La “leva obbligatoria” di Salvini esiste già: si chiama servizio civile

Tutto è fuorché una sorpresa. La fissa della destra italiana e del ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, per la reintroduzione della leva obbligatoria, magari in versione extra-small o sotto mentite spoglie ma pur sempre utile a battezzare i giovani al rigore e alla disciplina, si perde nella notte degli ultimi vent’anni. Ci è appena tornato Salvini, alla disperata ricerca di qualche punto percentuale per salvare il salvabile nel cataclisma che lo aspetta elle europee e in piena fascinazione Vannacci.

La Lega ha quasi concluso la stesura di un progetto di legge per reintrodurre una leva universale – ha spiegato all’adunata degli Alpini del 12 maggio a Vicenza -. Sei mesi obbligatori per ragazzi e ragazze, a servizio della comunità, su base regionale”. Non dimentichiamoci che in Italia il servizio di leva militare rimane obbligatorio, ma le chiamate sono state sospese dal primo gennaio 2005 grazie alla legge 226 del 2004, successivamente confluita Codice dell’ordinamento militare. Insomma, non è stata abolita. Sempre meglio appuntarselo.

Salvini forse non conosce il servizio civile

Il ministro delle Infrastrutture ha aggiunto che a suo avviso la sua naja sarebbe “una grande forma di educazione civica, con persone che si possono dedicare al salvataggio, alla protezione civile, al pronto soccorso, alla protezione dei boschi da svolgere vicino a casa. Una volta uno di Udine andava a Bari, e quello di Bari lo mandavano a Udine, dovendo lasciare studi e lavoro. Non sarà più cosi, si farà vicino a casa. Spero che anche le altre forze politiche appoggino la proposta”.

Segnaliamo a Salvini che tutto ciò che elenca (educazione civica, corsi di salvataggio, protezione civile, primo soccorso, protezione dei boschi e un gran numero di altre nobili attività) si può già svolgere volontariamente o professionalmente in altri modi, con associazioni o imboccando percorsi lavorativi dedicati, senza bisogno di una sommaria infarinatura a cura dell’esercito.

Non servirebbe neanche ricordare che il ministro della Difesa, Guido Crosetto, lo ha immediatamente gelato. E lo ha fatto esattamente su quella linea: le forze armate non sono un’educazione civica coi muscoli. Sono ormai, quasi ovunque, un servizio professionale: “Le forze armate non possono essere pensate come un luogo per educare i giovani, cosa che deve essere fatta dalla famiglia e dalla scuola. Le forze armate servono per fare professionisti, che difendono le istituzioni e la pace. Il servizio civile universale non è una cosa che riguarda le forze armate”, ha detto il titolare della Difesa. Fra l’altro, anche il servizio civile universale già esiste, è aperto a tutti i giovani fra i 18 e 28 anni per progetti dali 8 ai 12 mesi di durata, viene retribuito circa 507 euro al mese e frutta crediti formativi universitari o professionali. Chi volesse saperne di più, può approfondire qui.

Un refrain di destra

Il problema, come ha evidenziato Maurizio Lupi di Noi moderati, formazione di centrodestra, è semmai un altro. Sempre lo stesso, e sempre più urgente nel quadro internazionale che stiamo attraversando: “Siamo contrari alla reintroduzione del servizio di leva militare obbligatoria, che non è e non potrà mai essere uno strumento per educare i giovani – ha spiegato Lupi -. L’attuale situazione geopolitica però ci deve indurre a riflettere su una carenza condivisa, quella di una difesa comune europea. In un contesto assoggettato a minacce, l’Unione Europea è chiamata a impegnarsi maggiormente in questo campo”. Ma ovviamente con la levetta salviniana questo discorso non c’entra una virgola.

Fonte : Wired