Nei campus degli Stati Uniti insomma, un movimento che include diversi strati della popolazione è determinato a far riflettere su come il coinvolgimento di molte organizzazioni, anche quelle universitarie, sia in parte responsabile di questa guerra. Tra gli studenti di tutti i campus americani, infatti, si trova un po’ di tutto: ci sono gli slogan pacifisti, quelli che gridano contro lo Stato di Israele, ci sono alcuni gruppi che esprimono il loro appoggio a Hamas. Ma anche momenti molto tranquilli di studio condiviso e dibattiti più o meno accesi ma sempre civili fra studenti. Ci sono però anche gruppi estranei alle università e individui che si infiltrano nelle proteste e che sono spesso responsabili per gli atti di violenza e antisemitismo. Se è iniziato come movimento studentesco per appoggiare le proteste nate alla Columbia University di New York, in queste ultime settimane si è allargato grazie alla partecipazione di molti docenti, dipendenti degli atenei e di cittadini, che hanno piantato le proprie tende vicino a quelle degli studenti e partecipano con esaltante intraprendenza con i ragazzi.
La storia e il peso politico delle proteste
D’altronde, storicamente sono stati proprio gli studenti americani a protestare contro le ingiustizie sociali, le guerre e il razzismo. A volte, queste proteste si sono trasformate in movimenti globali, proprio come sta succedendo adesso: molti atenei europei e non solo stanno partecipando alla stessa iniziativa.
I politici e i mass media insistono a dire che la presenza della polizia non è che la risposta alle richieste delle amministrazioni universitarie di smontare le tende e smantellare cartelloni e altro perché creano disagio e impediscono di creare un’atmosfera tranquilla. Si sottolinea ogni volta che certamente hanno il diritto di protestare, ma non di violare le regole. È anche vero che, come si è visto in molti video girati in questi giorni, le irruzioni dei corpi armati sembrano essere più aggressive del necessario. I poliziotti, per esempio, si presentano vestiti con tenute anti sommosse per intimidire gli studenti, che vengono arrestati in massa. Si respira un’aria di militarismo sgradevole e aggressiva.
Infine, questa situazione sta creando molti problemi al presidente statunitense Joe Biden. È già poco appoggiato dai giovani e questa situazione non fa che aumentare la possibilità di perdere gran parte dei voti degli under 25, che, a differenza dei loro genitori, sono meno propensi ad appoggiare gli aiuti americani allo Stato di Israele. Molto dipenderà da quello che succede tra adesso e novembre. Se Biden riuscirà a ottenere un cessate il fuoco nella regione, potrà forse rimanere nella Casa Bianca. Altrimenti, si teme che il suo predecessore Donald Trump possa completare il suo obiettivo di smantellare quel che resta della democrazia.
Fonte : Wired