Domenica 19 maggio, al Festival di Cannes, è stato il giorno di Kevin Costner.
L’epopea western Horizon: An American Saga, di cui è regista oltre che protagonista, è stata presentata fuori concorso. E si è guadagnata una standing ovation di sette minuti.
Il divo era visibilmente emozionato per quegli applausi, e per il pubblico che urlava il suo nome. Perché, per Horizon, ha dato tutto. E ha promesso che non è finita qui: a questo primo capitolo ne seguiranno altri tre.
Horizon: An American Saga, l’emozione di Kevin Costner
“Mi dispiace che abbiate dovuto applaudire così a lungo per farmi capire di dover parlare”, ha scherzato Kevin Costner alla fine della proiezione. “È stato un momento così bello, non solo per me, ma anche per gli attori che sono venuti qui, per le persone che hanno creduto in me e che hanno continuato a lavorare (…) Non lo dimenticherò mai, e nemmeno i miei figli”.
Horizon: An American Saga è un western cruento, raccontato dal punto di vista degli allevatori di bestiame, degli agricoltori e dei soldati impegnati a costruire un futuro nell’Ovest americano, ma anche da quello dei nativi che lì vissero per primi. È un progetto profondamente personale per Costner, che ha investito gran parte della sua fortuna nella realizzazione del film, arrivando a ipotecare il suo ranch per trovare i 100 milioni di dollari necessari alla realizzazione della pellicola.
Del resto, al genere western Kevin Costner deve molto. Da sempre. Basti pensare al successo al botteghino di Open Range, o allo straordinario Balla coi lupi, entrambi diretti da lui (la produzione e la regia di Balla coi lupi le sono persino valse l’Oscar). Oppure a Yellowstone, serie TV che ha abbandonato per dedicarsi ad Horizon ma in cui non esclude di tornare.
Una narrazione originale
Horizon: An American Saga è ambientato nel 1859, nei territori che si estendono dal Wyoming al Kansa. La sua colonna sonora, travolgente, ricorda gli anni ’50, e racconta il sentimentalismo del Vecchio West anche quando sullo schermo accadono cose terribili. Perché, buona parte del film, si concentra proprio sulla violenza. Quella che, al tempo, vide contrapporsi coloni e tribù indigene. Ma, a differenza dell’epoca in cui i western americani erano profondamente razzisti, Horizon non lo è.
Non solo: Horizon non ha neppure una narrazione lineare. Il regista offre al pubblico tre ore di aneddoti, portando in scena gruppi di personaggi, affrontando situazioni che vengono poi abbandonate, regalando una panoramica fugace della vita sul campo e chiedendo agli spettatori, in molti casi, di ricucire il retroscena di ciò che stanno vedendo. Perché, l’obiettivo di Kevin Costner, era quello di allontanare il genere western dal bianco e nero. Per esplorare tutte le sue sfumature di grigio.
Un lavoro che durerà diversi capitoli, come lui stesso ha promesso. Tanto che, il film, si conclude con un’anticipazione di ciò che vedremo nella parte due.
approfondimento
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Fonte : Sky Tg24