Per posizionare il dispositivo dell’azienda, è necessario praticare un’incisione nello strato più esterno del cervello, la dura madre: “A causa dei diversi fili inseriti singolarmente nella corteccia, potrebbe essere difficile suturare la dura dopo averli impiantati“, spiega Schwartz. L’apertura potrebbe aver causato la formazione di tessuto cicatriziale, con il conseguente ritiro dei fili. Di contro l’array Utah, aggiunge Schwartz, è progettato in modo che la dura possa essere suturata dopo l’innesto.
Nonostante il contrattempo, il 20 marzo Neuralink è riuscita comunque a trasmettere una dimostrazione in diretta del dispositivo, in cui Arbaugh ha utilizzato l’interfaccia per giocare a scacchi e a Mario Kart con il pensiero. “Non riesco a descrivere quanto sia bello poterlo fare“, racconta nel video.
Nell’aggiornamento uscito sul blog aziendale, Neuralink spiega di aver ovviato alla perdita dei fili modificando l’algoritmo del sistema in modo da renderlo più sensibile ai segnali neurali. La startup dice anche di aver migliorato il modo in cui traduce i segnali in movimenti di un cursore e di aver apportato cambiamenti all’interfaccia utente aumentando le prestazioni del dispositivo.
Angle di Paradromics sostiene che un maggior numero di elettrodi non incide molto se l’obiettivo è muovere un cursore, mentre per azioni più complesse, come la conversione di un testo in voce, una velocità di trasmissione dati più elevata diventerà importante.
Come sta il primo paziente di Neuralink
Prima di ricevere l’impianto, Arbaugh ricorreva a una sorta di pennino per la bocca, noto come mouth stick, per utilizzare un tablet, che doveva essere posizionato di fronte a lui da un assistente e poteva essere usato solo in posizione verticale impedendogli così di parlare normalmente. Quando viene usato per lunghi periodi di tempo, il pennino può causare disagio, affaticamento muscolare e piaghe da decubito.
Neuralink scrive che per Arbaugh il dispositivo è un “lusso”. L’impianto ha permesso al 29enne di “riconnettersi con il mondo” e tornare a essere indipendente, senza aver bisogno della presenza costante della sua famiglia.
“È positivo che il paziente sia ancora in grado di utilizzare il dispositivo e che sia soddisfatto – commenta Angle –. Ma dal nostro punto di vista, le aziende che costruiscono interfacce neurali devono realizzare dispositivi che si dimostrino robusti e affidabili per un periodo di tempo di diversi anni“.
È probabile che sulla strada verso la commercializzazione delle interfacce neurali arrivino altre battute d’arresto. E considerando l’approccio unico scelto da Neuralink per il suo dispositivo, l’azienda di Elon Musk potrebbe trovarsi ad affrontare altri ostacoli lungo il percorso.
Questo articolo è apparso originariamente su Wired US.
Fonte : Wired