Condannato a otto mesi di carcere e a pagare 6.400 euro tra sanzioni e risarcimento. Con pena sospesa perchè incensurato. Protagonista è un giornalista, Pasquale Napolitano. Oggi collaboratore de Il Giornale e di Quarta Repubblica, il programma Mediaset condotto da Nicola Porro. Ed autore di un pezzo pubblicato nel 2020 sulla testata online Anteprima24 con cui denunciava lo stallo interno all’ordine degli avvocati di Nola, attraversato da correnti interne in lotta tra loro. E con il presidente Domenico Visone ostinatamente aggrappato alla carica. Nonostante una sentenza del Tar avesse confermato la possibilità dei consiglieri di surrogarlo, Visone evitava accuratamente di convocare riunioni del consiglio, temendo di essere sfiduciato e sostituito. Questo quanto raccontato da Napolitano: una cronaca che ora gli è costata la condanna.
Le motivazioni non sono ancora state rese note, ma sembra che a incidere siano state alcune parole specifiche usate da Napolitano. In particolare l'”amore per la poltrona” di Visone e l’ordine tenuto “in ostaggio”. Abbastanza a quanto pare per considerare il giornalista autore del reato di diffamazione. “So di aver svolto il mio lavoro in modo corretto. Queste azioni legali possono determinare privazione della libertà e sanzioni di natura economica. Ma noi stiamo solo facendo il nostro lavoro”. L’intervista
Napolitano, è sorpreso dell’accaduto?
Sono sorpreso dalla sentenza, sorpreso negativamente. Non mi aspettavo una condanna e, soprattutto, non così dura. So ancora oggi di non aver diffamato nessuno e di aver svolto il lavoro in modo corretto rispettando tutte le regole del buon giornalista e dando la possibilità ai protagonisti dell’articolo di replicare. Inoltre mi sono attenuto ai fatti e quindi sono convinto di questo. È una sentenza di primo grado, mi appellerò perché sono convinto che le mie ragioni varranno anche in secondo grado.
Quale è esattamente la frase che ha causato la denuncia?
Questo lo potremo sapere solo quando verranno depositate le motivazioni che arriveranno entro 90 giorni. La sentenza è stata il 7 maggio. Quindi entro 90 giorni verranno presentate le motivazioni e non so per quale passaggio dell’articolo sono stato condannato. Nella querela mi veniva contestato il fatto di aver postato l’articolo sui social e quindi di essere andato oltre il diritto di cronaca. Ed il termine “ostaggio”, che viene interpretato come se il presidente dell’ordine degli avvocati che è l’oggetto del mio articolo avesse sequestrato le persone. Non sappiamo quale di queste presunte diffamazioni il giudice abbia ritenuto valide e fondate.
Pensa che sia accaduto tutto questo perchè è andato a toccare una “casta”, quella degli avvocati?
Gli avvocati sono una casta? Non lo so, non credo e non ho gli strumenti per dirlo. Un avvocato mi difende e lo farà anche in futuro. Non ho un giudizio negativo nei confronti della categoria, l’articolo parlava semplicemente di “beghe” politiche locali interne all’Ordine degli avvocati di Nola.
Una categoria forse particolarmente suscettibile?
Faccio un discorso generale. La giustizia si deve comporre di un’armonia di varie parti chiamate in causa (giudici, avvocati e giornalisti). Dev’esserci un rapporto di reciproca lealtà e collaborazione. Io ho scritto un articolo che parlava di questioni interne all’Ordine degli avvocati, non mi aspettavo un’offensiva giudiziaria così forte, magari un confronto avrebbe potuto risolvere tutto. Evidentemente non hanno ritenuto che questa fosse la strada migliore, hanno deciso di andare in tribunale. Ripeto, non ho un giudizio negativo, faccio un ragionamento generale. Ci dovrebbe essere la possibilità di interloquire e confrontarsi. E di evitare azioni legali soprattutto quando queste possono determinare privazione della libertà e sanzioni di natura economica. Alla fine stiamo facendo il nostro lavoro.
Fonte : Affari Italiani