L’Acchiappatalenti, Michael e Adonà rinascono da Milly Carlucci: le commoventi storie di due talenti

Nella seconda puntata de “L’Acchiappatalenti”, il nuovo show condotto da Milly Carlucci venerdì 17 maggio su Rai1, le sorprese sono all’ordine del giorno. Ancora una volta i talent scout sono Mara Maionchi, Sabrina Salerno, Wanda Nara, Francesco Paolantoni e Teo Mammucari, che devono scegliere il talento giusto per loro, anche se il giudizio finale sul connubio tra artista e talent scout spetta ai giudici Flavio Insinna, la presidente Simona Ventura e Francesco Facchinetti. Durante la serata, la conduttrice presenta due talenti molto diversi ma con un passato difficile in comune: stiamo parlando di Michael, bullizzato da giovane perché in sovrappeso, e Adonà, che è riuscito a rinascere dopo il Covid-19.

Michael bullizzato

Michael è un batterista ed è bravo (un po’ meno nel ballo sulle note di “Heidi”, talmente trash da “spaventare” Mammucari): a confermalo è anche Mara Maionchi. È un “vichingo”, o almeno così si definisce visto il fisico scolpito, ma anni fa era una persona diversa: “Ora mi vedete molto fisicato, ma non sono sempre stato così. Ho avuto un passato da ragazzo sovrappeso. Pesavo circa 115 kg e ho vissuto molte situazioni in cui sono stato deriso, preso in giro. Poi qualche delusione d’amore… Le persone possono fare molto male con le parole. Una mattina mi sono alzato e mi sono guardato allo specchio. Non mi vedevo come volevo essere e da quel momento ho promesso a me stesso di cambiare. A quel punto ero come un treno in corsa, niente poteva fermarmi o farmi cambiare idea. Sono andato avanti senza guardarmi alle spalle. A differenza di molti anni fa, adesso voglio mostrarmi”. 

Adonà col Covid-19: “‘Domani è il mio turno?’”


Adonà, scelto da Wanda Nara (sostituisce Esmeralda a fine puntata), ha una voce lirica da brividi e si è innamorato della musica proprio nel periodo in cui è stato ricoverato in gravi condizioni per aver preso il Covid-19: “Ho perso la voce. Nel periodo di Natale di qualche anno fa mio padre l’aveva contratto, contagiando tutta la famiglia. Però, nel mio caso, non respiravo. Sono andato al Pronto Soccorso e lì mi hanno attaccato ai macchinari. Sono rimasto per 14 giorni attaccato agli strumenti sperando di riuscire a vivere, a farcela. I polmoni erano veramente attaccati, non avevo spazio. Un momento bruttissimo perché ti senti all’obitorio per il fatto che la persona che ti sta accanto muore l’indomani. Dormi con le cuffie per sentire la musica e dire: ‘Domani è il mio turno?’ La musica è stata la mia terapia. Mi sono detto: ‘Se la vita qui non ti ha portato via ci deve essere un motivo. Rinasco una seconda volta e vivo appieno la mia vita”.

Fonte : Today