Misteriosi supercomputers di Pechino operativi 24 ore su 24, in un anonimo (ma blindatissimo) edificio a due passi da una delle basi militari più strategiche degli Stati Uniti. Ufficialmente si tratta di una “miniera di bitcoin”, una infrastruttura creata nel 2022 dalla società di criptovalute cinese MineOne per generare i complessi codici che costituiscono le nuove monete elettroniche e che richiedono imponenti capacità di calcolo. Ma a Washington, seppure con un po’ di ritardo, si sono insospettiti. Perché il sito cinese (la compagnia sarebbe privata, con sedi in diversi paradisi fiscali: insomma non proprio il massimo della trasparenza) è stato creato ad appena un miglio di distanza dai cancelli della Warren Air Force Base di Cheyenne, in Wyoming, in un’area così sperduta e isolata che è stata non a caso scelta per ospitare una delle tre basi dei missili balistici intercontinentali con testate atomiche degli Stati Uniti.
Singolare coincidenza
Eppure quasi nessuno si era accorto dell’andirivieni di ingegneri e tecnici cinesi, almeno fino a quando, lo scorso ottobre, Microsoft (che lì vicino ha un centro di elaborazione dati che lavora per il Pentagono) lo ha fatto presente al governo americano. Solo lunedì scorso, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha quindi diramato un ordine esecutivo per definire la “miniera” cinese un “rischio per la sicurezza nazionale”, imponendo alla società che la gestisce di smantellarla entro 90 giorni e venderne i terreni entro 120.
Quando nel 2021, in Cina, gli impianti di creazione di criptovalute furono vietati, ci fu un vero e proprio boom qui negli Stati Uniti (anche grazie al costo relativamente basso dell’energia elettrica necessaria per farli funzionare).
Ma in un’epoca di Guerra Fredda tra Washington e Pechino, tra dazi sui veicoli elettrici e palloni-spia aerostatici, i timori dell’intelligence americana sono aumentati, concentrandosi soprattutto sulle capacità avversarie di utilizzare il cyberspazio per carpire informazioni.
Il braccio di ferro sul bando in America della popolarissima App di condivisione video TikTok (di proprietà della società cinese ByteDance) non si è ancora risolto, così come resta in bilico l’approvvigionamento dei microchip oggi in gran parte ancora dipendente dalle fabbriche dell’isola di Taiwan minacciata da Pechino.
Anche il settore privato si sta regolando di conseguenza: Microsoft ha appena chiesto a centinaia dei suoi dipendenti basati in Cina di considerare un trasferimento all’estero.
L’ultima cosa di cui la Casa Bianca -adesso- ha bisogno è scoprire che un agente cinese può far partire un missile nucleare americano schiacciando un bottone dall’altra parte della strada.
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Fonte : Sky Tg24