Cambiamento climatico, le meduse potrebbero invadere il mar Glaciale Artico

La lista delle conseguenze del cambiamento climatico continua ad allungarsi: secondo i risultati di uno studio appena pubblicato su Limnology and Oceanography, le popolazioni di diverse specie di meduse potrebbero espandersi e “invadere” l’Oceano Artico nei prossimi anni, complici l’aumento delle temperature globali e il conseguente scioglimento del ghiaccio ai poli. Si tratterebbe di un cambiamento importante negli equilibri ecosistemici dell’Artico, con alcune specie di pesci che potrebbero trovarsi a dover competere per il cibo con le meduse di taglia più grande. Al contrario, i predatori di meduse potrebbero a loro volta crescere in numero, con conseguenti ripercussioni sull’intera catena alimentare.

Lo studio

Gli autori della ricerca hanno utilizzato i dati contenuti all’interno di quattro database open-source, riguardanti l’attuale distribuzione di otto diversi taxa di meduse che notoriamente vivono nell’Oceano Artico: la Aglantha digitale, la Sminthea arctica, la Periphylla periphylla, la Cyanea capillata, la Oikopleura vanhoeffeni, la Fritillaria borealis, la Mertensia ovum e le specie appartenenti al genere Beroe. Sulla base di questi dati hanno costruito un modello che consenta di prevedere o quantomeno ipotizzare il futuro restringimento o, al contrario, la futura espansione degli habitat di questi otto gruppi di meduse in relazione al cambiamento climatico.

Se il ghiaccio si scioglie

Ne è emerso che gli habitat di sette degli otto taxa presi in considerazione subiranno molto probabilmente un’espansione e che le popolazioni di questi sette gruppi di meduse tenderanno nel tempo a spostarsi sempre più verso nord. La causa principale di questi cambiamenti risulta essere il progressivo restringimento delle aree di oceano ricoperte di ghiaccio. Quest’ultimo, spiegano i ricercatori nell’articolo, influenza infatti la penetrazione della luce negli strati profondi dell’oceano e quindi anche la distribuzione verticale dei nutrienti e del materiale organico, fatto che a sua volta ha un impatto sulla disponibilità delle prede di cui le meduse si cibano.

In seguito al ritiro dello strato di ghiaccio marino, si osserva un’espansione della distribuzione verso nord per la maggior parte delle specie”, scrivono gli autori nel testo. Con l’unica eccezione della S. arctica, per la quale il modello messo a punto prevede un restringimento dell’habitat di circa il 15% da qui alla fine del secolo. Al contrario, si prevede che l’habitat della C. capillata subirà un’espansione addirittura del 180%, con possibili conseguenze importanti sugli ecosistemi che caratterizzano l’Oceano Artico.

Le conseguenze sul settore ittico

C. capillata, detta anche “medusa criniera di leone”, è una delle più grandi specie conosciute di meduse e potrebbe competere dal punto di vista alimentare con alcune specie di pesce, come la Boreogadus saida, o merluzzo dell’artico. “In presenza di elevate abbondanze di C. capillata, B. saida tende a essere sostituito dal suo habitat tipico”, si legge ancora nell’articolo: “In base alle nostre proiezioni per il 2050-2099, l’espansione verso nord di C. capillata potrebbe influenzare significativamente l’habitat riproduttivo di B. saida”, con evidenti conseguenze per il settore ittico.

Viceversa, lo sgombro atlantico (Scomber scombrus) potrebbe beneficiare del previsto aumento nella popolazione della medusa A. digitale, che costituisce un’importante fonte di nutrimento per questo pesce. “I risultati di questo studio possono essere utilizzati per guidare ulteriori osservazioni nelle aree più vulnerabili al cambiamento e dovrebbero anche aiutare a sviluppare strategie più efficaci di gestione delle risorse marine nell’Artico – concludono i ricercatori -, prevenendo impatti importanti sugli stock ittici”.

Fonte : Wired