“Non tutto può essere sacrificato in nome dello slogan “scegliete voi il capo del governo!” Anche le tribù della preistoria avevano un capo”. Si può sintetizzare così il duro e lungo attacco della senatrice a vita, Liliana Segre, alla riforma che introduce il premierato. Giusto il tempo di ringraziare il presidente di turno, il leghista Gian Marco Centinaio, che le ha dato la parola, esprimendole la solidarietà del Senato per le minacce ricevute e la senatrice a vita, Liliana Segre fa sentire netto e chiaro nell’emiciclo il suo ‘no’ alla riforma Casellati, in cui ha ravvisato “aspetti allarmanti” su cui – ha detto – “non posso e non voglio tacere”. Parole che potrebbero avere un notevole peso in un futuro referendum. E che il centrodestra voglia correre verso questo responso delle urne lo ha confermato la premier Giorgia Meloni, che tuttavia ha sottolineato come il voto non riguarderebbe lei bensì “il futuro”.
Contro “il drastico declassamento a danno del Presidente della Repubblica”
Quello della Segre è stato un discorso senza sconti che i presenti nell’Aula ascoltano in silenzio. Tra gli assenti c’è il presidente La Russa, che solitamente non manca mai di presenziare quando la Segre prende la parola. Oggi però, la seconda carica dello Stato era impegnato a palazzo Giustiniani per la presentazione di un libro. L’aula di Palazzo Madama è stata impegnata nella seconda giornata dedicata alla discussione generale che potrebbe concludersi già mercoledì, con la stragrande maggioranza degli interventi da parte di senatori d’opposizione. Questi hanno tutti confermato la contrarietà all’elezione diretta e soprattutto al meccanismo del Parlamento eletto “a trascinamento” del candidato premier, per di più senza garanzie di un ballottaggio.
Secondo Segre il testo voluto dal centrodestra, con l’elezione del Parlamento a trascinamento del candidato premier “produce un’abnorme lesione della rappresentatività del parlamento, ove si pretenda di creare a qualunque costo una maggioranza al servizio del Presidente eletto, attraverso artifici maggioritari tali da stravolgere al di là di ogni ragionevolezza le libere scelte del corpo elettorale”. Che pure la Corte costituzionale, ha ammonito Segre, ha bocciato due volte per il Porcellum e per l’Italicum.
Inoltre, ha insistito Segre, la riforma produce “il drastico declassamento a danno del Presidente della Repubblica”; questi “non solo viene privato di alcune fondamentali prerogative, ma sarebbe fatalmente costretto a guardare dal basso in alto un Presidente del Consiglio forte di una diretta investitura popolare. E la preoccupazione aumenta per il fatto che anche la carica di Presidente della Repubblica può rientrare nel bottino che il partito o la coalizione che vince le elezioni politiche ottiene, in un colpo solo, grazie al premio di maggioranza”. E con la maggioranza assoluta, il premier avrà anche il controllo delle nomine dei giudici della Corte costituzionale “e degli altri organi di garanzia”. E poi la sferzata finale: Anche le tribù della preistoria avevano un capo, ma solo le democrazie costituzionali hanno separazione dei poteri, controlli e bilanciamenti, cioè gli argini per evitare di ricadere in quelle autocrazie contro le quali tutte le Costituzioni sono nate”.
Il governo blinda la riforma
Non solo la premier Meloni, ma anche il ministro della Difesa Guido Crosetto, intervenendo a Otto e mezzo su La7, ha difeso il testo. “Ci saranno più passaggi alle Camere e il popolo sarà chiamato a giudicare tramite referendum, ci sono tutte le garanzie perché sia legge approvata da Parlamento con ampia maggioranza. Ci sono sistemi analoghi in tutto il mondo, con presidenti anche più forti di quello che avremmo in Italia. La riforma non tocca il presidente della Repubblica.
Non è una riforma che spacca il Paese”. E sull’intervento della senatrice nell’aula di Palazzo Madama ha aggiunto: “Ho un profondo rispetto per Liliana Segre, la sua storia e quello che rappresenta. Non le piace il premierato e ha spiegato il perché. Ritiene che il Parlamento debba essere tutelato, cosa che ritengo questa legge rafforzi. A indebolirlo negli ultimi vent’anni è stata la decretazione d’urgenza”.
Fonte : Today