Detersione, esfoliazione, siero anti-imperfezioni e crema anti-age. È la beauty-routine del mattino, filmata e condivisa sui social in ogni meticoloso passaggio così come quella della sera, cui si aggiunge qualche ulteriore step fatto di maschere di bellezza profumate e divertenti “massaggiatori” per il viso. Non sono certo contenuti nuovi sui social, solo che inquadrate in camera non ci sono beauty influencer 30enni ma bambine tra gli 8 e i 13 anni. Si aggirano tra i negozi di cosmetici alla ricerca dell’ultimo prodotto virale sui social e non a caso su Tiktok vengono identificati con l’hashtag #SephoraKids. Sono soprattutto bambine, ma non mancando pre-adolescenti maschi.
In una camera dell’eco che nasce e si nutre sui social, il fenomeno già ribattezzato “cosmeticoressia” vede bambini o poco più alla spasmodica ricerca dell’ultimo costoso principio attivo per “curare” e prevenire inestetismi della pelle menzionati senza sosta nei reel di Instagram e TikTok.
In una perenne ossessione per la “skin-care” perfetta, i #SephoraKids chiedono ai genitori di acquistare prodotti costosi dai principi attivi assolutamente non adatti alla loro età, in alcuni casi dannosi. Sulla loro lista dei desideri per Natale non ci sono giocattoli ma creme e sieri a base di vitamina C, acido ialuronico, vari tipi di acidi esfolianti, come i tanto in voga alfa e beta idrossiacidi.
Con packaging giocosi e un costo che si aggira in molti casi sulle diverse decine di euro, i cosmetici sono argomento di discussione della generazione Alpha (i nati tra il 2010 e il 2024) soprattutto sui social, dove ragazzine di neanche 10 anni si scambiano opinioni e consigli sull’ultimo siero idratante testato in video-recensioni degne delle influencer più scafate.
I rischi dei cosmetici sulle pelli dei bambini
Con uno strumento potente come i social nel plasmare processi di emulazione e con la complicità dei tanti nuovi brand cosmetici dalla presentazione accattivante e “giovane”, la categoria dei “tweens” – pre-adolescenti, spesso praticamente bambini – sono diventati il nuovo target dell’industria del beauty.
Un settore che tra l’altro gode di ottima salute nel nostro Paese. L’ultimo rapporto di Cosmetica Italia, l’Associazione nazionale delle imprese cosmetiche, parla di un fatturato totale del settore superiore ai 15,1 miliardi di euro, in crescita del 13,8% rispetto al 2022. Numeri in ulteriore aumento nel 2024, con un fatturato stimato oltre i 16,6 miliardi di euro (+9,8% sul 2023).
La preoccupante precocità del fenomeno non conta pochi casi isolati. L’onda è partita negli Stati Uniti ed è rapidamente arrivata nei Paesi europei e in Italia. Non è un caso che in Svezia, la principale catena di farmacie del paese, Apotek Hjärtat, abbia vietato la vendita di prodotti cosmetici ai minori di 15 anni. Né che alcuni marchi si siano sentiti in quale modo spinti a lanciare campagne di informazione sulla nuova “malattia” delle gen Z e Alpha, la “age anxiety”, paura dell’invecchiamento.
La British Association for Dermatologists ha recentemente lanciato l’allarme sull’utilizzo di prodotti per la pelle con ingredienti antietà o altri potenti principi attivi, che sulle pelli delicate dei bambini possono causare problemi irreversibili come eczemi e allergie.
“Per definire la cosmeticoressia un vero e proprio disturbo ci sarebbe bisogno di una certificazione scientifica, ma sicuramente è una tendenza preoccupante figlia del suo tempo”, dice a Today.it Stefano Rossi, psicopedagogista esperto d’infanzia e adolescenza che da anni collabora con le scuole coordinando al contempo diversi centri psicopedagogici per genitori e adolescenti in crisi.
‘L’iper-adolescentizzazione’ dell’infanzia
“Dietro queste bambine che comprano e ordinano online prodotti di bellezza si nasconde il mito della performance, della prestazione. In un mondo verticale, veniva chiesto di essere ‘bravi bambini’, mentre ad oggi assistiamo ad una società di tipo orizzontale, ovvero una grande gara, con il dettame implicito di dover essere il numero 1”, prosegue. “L’onda lunga di questa società della prestazione dà forma a fenomeni di questo tipo, con il rischio di alimentare il senso di inadeguatezza anche nei pre-adolescenti”.
“Su questo tipo di fenomeno specifico non arrivano ancora richieste di consulenza dal singolo genitore – spiega l’esperto – perché in fondo si tratta di un fenomeno sociale e non clinico, ma le informazioni che mi arrivano dalle scuole denunciano una sorta ‘iper-adolescentizzazione’ dell’infanzia”. “Siamo una società centrata, anzi ‘decentrata’ sull’adolescenza, con genitori e perfino alcuni nonni che continuano a fare gli adolescenti”. “Dietro quello che appare come narcisismo da parte delle nuove generazioni, spesso c’è il narcisismo dei genitori, che non si limitano a volere un bravo bambino ma quasi un ‘bambino divino’. Dietro il genitore narciso c’è un adulto angosciato dal futuro che proietta sul figlio la propria interiorizzazione di questa società della performance”.
“L’inconscio è online”: cosa possono fare gli adulti
Se il mito della prestazione e la tendenza al narcisismo sembrano cucirsi alla perfezione sulle dinamiche adolescenziali, per i bambini sembra valere anche una forte dimensione di gioco. Le bimbe di 9 o 10 anni che si piazzano davanti a una videocamera aprendo, annusando e spalmandosi il contenuto di tubetti colorati stanno, in fondo, anche giocando. Solo che al posto di colori a cera e fogli di carta hanno in mano cosmetici da adulti e video di coetanee che ripetono gli stessi gesti.
“Il bambino – spiega il dottor Rossi – non ha ancora quella concezione estetica che ha l’adolescente. Che è come un artista che deve far nascere il suo quadro, e prende spunto da quello che ha attorno avendo dentro di sé un narcisismo che però è sano. La forte precocità di questo fenomeno in realtà è un grande assalto del marketing su menti infantili che non hanno ancora gli strumenti per dare un senso ai gesti che compiono. Se però il gesto si reitera e diventa una cultura è preoccupante perché sancisce un prevalere estremo dell’apparire, e dell’apparire perfetti”.
Stefano Rossi si occupa di educazione emotiva di adolescenti e genitori tenendo conto di un doppio obiettivo: “menti critiche e cuori intelligenti”. “Per questo tipo di fenomeno, il lavoro da fare è sulla mente critica. Abbiamo la generazione di adolescenti più consumisti della storia, ma non è colpa loro. Sono bombardati da messaggi di marketing e il lavoro che deve essere fatto con loro è quello di prendere tempo per chiedergli cosa siano secondo loro la bellezza e la felicità. Oggi – afferma Rossi – l’inconscio è online: un po’ tutti pensiamo con le categorie dei social, di cui la principale è il like. L’adolescente di ieri era una figura che lottava per distinguersi dalla società, oggi gli adolescenti sono iperconformisti”.
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Fonte : Today