La 28enne Netiporn “Boong” Sanesangkhom è deceduta in ospedale dove era stata ricoverata per l’aggravarsi delle condizioni. Era diventata un simbolo per ong internazionali e il suo nome era presente nei rapporti dei governi occidentali relativi agli abusi. Quasi 2mila persone perseguite per reati di opinione, centinaia rischiano pesanti pene detentive.
Bangkok (AsiaNews) – A tre mesi dall’inizio del digiuno di protesta in carcere, la 28enne Netiporn “Boong” Sanesangkhom, uno dei riferimenti dei movimenti di protesta contro la detenzioni per ragioni politiche o di coscienza e la custodia indeterminata in attesa di processo, è deceduta questa mattina nell’ospedale dell’Università Thammasat. Netiporn, nota per la partecipazione al movimento di protesta Thalu Wang e a iniziative a tutela dei diritti dei detenuti e delle libertà civili, era stata “adottata” come prigioniera di coscienza da diverse organizzazioni internazionali, tra cui Amnesty International. Il suo nome era apparso in diversi rapporti riguardanti la Thailandia, nazione da tempo “sotto osservazione” da parte statunitense ed europea.
Il suo sciopero della fame e della sete era iniziato nel carcere femminile centrale della capitale thailandese dove era stata rinchiusa il 26 gennaio scorso, dopo che le era stata revocata la libertà su cauzione perché accusata di lesa maestà. Un’incriminazione legata alla sua partecipazione a un sondaggio del febbraio 2022 sui cortei di auto di membri della monarchia che spesso attraversano aree della capitale, con disagi per la circolazione.
Irremovibile nel rifiutare cibo e liquidi, lo scorso febbraio l’attivista era stata prima trasferita in un ospedale carcerario e poi in quello universitario Thammasat, prima di essere riportata in cella dove, secondo l’amministrazione penitenziaria, avrebbe ripreso ad alimentarsi regolarmente. Per i gruppi che hanno seguito la sua vicenda, tra cui avvocati thai per i diritti umani (Thai Lawyers for Human Rights), Netiporn era tornata nell’ospedale carcerario a inizio aprile ma la sua salute si era deteriorata rapidamente. Questa mattina il ricovero dopo una crisi cardiaca ma il suo trasferimento in ospedale è risultato inutile, poiché l’attivista è deceduta alle 11.22 ora locale (le 6.22 in Italia).
Immediate le espressioni di solidarietà e di cordoglio di attivisti che ne condividevano la causa – come i colleghi di impegno civile Natthanon “Frank” Chaimahabud e Tantawan “Tawan” Tuatulanon – e anche l’esperienza del digiuno di protesta, ma anche di politici dell’opposizione e di esponenti della società civile.
La sua vicenda ha tenuta alta l’attenzione riguardo una legge, quella sulla “Lesa maestà”, da tempo criticata per il suo utilizzo che, più che tutelare la dignità della famiglia reale, sembra indirizzato a perseguire chi dissente con le pretese di controllo sul Paese dei militari e di altri poteri forti o chiede maggiori spazi di critica e dibattito. Secondo un recente rapporto di Thai Lawyers for Human Rights, dall’inizio delle proteste dei movimenti giovanili che chiedono più libertà e giustizia sono 1.954 gli individui perseguiti legalmente per ragioni politiche e di questi almeno 272 rischiamo pesanti pene detentive in base all’articolo 112 del Codice penale, quello appunto noto come Legge sulla lesa maestà, e 153 per l’accusa di sedizione secondo l’articolo 116 del codice. Evidenziato pure dalla tragica fine di Netiporn “Boong” Sanesangkhom l’eccesso di pene detentive a cui tanti sono sottoposti prima di accedere al giudizio, in particolare per i casi politici, e l’arbitrarietà con cui viene decisa la libertà su cauzione.
Fonte : Asia