“L’evoluzione dello smartphone: oggi si somigliano tutti”. È quello che scrivevamo nel 2017, al termine di un Mobile World Congress – la principale fiera dedicata alla telefonia mobile – che aveva messo in vetrina modelli molto simili tra loro.
Sono passati sette anni da quella considerazione. E la sensazione di trovarsi di fronte a smartphone tutti “uguali”, almeno nella forma, è ancora forte.
Gran parte dei dispositivi attuali, indipendentemente dal loro produttore, presenta bordi sottili e ampi schermi che ospitano un foro per la fotocamera destinata ai selfie. Anche i materiali sono simili: nella maggior parte dei casi si stringe tra le mani una combinazione di vetro, alluminio e plastica. I top di gamma di Apple e Samsung, più recentemente, hanno puntato sul titanio. Ma questo materiale incide più sulla robustezza del dispositivo che sul suo aspetto.
L’unica differenza ragguardevole riguarda l'”isola” sul retro dedicata al comparto fotografico.
Viene da chiedersi, ormai da tempo, se il futuro del design degli smartphone sia veramente tutto qui.
Se una volta cancellati del tutto i bordi, e ridotto lo spessore ai minimi termini, non ci sarà più modo di innovare un oggetto che ha cambiato le nostre vite, e che ormai guardiamo sempre più distrattamente.
I contenuti che ospitano gli smartphone ci interessano più che mai, per carità, e in alcuni casi generano dipendenze. Ma la loro forma non seduce più come un tempo. Come quando, fuoriuscinedo da una tasca o da una borsa, un telefono veniva accolto dalla domanda “Che modello è questo?” perché in effetti aveva un design mai visto, oppure curioso.
Chi scrive in passato ha utilizzato, per esempio, anche un BlackBerry Passport, che aveva una forma quadrata improbabile, proprio perché si ispirava a un passaporto. E una tastiera fisica sotto lo schermo. Era il 2014, esattamente dieci anni fa. Oggi per rivivere un feeling tecnologico simile bisognerebbe acquistare la custodia Clicks diventata virale qualche mese fa, un accessorio a metà tra il genio e la folle provocazione.
Il sorprendente successo virale di Clicks, la custodia-tastiera che allunga l’iPhone
L’effetto “wow” sopravvive, ancora oggi, di fronte ai pieghevoli.
I foldable non sono ancora molto diffusi, e per questo stupiscono quando vengono aperti da chi li possiede. La loro giovane “età”, unita ai progressi nel campo dei display, che si possono persino arrotolare al polso, fa pensare a un margine di innovazione molto più ampio rispetto a quello che possono offrire gli smartphone tradizionali.
Tra le aziende che hanno puntato sui pieghevoli, oltre a Samsung, Google e Honor, c’è Motorola.
L’ultimo foldable dell’azienda controllata da Lenovo si chiama Razr 40 Ultra, ed è l’evoluzione dell’iconico telefono a conchiglia diventato uno status symbol a metà degli anni duemila.
Il primo Razr, fotografato all’epoca tra le mani di celebrità di mezzo mondo, uscì sul mercato con un prezzo per quegli anni stratosferico: 500 dollari.
Quel Motorola Razr V3 del 2004, uscito esattamente vent’anni fa, è il dispositivo che più di ogni altro ha ispirato il lavoro di Ruben Castano, attuale Global ED & Head of Customer Experience and Design di Motorola.
“Anche se non era ancora uno smartphone, il Razr V3 è il dispositivo che ha modificato la storia dei telefoni cellulari, trasformandoli da semplici strumenti di comunicazione in dispositivi che definirei ‘tecnologie personali’ – ha spiegato Castano -. Combinando interessi, moda e mobilità in un unico dispositivo, il telefono cellulare è diventato il dispositivo tecnologico per eccellenza che chiunque possiede. Sia che si guardi alla funzionalità di base o al valore emotivo che oggi progettiamo per i nostri prodotti, quasi tutti gli elementi possono essere ricondotti a quel modello”.
Nel 2019, l’anno in cui è uscito il primo remake con display pieghevole del Razr V3 – si chiamava semplicemente Motorola Razr – Motorola aveva una quota del mercato degli smartphone ridotta all’osso: appena il 3%.
Oggi i dati delle vendite sorridono a un’azienda che è stata a lungo il simbolo dell’innovazione americana prima di essere acquisita, nel 2014, dal colosso tech asiatico Lenovo.
Motorola nel 2023 ha registrato un incremento delle spedizioni dei suoi telefoni, a livello globale, del 32% rispetto all’anno precedente. E l’azienda ha intenzione di raddoppiare i dispositivi spediti nei prossimi due anni.
Come intende farlo?
Ecco il punto interessante da analizzare, che si ricollega al discorso iniziale sugli smartphone “tutti uguali”.
Motorola sta cercando di fare la “differenza” proprio in termini di design. Lavorando il più possibile su ciò che avvolge il cuore tecnologico dei suoi telefoni. Questo vuol dire prendersi cura dei dettagli che in molti ritengono secondari, rispetto alle performance di un dispositivo tecnologico.
Il colore di uno smartphone, per esempio. A chi importa veramente del colore?
Motorola ha stretto recentemente una partnership esclusiva con Pantone, l’azienda americana conosciuta in tutto il mondo per il suo PMS (Pantone Matching System), un sistema proprietario di identificazione dei colori utilizzato in diversi settori: dalla stampa alla grafica, dalla moda all’edilizia.
La rilevanza di Pantone è tale da influenzare la moda e i creativi, ogni anno, con il “colore dell’anno” scelto dal Pantone Color Institute.
Nel 2023 il colore Pantone dell’anno è stato il viva magenta. Quest’anno, invece, viene celebrato il peach fuzz. Entrambi i colori hanno segnato gli ultimi telefoni Motorola: il viva magenta ha caratterizzato per esempio il Motorola Edge 30; il peach fuzz ha vestito il Razr 40 Ultra.
Ebbene Motorola sostiene che la colorazione Pantone dei suoi smartphone ha contribuito alla crescita dei suoi dispositivi in determinati segmenti di mercato, in particolare quello al femminile e quello dei Gen Z.
“La partnership con Pantone ci ha permesso di essere presi in considerazione anche da un pubblico più giovane, che non conosceva il brand o non ne aveva un ricordo – ci ha spiegato Giorgia Bulgarella, Head of Marketing di Motorola Italia -. I nostri telefoni con il colore Pantone siamo certi che stimolino un responso emotivo, permettendo a chi sceglie un Motorola di esprimere le loro emozioni. Inoltre, i colori Pantone sono selezionati attraverso un processo del team di esperti che individuano i trend del momento: una garanzia in più per colpire nel segno con i nostri device e i loro colori”.
“Per Motorola non conta solo la performance ma anche l’esperienza – ha aggiunto Bulgarella – in un mercato che purtroppo parla ancora troppo di giga e megapixel”.
Questo non vuol dire che Motorola si disinteressa delle prestazioni. La nuova serie Edge 50 annunciata qualche settimana fa durante la Milano Design Week, è costituita da tre modelli – Edge 50 Pro, Edge 50 Fusion ed Edge 50 Ultra (in arrivo a fine maggio 2024) – che dal punto di vista tecnologico hanno le carte in regola per soddisfare le esigenze digitali dei consumatori: processori avanzati e fotocamere degne di un top di gamma.
Ma evidentemente non è questo ciò che conta. O meglio, non conta più solo questo.
Proprio la Generazione Z – ragazzi e ragazze nati tra la fine degli anni novanta e l’inizio dei duemiladieci – ci ha insegnato, negli ultimi tempi, che le caratteristiche tecniche di un telefono non sono più essenziali.
C’è tutto un movimento di giovanissimi, anzi, che si è appassionato – un po’ per moda, un po’ per allergia alle tecnologie invadenti – ai cosiddetti “boring phone”, vale a dire telefoni “noiosi” che hanno pochissime funzioni smart, e che si limitano a chiamate, messaggi e foto (neanche di altissima qualità). Un passo indietro, insomma, di circa vent’anni rispetto all’evoluzione della telefonia mobile.
L’ultimo esempio di “boring phone” diventato improvvisamente popolare è nato dalla collaborazione tra Heineken e Bodega, e si ispira proprio ai telefoni a conchiglia degli anni novanta. E anche alle trasparenze tech di quegli anni. Ricordate il telefono – fisso – prodotto da Smartwatch?
Il “minimalismo” tech, negli ultimi tempi, ha ispirato un altro prodotto che ha avuto un discreto successo: si tratta del Light Phone II, un telefono disegnato per essere usato “il meno possibile”. Ha un display e-ink, bordi molto spessi e una forma essenziale, così pulita e attraente.
Ma a un telefono, oggi, può bastare solo il design? Davvero è in corso un cambiamento così anacronistico?
“Credo che il design dello smartphone sia ciò che permette di differenziarsi dalla massa – ci ha detto Ruben Castano di Motorola -. Le prestazioni tecniche da sole non possono garantire un vantaggio di mercato sostenibile, o creare una connessione emotiva con gli utenti. Inoltre, la competizione per la superiorità tecnica è circoscritta. Quindi è la nostra capacità di sorprendere l’utente che ci distingue dagli altri. La tecnologia può facilmente diventare una commodity se non crea un valore personale per il consumatore”.
Torniamo all’effetto sorpresa, quindi, ancora fondamentale in un settore profondamente omologato.
Ed è sorprendente, in effetti, scoprire che se si avvicina la scatola di un telefono Motorola al naso si viene investiti da una fragranza dolce. È il risultato di una partnership di Motorola con un’azienda italiana: “Il profumo Firmenich – ci ha spiegato Giorgia Bulgarella – caratterizza i nostri device ed è una delle peculiarità più apprezzate da chi acquista uno smartphone Motorola”.
Un’altra azienda italiana, Mazzucchelli, ha realizzato per Motorola il retro perlato del nuovo Edge 50 Pro. I materiali, ovviamente, possono contribuire a differenziare uno smartphone. Per questo l’Edge 50 Ultra ha un retro in vero legno.
Ma c’è chi intende spingersi addirittura oltre.
Tecno Mobile, uno dei maggiori produttori di smartphone nei mercati emergenti – dall’India all’Africa fino al Medioriente -, ha svelato nel corso dell’ultimo Mobile World Congress una serie di prototipi di smartphone che presentano, sul retro, animazioni 3D oppure un pannello “camaleontico” capace di cambiare colore in pochissimi istanti. Un po’ come sta provando a fare Bmw con la carrozzeria delle sue auto.
Ma fino a che punto vale la pena insistere su materiali e innovazione, se poi la pratica comune è quella di utilizzare una cover per proteggere il dispositivo? A che serve tutto questo se poi sarà invisibile agli occhi?
Per Ruben Castano, “i colori e i materiali sono comunque una forma di espressione personale”.
“Nel corso della nostra ricerca sul linguaggio del design abbiamo appreso che l’80% degli utenti a livello globale dichiara che i materiali e i colori costituiscono una parte importante del processo decisionale relativo allo smartphone – ci ha spiegato il designer -. Inoltre dati di Pantone dimostrano che il colore può influenzare la decisione d’acquisto fino all’80%”.
“Riconosco però che nella maggior parte dei casi l’utente sceglie comunque di utilizzare una cover protettiva – ha aggiunto Castano – ma anche in questi casi, quando deciderà di acquistare il telefono, preferirà una opzione di design che la contraddistingua. I nostri studi dimostrano che i consumatori valutano il design, il colore, i materiali e le finiture come parte integrante della loro decisione d’acquisto, indipendentemente dalla decisione di aggiungere una cover dopo l’acquisto. Nei mercati in cui includiamo le cover nella confezione, scegliamo cover in tinta o leggermente colorate e traslucide che siano complementari al colore del telefono”.
In un’epoca profondamente caratterizzata dall’intelligenza artificiale, il design di uno smartphone può essere addirittura di stampo “generativo”.
Sempre Motorola ha sviluppato per i suoi ultimi telefoni top di gamma una IA che, basandosi sulla foto dei vestiti che indossa chi possiede il telefono, è in grado di creare uno sfondo per il display perfettamente abbinato al look. Questa funzione diventa ancora più interessante nel momento in cui lo smartphone si propone come prossimo wearable.
Lo smartphone diventa un bracciale: la prova esclusiva del Motorola che sembra uscito da un film di fantascienza
L’IA generativa applicata alla moda è una frontiera che diverse aziende, anche quelle non impegnate nel mercato dello smartphone, stanno percorrendo. Sia per disegnare nuove collezioni, sia per valorizzarle con campagne pubblicitarie realizzate con l’aiuto dell’intelligenza artificiale.
Che sia il frutto di materiali e forme fisiche, o di algoritmi che disegnano una trama digitale, è chiaro che il design e la personalizzazione dei dispositivi influenzano sempre di più le scelte di chi li produce. E ovviamente di chi poi intende acquistarli.
Fonte : Repubblica