Intelligenza artificiale, la maggioranza degli italiani non è pronta

Negli ultimi anni non si fa altro che parlare di intelligenza artificiale. Tema su cui il 61% delle persone intervistate un sondaggio sul tema, per valutare la conoscenza degli italiani sull’AI, continua a non sentirsi preparata, in aumento del 6% rispetto allo scorso anno. A realizzare il sondaggio è stato YouTrend per Fondazione Pensiero Solido, su un campione di 801 interviste. I risultati ci restituiscono un’immagine dell’AI ancora troppo fumosa e per certi versi controversa. Infatti, se da un lato prevale una maggioranza si dice “non preoccupata” da questo cambiamento, dall’altra c’è la consapevolezza che l’esito di questo passaggio epocale porterà via diversi posti di lavoro.

I dati

C’è anche un’altra maggioranza. Più giovane, under 35, che si dice pronta (54%) a fare i conti con l’intelligenza artificiale. Infatti, vuoi per una maggiore dimestichezza con la tecnologia o per per semplice curiosità, che rimane la fascia di età che di più si è messa alla prova con ChatGPT (67%), anche se siamo ancora distanti da un utilizzo che può essere definito regolare. Ed è proprio ChatGPT nel gruppo delle intelligenze artificiali a farla da padrone, la conosce il 69% degli intervistati, rimarcando una certa distanza con i competitor Microsoft Copilot (47%) e Gemini (41%).

L’impatto sul lavoro

Qui il report si spacca a metà. Come prima cosa ci dà la percezione sulla tecnologia da parte degli inattivi, non occupati e che non cercano lavoro, in cui vengono vengono inseriti per il sondaggio anche i pensionati, che non ritengono utile un affiancamento dell’AI nelle mansioni quotidiane. Mentre per i lavoratori è quasi un pareggio. Infatti, solo il 50% vede un’utilità dal possibile affiancamento sul lavoro e il restante 46% non vede alcun effetto benefico. Gli italiani si dividono inoltre sulla possibilità di farsi dare le istruzioni da parte dell’AI, il 45% sarebbe disposto a farlo, mentre è contrario il 44%.

Anche se la metà dei lavoratori non si sente né aiutata né minacciata dai cambiamenti che porterà la nuova tecnologia, cresce la percentuale di chi si dice consapevole che l’AI porterà a una perdita di posti di lavoro. I lavori che vengono individuati come più a rischio sono impiegati, operai e commessi, mentre viene ritenuto più difficile che questo cambiamento possa riguardare imprenditori, medici e camionisti.

L’intervento statale

Differenze di vedute che si ricuciono su due punti: la necessità di un intervento regolatore da parte dello Stato e la creazione di un’azienda europea che possa essere competitiva. Sul primo aspetto il consenso arriva a toccare il 67%, di fatto confermando l’intervento appena fatto dal governo. Infatti, con il disegno di legge sull’intelligenza artificiale dello scorso 23 aprile, l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni ha cercato di regolamentare alcuni ambiti come i reati per i deepfake, piani di formazione e ricerca sanitaria. Mentre riguardo alla competizione con le aziende americane il 59% si dice favorevole, anche se il consenso si riduce al 7% nel caso l’azienda sia italiana e finanziata dallo stato.

Fonte : Wired