Legge sulla cittadinanza indiana: consegnati i primi documenti tra le proteste dell’opposizione

Il ministro dell’Interno ha ieri concesso i certificati a un gruppo di 14 persone. La cosidetta CAA – attuata a marzo di quest’anno dopo essere stata promulgata nel 2019 – prevede che gli appartenenti a minoranze religiose in Paesi musulmani possano avere accesso facilitato all’ottenimento della cittadinanza indiana. Gli analisti sostengono che la questione religiosa serva al BJP per fomentare il proprio elettorato durante le votazioni in corso.

New Delhi (AsiaNews) – L’India ha per la prima volta concesso la cittadinanza a un gruppo di persone ai sensi del controverso Citizenship Amendment Act (CAA), una legge dibattuta e contestata perché discrimina i rifugiati musulmani, che in India sono una minoranza (seppur composta da 200 milioni di persone) e sono più volte stati presi di mira dall’attuale governo ultranazionalista indù.

Il segretario dell’Interno, Ajay Kumar Bhalla, ha consegnato i primi 14 certificati di cittadinanza ieri nella capitale New Delhi dopo che le loro domande erano state presentate online su un apposito portale, ha spiegato un portavoce del ministero. Il ministro dell’Interno Amit Shah ha commentato dicendo all’agenzia stampa nazionale ANI che in tutto il Paese 300 persone hanno ricevuto la cittadinanza ai sensi della CAA.

La legge, approvata dal Parlamento indiano nel 2019, è entrata in vigore solo a marzo di quest’anno perché dopo la sua promulgazione erano iniziati scontri violenti e proteste in cui sono morte 53 persone, la maggior parte musulmane.

La CAA garantisce la cittadinanza indiana a coloro che, provenienti da Afghanistan, Pakistan e Bangladesh – Paesi della regione a maggioranza musulmana – appartengono a minoranze religiose (indù, parsi, sikh, buddisti, giainisti e cristiani), e ha effetto retroattivo. Nello specifico, i migranti arrivati in India prima del 31 dicembre 2014 per “persecuzione religiosa o timore di persecuzione religiosa” nel loro Paese di origine, avranno accesso all’ottenimento della cittadinanza in tempi rapidi, entro sei anni. La legge riduce inoltre i requisiti di residenza per la naturalizzazione di questo tipo di migranti da 11 a cinque anni. 

I gruppi di difesa dei diritti umani hanno sottolineato che anche i migranti che appartengono a una maggioranza religiosa possono essere perseguitati, come nel caso degli afghani in fuga dai talebani. L’India, inoltre, non ha mai ratificato la Convenzione sui rifugiati: Delhi dovrebbe stabilire procedure di asilo non discriminatorie e un percorso di ottenimento della cittadinanza senza tener conto della loro religione, ha dichiarato Human Rights Watch dopo l’attuazione della CAA. 

L’opposizione accusa il governo di alimentare le divisioni religiose, mentre il Bharatiya Janata Party (BJP), il partito al potere da cui proviene il premier Narendra Modi, dice che il Congress, il partito che guida l’opposizione, è filo-musulmano. Le scorse settimane il primo ministro ha dichiarato che se l’opposizione salisse al potere, prenderebbe le ricchezze degli indù e le donerebbe a coloro che “hanno più figli”, riferendosi ai musulmani, definiti in un secondo momento degli “infiltrati”. Altri esponenti del BJP hanno accusato il Congress di voler attuare la legge islamica o di voler eliminare le quote nell’istruzione e nella pubblica amministrazione riservate a coloro che provengono da contesti svantaggiati.

Modi è in lizza per un terzo mandato: in tutto il Paese si stanno svolgendo le elezioni, che prevedono sette fasi fino al 4 giugno, quando verranno annunciati i risultati. Secondo gli analisti, il BJP, puntando sulle divisioni settarie, sta tentando di fomentare la propria base elettorale indù, dopo che nella prima fase si è registrata un’affluenza alle urne non molto alta.

Fonte : Asia