La giudice Marro: “Riforma della giustizia ci preoccupa, ci sono punti in comune con il piano della P2”

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La presidente di Unicost (corrente moderata della magistratura) Rossella Marro commenta le proposte di riforma della giustizia lanciate dal governo Meloni: “Obiettivamente, rispetto al piano di rinascita” della P2, “ci sono delle consonanze”. La preoccupazione, spiega Marro a Fanpage.it, è che si perda l’indipendenza dei magistrati.

Intervista a Rossella Marro

Presidente nazionale Unicost

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Rossella Marro, presidente di Unità per la costituzione (o Unicost, corrente moderata della magistratura) e presidente di sezione penale al Tribunale di Napoli Nord, in un’intervista a Fanpage.it ha sottolineato i possibili aspetti critici della riforma della giustizia annunciata dal governo Meloni, e anche delle proposte di riforma che sono già in Parlamento. Rispondendo alla provocazione lanciata da Giuseppe Conte, ovvero che l’idea del governo ricorderebbe il ‘piano di rinascita democratica’, ha detto: “Obiettivamente ci sono delle consonanze. Anche noi stiamo notando che una serie di proposte e di obiettivi di riforma che erano previsti in quel piano, attualmente fanno parte del pacchetto di riforme in lavorazione in Parlamento”. In generale, questo pacchetto di riforme porta una preoccupazione “molto alta” perché il rischio, nonostante le rassicurazioni del ministro Nordio, è che l’esecutivo miri a indebolire tutta la magistratura e controllare i pm.

Qual è il suo giudizio sulle intenzioni del governo Meloni in materia di giustizia?

Finora il ministro Nordio si è limitato a fare dei proclami, ancora non abbiamo un testo. Ci sono però quattro proposte di riforma costituzionale che sono depositate in Parlamento, il cui esame sta andando avanti nelle commissioni, rispetto alle quali la nostra preoccupazione è molto alta.

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Come mai?

Creare due Consigli superiori separati, inserire un numero uguale di componenti laici e togati, eliminare la norma costituzionale che prevede che giudici e magistrati si distinguono solo per le diversità di funzioni, togliere al Consiglio superiore di magistratura una serie di prerogative (come quella di aprire delle pratiche a tutela dei magistrati quando vengono attaccati per la funzione che svolgono, come accaduto per esempio con il caso Apostolico)… Sono tutte proposte di riforma che indebolirebbero il Csm.

Chiariamo un aspetto: perché la separazione delle carriere e l’unità del Csm sono così importanti?

Il Consiglio superiore della magistratura è l’organo che per Costituzione tutela l’autonomia e l’indipendenza dei magistrati, ponendo le condizioni affinché i cittadini siano uguali davanti alla legge. Se il Csm viene indebolito nelle sue prerogative non avrà la forza di tutelare l’autonomia ed indipendenza della magistratura. Rischieremo di avere magistrati burocrati, spaventati, condizionabili e, quindi, grado di tutelare i diritti dei cittadini. Il ministro ha tentato di rassicurarci al congresso [dell’Associazione nazionale magistrati, ndr], dicendo che l’autonomia e l’indipendenza dei pubblici ministeri non saranno toccate. Però sono parole che non possono lasciare tranquilli né i magistrati, né i cittadini.

Perché le rassicurazioni del ministro non bastano?

Lui dice: “Noi non vogliamo sottoporre i pubblici ministeri all’esecutivo”, cioè nelle proposte che farà non ci sarà esplicitamente la sottomissione dei magistrati al governo. Ma nel momento in cui i pm vengono separati dai giudici, il passaggio immediatamente successivo è quello. Se si indebolisce il Csm si può creare una situazione in cui tutti i magistrati – pm e giudici – sono condizionati. Il complesso delle modifiche in cantiere, pur in assenza della previsione di un controllo diretto dell’esecutivo, porta nella sostanza allo stesso risultato.

Quali sarebbero le conseguenze?

Faccio degli esempi concreti: il caso Cucchi. Lì la magistratura è riuscita ad arrivare alla verità nonostante ci fosse stato all’inizio un forte inquinamento delle indagini. Questo è possibile quando la magistratura è forte. La stessa cosa per quanto è accaduto con i disordini del G8 nel 2001, con le inchieste sulle violenze in carcere, per non parlare dei reati dei colletti bianchi, la corruzione… Questi richiedono una magistratura che sia assolutamente indipendente. E la conseguenza peggiore in caso contrario non è per i magistrati, ma per i cittadini. La nostra Costituzione è stata costruita con una serie di pesi e contrappesi proprio per garantire la separazione dei poteri e la tutela dei cittadini.

Una parte dell’opposizione – quella favorevole alla riforma – è preoccupata che il governo Meloni non faccia sul serio, e che abbia annunciato un ddl solo perché siamo sotto elezioni per poi prendere tempo. Cosa ne pensa?

Io non credo che sia così, ma anche se fosse, strumentalizzare per fini elettorali la magistratura sarebbe comunque grave.

Crede che alcuni partiti abbiano interesse a sfruttare il sentimento di ‘antipatia’ di una parte di elettorato nei confronti della magistratura?

La magistratura è un potere dello Stato che per sua natura dà ragione a una persona e dà torto a un’altra, quindi è una categoria “antipatica”. Proprio perché la sua è una funzione così importante e cruciale, necessita di essere salvaguardata. Invece questi attacchi continui indeboliscono la magistratura e anche tutti gli altri poteri. Delegittimare un pezzo così importante dello Stato significa indebolirlo tutto.

La critica opposta, che viene dall’altra parte dell’opposizione, è che invece la riforma sia un progetto mirato a controllare la magistratura. Giuseppe Conte ha detto che nei contenuti ricorda il piano di ‘rinascita democratica’ della P2. Ha ragione?

Obiettivamente, rispetto al piano di rinascita, ci sono delle consonanze. Anche noi stiamo notando che una serie di proposte e di obiettivi di riforma che erano previsti in quel piano, attualmente fanno parte del pacchetto di riforme in lavorazione in Parlamento. Anche questo dovrebbe far riflettere.

Riflettere su cosa?

Noi abbiamo conquistato la Costituzione con il sacrificio anche della vita di tantissimi italiani: questa Costituzione, anche con tutti i nostri limiti nella sua attuazione, ci ha consentito tantissimi anni di pace in un Paese democratico, in cui manifestare il pensiero è possibile. La magistratura con questo sistema è stata in grado di fare indagini scomode, penso a tutte le indagini sui depistaggi sulle stragi di mafia. Quindi, prima di mettere in discussione l’impianto della Costituzione, dobbiamo stare tutti molto attenti, perché non sappiamo dove ci condurrà. È molto pericoloso scardinare l’assetto costituzionale.

Nelle ultime settimane si è tornato a parlare molto del rapporto tra politica e magistratura non solo per la riforma della giustizia, ma anche per alcune inchieste che hanno avuto molta visibilità, come quella che coinvolge Giovanni Toti. Da parte di chi subisce queste indagini arriva sempre l’accusa di ‘giustizia a orologeria’, perché si avvicinano le elezioni. Come valuta la situazione?

Chiaramente sull’inchiesta in sé non posso dire nulla perché perché non conosco gli atti. In generale, tutte le volte in cui le indagini toccano persone esposte politicamente questo determina delle reazioni, è prevedibile. Spesso si accusa la magistratura di “fare politica” tramite le inchieste, ma in realtà si fa politica soprattutto quando non si fanno le inchieste che andrebbero fatte. Nel nostro sistema, la legge è uguale per tutti e la magistratura deve fare il suo corso quando ci sono le premesse per agire.

Non penso si possa parlare di giustizia a orologeria, anche perché siamo perennemente in campagna elettorale in questo Paese, quindi le iniziative della magistratura sono sempre giudicate inopportune. Serve maggiore rispetto per il lavoro che si fa: l’informazione di garanzia non è una condanna, il processo deve accertare la verità. Io non vedo alternative democratiche a un sistema come quello attuale.

Le tensioni tra governo e magistratura la preoccupano?

Non penso siano un fatto in sé negativo. La tensione che c’è tra la politica e la magistratura, proprio perché questa ha la possibilità di fare indagini e perseguire anche uomini politici, è in un certo senso un termometro del grado di democrazia di un Paese. In un Paese democratico, dove tutti sono soggetti a controllo di legalità, è chiaro che ci possa essere una tensione. In una dittatura non c’è tensione, non c’è conflitto, perché la magistratura volente o nolente è appiattita sul potere politico. Poi, chiaro, questo non deve trascendere oltre certi limiti.

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Fonte : Fanpage