terzo film della fortunata saga. Se ritrova quegli occhi della tigre che lo avevano portato a sfidare e anche a battere i più grandi, allora potrà risalire la classifica e tentare in extremis la qualificazione alle Olimpiadi di Parigi.
Fonte : Today