Ilaria Salis andrà ai domiciliari in Ungheria

Ilaria Salis ai domiciliari in Ungheria. Il tribunale ungherese di seconda istanza ha accolto il ricorso dei legali della docente e attivista brianzola di 39 anni, detenuta da oltre un anno in un carcere di massima sicurezza a Budapest con l’accusa, mai provata, di aver aggredito tre neofascisti. Dopo il no dello scorso 28 marzo del giudice Jozsef Sós, che nell’ultima udienza le aveva negato i domiciliari sia in Italia che in Ungheria, gli avvocati che rappresentano la donna, candidata da Alleanza Verdi Sinistra (Avs), il partito di Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, alle prossime elezioni europee di giugno, hanno fatto ricorso e ottenuto ragione.

Ilaria Salis quindi potrà lasciare il carcere a Budapest, dove si trova in condizioni di estreme privazioni da oltre 15 mesi con l’accusa di aver aggredito dei militanti di estrema destra. Il provvedimento prevede che Salis usi il braccialetto elettronico e diventerà esecutivo non appena verrà pagata la cauzione prevista dal tribunale.

Le reazioni

Con l’agenzia Ansa il padre, Roberto Salis, ha commentato: Ilaria è entusiasta di poter finalmente uscire dal carcere e noi siamo felicissimi di poterla finalmente riabbracciare. Non è ancora fuori dal pozzo, ma sarà sicuramente molto bello poterla riabbracciare dopo 15 mesi, anche se finché è in Ungheria io non mi sento del tutto tranquillo“.

Il caso Ilaria Salis

Ilaria Salis è stata arrestata l’11 febbraio 2023, senza prove, con l’accusa di di lesioni personali con il rischio di morte nei confronti di due neonazisti, aggrediti da persone mascherate durante una manifestazione celebrativa dei nazisti ungheresi sconfitti durante la seconda guerra mondiale, e per una presunta appartenenza a un’organizzazione criminale tedesca a cui la giovane è estranea. Il contesto è quella del Giorno dell’onore, una celebrazione neonazista che ogni anno si svolge in piazza a Budapest per commemorare i caduti di SS e Wermacht. La persona che secondo l’accusa sarebbe stata aggredita da Salis è stata dimessa dall’ospedale con una prognosi da 5 a 8 giorni. Tuttavia la docente e attivista lombarda è stata messa al carcere duro con accuse gravissime e per questi reati rischia dai 2 ai 24 anni di carcere.

Il governo Meloni ha mantenuto una linea attendista e defilata sulla faccenda. Dopo i primi contatti a inizio 2024 con i ministri della Giustizia, Carlo Nordio, e degli Affari esteri, Antonio Tajani, non si è mossa foglia. Il padre Roberto Salis e l’avvocato Eugenio Losco, che patrocina la difesa dell’imputata in Italia speravano di ottenere dai due dicasteri una nota da depositare agli atti del processo ungherese, volta a convincere la corte di Budapest a concedere i domiciliari in Italia, attraverso rassicurazioni direttamente dal governo sulle misure che la giustizia italiana avrebbe preso per evitare il pericolo di fuga di Ilaria Salis. Un impegno che tuttavia non è arrivato dall’esecutivo Meloni, che non voleva irritare l’alleato europeo, Viktor Orbán.

Il carcere “disumano” di Salis

Salis ha dovuto sopportare condizioni carcerarie disumane: topi, scarafaggi e cimici dei letti in cella, l’assenza di assistenza medica, di carta igienica, saponi, prodotti per l’igiene mestruale e spesso anche di cibo. Per i primi sei mesi di detenzione le è stato vietato da parte delle autorità magiare di avere contatti con la famiglia e l’unico colloquio con i suoi avvocati è stato permesso solo a ridosso dell’udienza preliminare, per pochi minuti e in presenza di un agente. La sua dignità è stata ulteriormente calpestata anche fuori dal carcere, con l’imposizione delle manette alle caviglie e il guinzaglio usati per condurla a ogni udienza.

I giudici di Budapest hanno già respinto le quattro richieste di rimpatrio fatte dalla famiglia con una prospettiva di pena assolutamente sproporzionata rispetto a quanto previsto dall’ordinamento italiano, che prevede un massimo di 4 anni per le aggressioni. Ora i domiciliari accendono una speranza

Fonte : Wired