Ci siamo iscritti a LinkedIn per inviare curriculum generati dall’IA: non è andata bene

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Intelligenza artificiale (IA)

Il profilo di una neolaureata è stato generato dalle intelligenze artificiali: la fotografia creata con Copilot, il curriculum perfetto grazie a ChatGPT. Ma l’account generato con l’IA è stato bannato due volte dal social dedicato al lavoro.

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Giulia è una neolaureata piena di speranze. Ha appena finito l’università. Una carriera accademica impeccabile, due lauree prese con il massimo dei voti. Con la pergamena ancora in mano, Giulia crea il suo profilo su LinkedIn e comincia a cercare un lavoro per coronare il suo percorso accademico. La giovane neolaureata ha fatto suo il consiglio che tante persone le hanno ripetuto: ogni curriculum inviato deve essere personalizzato sulle esigenze di quella specifica offerta lavorativa.  Che non significa mentire, no. Bisogna solo imparare a giocare bene le proprie carte, mettere in luce i punti di forza giusti per quella occasione.

Tutto vero, cercare un lavoro è proprio così. A non essere vera, invece, è la sua identità: Giulia, infatti, non esiste. Tutto di lei è stato creato da un’intelligenza artificiale. Ma la ricerca del primo impiego per una giovane laureata, che dovrebbe avere il profilo perfetto agli occhi delle risorse umane, non è andata bene.

Giulia ha un volto grazie a Copilot

C’è solo una decisione di base che è stata fatta senza l’aiuto di nessuna intelligenza artificiale: chi è Giulia Verdi. Abbiamo deciso che ha appena conseguito una laurea magistrale in Ingegneria Gestionale a Milano. Un profilo LinkedIn senza un volto, però, è come un cielo senza stelle. Così abbiamo chiesto aiuto a Copilot, l’intelligenza artificiale di Microsoft che può anche generare immagini molto realistiche. Trovare l’equilibrio giusto in un prompt, cioè nelle istruzioni date a un’IA generativa, non è sempre facile.

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Prima di scattare un headshot (una fotografia in primo piano molto comune in ambito lavorativo) che ci convinca, ci vogliono diversi tentativi. Alla fine troviamo un ritratto abbastanza professionale e sufficientemente credibile da potere essere utilizzato su LinkedIn. Finalmente è arrivato il momento di iscriversi. Inseriamo una email (creata di proposito, così da non insospettire i recruiter), una password e siamo pronti per la nuova avventura.

ChatGPT genera il profilo perfetto per una neolaureata

Tutto il resto lo chiediamo a ChatGPT, a partire dalle basi. “Ecco alcuni suggerimenti per ottimizzare il profilo LinkedIn di una neolaureata in Ingegneria gestionale”, ci risponde il chatbot. Un vero e proprio decalogo su come sfruttare al meglio la piattaforma social per le professioni. Decidiamo di seguire alcuni di questi suggerimenti, partendo dalla descrizione di Giulia Verdi. “Suggerisci una headline per Linkedin per descrivere una neolaureata magistrale in Ingegneria Gestionale che sta cercando il primo lavoro”.

Le persone più attente ai dettagli possono impiegarci anche diversi minuti a trovare le parole adatte per descriversi. Lo sforzo di “vendere” le proprie competenze può essere ancora più difficile se sei alla prima esperienza lavorativa, ancora fresco di lezioni universitarie e caffè alle macchinette ma con poca esperienza del mondo del lavoro. Per ChatGPT è un compito semplice, ci mette pochi secondi. “Ingegnera gestionale magistrale in cerca di opportunità: competenze analitiche e passione per l’ottimizzazione dei processi”. Forse non le parole che avremmo scelto noi, ma ce le facciamo andare bene.

Compiliamo la sezione sulla formazione, indicando le due lauree che abbiamo arbitrariamente attribuito a Giulia. Poi chiediamo al chatbot di darci un consiglio su quali competenze professionali abbiamo acquisito grazie alla laurea, così da inserirle fra le “skill” su LinkedIn. Anche qui il gioco è presto fatto. Analisi dei dati, gestione dei processi e dei progetti, comunicazione efficace.

E quando gli chiediamo una lista di software che potremmo avere imparato a usare, l’elenco è pronto per l’uso. Completiamo con un’idea su quale immagine di copertina usare per attirare l’attenzione. Siamo pronti per partire con la ricerca di un lavoro per Giulia Verdi. Ma commettiamo un solo piccolo errore. Rimandiamo la caccia al giorno successivo.

Il profilo bannato da LinkedIn

Passa un giorno, proviamo ad accedere al profilo creato per Giulia. Inseriamo le credenziali, ma non riusciamo a entrare nell’account. “L’accesso al vostro profilo è stato momentaneamente bloccato”, si legge sullo schermo. Per evitare “attività che non sono conformi” alle politiche di LinkedIn, ci viene richiesto di verificare la nostra identità fornendo una foto del nostro documento di identità. E come dargli torto? Fra le regole della piattaforma c’è scritto esplicitamente che è vietato “creare identità false”, ma anche  di “usare bot o altri metodi automatici per accedere ai servizi”.

Non è un problema facile da risolvere. Giulia non esiste per lo Stato italiano e neppure per il resto del mondo, figuriamoci la sua carta di identità. Provare la sua esistenza diventa quasi impossibile. Decidiamo di aggirare il problema creando un secondo account. Questa volta, però, ci iscriviamo con il nostro nome reale, cambiandolo solo in un secondo momento. Non c’è tempo da perdere, è arrivato il momento di inviare curriculum alle aziende.

Giulia comincia a inviare curriculum

Selezioniamo quattro offerte di lavoro che ci sembrano giuste per Giulia. Per ognuna, chiediamo a ChatGPT di creare un curriculum personalizzato proprio sulla descrizione del lavoro per cui ci stiamo candidando. Il chatbot ci restituisce il testo che ci serve. Con un programma di grafica, creiamo il documento. Contatti, lingue parlate ed esperienze formative rimangono sempre identiche. Sulle competenze, sulle cosiddette soft skills e su una breve descrizione di Giulia chiediamo di generare dei brevi testi sulla base delle offerte di lavoro che abbiamo selezionato.

Davanti ai nostri occhi vediamo generare in pochi secondi dei curriculum vitae che sono costruiti proprio sulle esigenze del datore di lavoro. Le parole chiave sono tutte lì, ci aspettiamo che facciano scattare i sistemi di allarme dei recruiter. D’altronde, anche loro utilizzano delle intelligenze artificiali per fare una prima selezione dei profili più adatti. Ci sembra tutto perfetto, inviamo i curriculum rimandiamo a un altro momento la selezione di altre offerte.

Uno dei curriculum generati con ChatGPT che abbiamo inviato

Uno dei curriculum generati con ChatGPT che abbiamo inviato

L’IA neolaureata senza un lavoro

Se Giulia Verdi esistesse davvero, probabilmente starebbe guardando compulsivamente il telefono, in attesa che arrivino telefonate dai recruiter o anche solo un briciolo di email. Un rifiuto, un no, un qualsiasi messaggio per dire che ci sono candidati migliori. Ma c’è un silenzio tombale, nessuno la richiama. Forse dovrebbe chiedere consigli a Marta, un’altra creazione dell’intelligenza artificiale che è riuscita a ingannare gli utenti di Tinder e Bumble.

Ma a differenza di chi cerca l’amore, quelli che cercano un lavoratore esperto sembrano non essere cascati nel tranello. A nulla è valso un curriculum ritagliato su offerte di lavoro per i neolaureati: anche la perfezione non umana di un’intelligenza artificiale non basta per ottenere un colloquio. E neppure LinkedIn ci è cascato: in entrambi i casi i nostri profili sono stati bannati dalla piattaforma.

I sistemi per rilevare le anomalie funzionano bene sul social dedicato al lavoro, o almeno se si aggiunge un’immagine. Magari non inserire una foto avrebbe aiutato a non farsi beccare. D’altronde, non c’è nulla che blocchi un profilo legittimo, appartenente a una persona reale, dall’inserire esperienze e competenze che non esistono.

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Fonte : Fanpage