Gli ologrammi e il futuro della musica dal vivo

La domanda, più tecnica che filosofica, è di quelle che tormenta artisti e addetti ai lavori fin da quando il progresso è entrato in rotta di collisione con la musica: che caratteristiche deve avere un concerto, per potersi definire tale? Non tutti, ad esempio, ritengono che quelli delle star dell’hip hop o dell’EDM lo siano, perché per molti puristi è improprio dire che un DJ o un rapper stiano “suonando”. Finora, però, tutti erano d’accordo almeno su un punto: un concerto degno di questo nome prevede che ci sia almeno un musicista sul palco. Reale, vivente, a sangue caldo. Eppure, con le nuove applicazioni degli ologrammi e dell’AI, anche questa certezza potrebbe essere destinata a tramontare. Di fronte ai futuri spettatori si spalancano molti nuovi orizzonti; e non tutti sono distopici come si potrebbe pensare.

Gli idol virtuali

In Giappone e in Corea del Sud, per cultura e abitudine, il pubblico della musica pop è molto più avvezzo a progetti costruiti a tavolino dall’industria discografica, come gli idol e le boy band. Non a caso, infatti, una quindicina di anni fa gli ologrammi vennero utilizzati per la prima volta proprio in questi mercati, e proprio a questo scopo: per creare dei performer completamente virtuali. Inizialmente era impossibile scambiarli per artisti reali, visto che le loro fattezze erano quelle dei personaggi degli anime. Miku Hatsune, forse la più celebre di tutti gli idol olografici, è una graziosa sedicenne dai lunghi capelli verde acqua, la cui voce è stata generata tramite il software Vocaloid di Yamaha: tra il 2009 e oggi si è esibita in numerosi concerti in terra nipponica, di fronte a migliaia di spettatori, generando milioni di yen in merchandising e biglietti. Hatsune e i suoi colleghi non hanno mai smesso di “esibirsi”, ma stanno diventando sempre meno cartooneschi: per modellare le Mave, una virtual girl band coreana lanciata nel 2023, è stata utilizzata anche la tecnica alla base dei deepfake. Per ora le Mave esistono solo nel metaverso, ma ben presto dovrebbero cominciare a calcare palchi veri.

I redivivi

E a proposito di deepfake: da quando la tecnologia è progredita al punto da creare ologrammi indistinguibili da persone in carne e ossa, la gran parte degli sforzi è stata concentrata nel generare repliche 3D di artisti prematuramente deceduti. Il primo caso, forse il più clamoroso e chiacchierato, è del 2012, quando sul palco del Coachella fece la sua comparsa il rapper Tupac Shakur, morto nel 1996 a 25 anni e tornato in forma di ologramma come superospite del set dell’amico Snoop Dogg. L’effetto finale, iperrealistico per l’epoca, stranì non poco il pubblico: la sua “presenza” non era stata annunciata, e molti (soprattutto quelli che avevano esagerato con alcol e altre sostanze e non erano nel pieno possesso delle loro facoltà mentali) lo scambiarono per il vero Tupac, su cui da anni circolano leggende metropolitane che lo vorrebbero ancora vivo e nascosto su un’isola tropicale. Due anni dopo l’esperimento fu replicato con Michael Jackson ai Billboard Music Awards, ed è stato un punto di non ritorno: oggi molti defunti celebri hanno il loro ologramma.

L’identikit del caro estinto

Generalmente si tratta di personaggi morti da meno di cinquant’anni, come Maria Callas o Roy Orbison, perché è necessario avere a disposizione un ampio numero di filmati a colori in cui cantano su un palco. Fino a un paio di anni fa, inoltre, era anche indispensabile che cantassero da fermi, mantenendo una postura statica di fronte al microfono: è molto più complicato riprodurre in versione olografica un artista che si muoveva molto in scena. E siccome per ottenere la massima resa era necessario un complesso gioco di luci, ombre e laser, buona parte di questi giganti virtuali non facevano veri e propri tour, ma optavano per la formula della residency: ad esempio a Las Vegas, la patria di tutte le pacchianate, come nel caso dell’ologramma di Whitney Houston. Nel frattempo, però, i progressi dell’AI sono stati tali e tanti da promettere showman virtuali quasi indistinguibili da quelli reali. O almeno così giurano i creatori del nuovo ologramma di Elvis Presley, che sarà generato con una tecnica brevettata e all’avanguardia, denominata Layered Reality. Il sistema, ideato inizialmente per le attrazioni dei grandi parchi di divertimento, mescola realtà virtuale, ologrammi veri e propri e l’immancabile applicazione dell’intelligenza artificiale, per un’esperienza multisensoriale e, pare, assolutamente tangibile. Elvis Evolution, questo il nome dello spettacolo, aprirà i battenti a Londra a fine 2024 in un teatro creato apposta per l’occasione, ma c’è già una lunga lista d’attesa per i biglietti. Repliche a Tokyo e Berlino.

L’età della pensione

C’è anche chi non ha intenzione di aspettare di passare a miglior vita per sfruttare le potenzialità di AI e ologrammi. È il caso di band storiche in età ormai veneranda, che non hanno più le energie per andare in tour, ma allo stesso tempo desiderano capitalizzare i loro ultimi anni di carriera. I primi a lanciarsi in questa avventura sono stati gli ABBA, che già dall’anno scorso hanno inaugurato a Londra lo spettacolo ABBA Voyage, anche in questo caso in un’arena creata ad hoc. “Agnetha, Björn, Benny e Anni-Frid hanno creato il concerto dei loro sogni, esibendosi per i loro fan nella loro forma migliore: come versioni digitali di se stessi, supportati dai migliori musicisti di oggi” recita il comunicato stampa. “Sfumando il confine tra fisico e digitale, la magia degli ABBA prende vita grazie alle ultime innovazioni tecnologiche in materia di motion capture”. Con diversi spettacoli al giorno e biglietti che costano fino a 200 sterline, inutile specificare che si tratta di un business molto redditizio, oltre che senz’altro suggestivo. ne abbiamo avuto un assaggio anche durante la finale di Eurovision, in cui gli ologrammi degli ABBA sono stati i superospiti a sorpresa. A quanto pare, anche i Kiss hanno intenzione di seguire il loro esempio con una tournée da favola: dopo aver rivelato i loro avatar olografici durante un concerto al Madison Square Garden, hanno annunciato con un video teaser che saranno effettivamente pronti a partire on the road entro il 2027.

Catturare il momento, replicarlo altrove

L’ultima frontiera dei concerti olografici, però, potrebbe essere quella delle performance delocalizzate: registrate in versione 3D in un determinato momento e poi riprodotte altrove, potenzialmente all’infinito, per catturare davvero l’attimo e fruirne per sempre. Uno dei primi esperimenti in tal senso è stato compiuto a gennaio 2024, quando l’Orchestre de la Suisse Romande (ben 73 elementi) ha registrato a Ginevra un concerto con modalità motion capture, utilizzando l’innovativa tecnologia Icologram. Le applicazioni possibili sono molteplici: repliche olografiche, realtà aumentata, esperienze immersive con visori VR e tanto altro ancora. Non un nuovo modo per ascoltare musica dal vivo, quindi, ma un nuovo modo di godere al meglio di uno spettacolo che magari è andato in scena dall’altra parte del mondo o anni prima, ma che sarà disponibile per tutti nella sua una versione immateriale.

Fonte : Wired