Il robot italiano che ha rivoluzionato la chirurgia

Un robot chirurgico monobraccio, che riduce così le incisioni da effettuare sul corpo del paziente. Minore invasività che, a parità di efficacia chirurgica, riduce anche i tempi di degenza. Un bene per il malato, ovviamente, ma anche per il sistema sanitario nazionale, che da un lato taglia i costi di ricovero, dall’altra potrebbe beneficiare in termini di riduzione delle liste di attesa.

Si chiama da Vinci SP (sigla che sta per single port) la quinta generazione di robot chirurgici presentata nella mattinata di martedì 7 maggio nella sede di Ab medica a Cerro Maggiore (Milano). Una presentazione che ha coinciso anche con l’installazione del 200simo modello delle macchine prodotte da quest’azienda nelle sale operatorie italiane, al Niguarda di Milano, ma anche con la prima operazione effettuata con il nuovo robot monobraccio all’Istituto nazionale tumori Fondazione Pascale di Napoli.

Il nuovo modello

Già i precedenti modelli risultavano meno invasivi per i pazienti rispetto ad un’operazione a cielo aperto, come si dice in gergo medico. Il nuovo robot compie però un passo ulteriore in questa direzione. “Il modello precedente portava all’interno del paziente quattro bracci robotizzati con altrettante incisioni da 8 millimetri ciascuna, per un totale di 32 millimetri – ha ricordato il business director di Ab medica Filippo Pacinotti -. Da Vinci SP porta un solo braccio, dotato di tre strumenti e di una fibra ottica, con un’unica incisione da 25 millimetri. Si tratta di una riduzione dell’invasività del 25%.

Il vantaggio non è banale. Come ha spiegato in collegamento dal Pascale di Napoli il direttore del dipartimento di Urologia Santo Perdonà, subito dopo aver eseguito una prostectomia con il nuovo da Vinci XP, “se il paziente non ha febbre, domani mattina lo dimettiamo, senza drenaggio”. Dimissioni a 18-24 ore dall’intervento, quando in passato per lo stesso intervento si rimaneva ricoverati per “10, 12 giorni”. Il che significa meno costi per l’ospedale, ma anche un letto che si libera per accogliere un nuovo paziente. E quindi, in prospettiva, riduzione delle liste di attesa per quelle operazioni che si possono effettuare con questa macchina.

I possibili utilizzi

Sono sette le aree per le quali vengono normalmente utilizzati i robot chirurghi: l’otorinolaringoiatria, la chirurgia toracica, la cardiochirurgia, la chirurgia generale, la ginecologia, l’urologia e la chirurgia pediatrica. Con l’eccezione di quest’ultima, in Europa il nuovo modello da Vinci SP ha ottenuto l’autorizzazione in tutti i campi in cui operano i suoi predecessori. Con uno sviluppo importante. “Grazie alla sua mini invasività, questa macchina ha il potenziale per essere impiegata anche in ambito senologico, ha sottolineato Pacinotti. Ovvero per gli interventi nelle pazienti con tumore al seno che lasciano importanti cicatrici fisiche, oltre a quelle psicologiche. E che, grazie al monobraccio di questa macchina, potrebbero veder ridotte almeno le prime.

Un costo sostenibile?

L’azienda non ha reso noto il prezzo del nuovo robot chirurgo. Ha indicato, però, quando diventa sostenibile. Ovvero, ha spiegato sempre Pacinotti, “quando viene utilizzata in maniera diffusa”. Se, in altre parole, “da Vinci viene impiegato per almeno 200 interventi ogni anno diventa pienamente sostenibile. Oltre le 250 operazioni arriva a produrre un risparmio per l’ospedale”.

Ad oggi, come detto, sono 200 i robot installati nelle sale operatorie degli ospedali italiani. Dal 1999, anno di lancio del primo modello, ad oggi sono 300mila i pazienti operati con un robot chirurgico, ma l’obiettivo è arrivare a 50mila interventi nel solo 2024. Ovvero ad una media di 250 operazioni per ogni macchina. “È importante”, ha sottolineato in un contributo video il direttore generale del Niguarda Alberto Zoli, “che queste apparecchiature siano installate in strutture che hanno un’ampia casistica da trattare e nelle quali i chirurghi possono selezionare i pazienti da orientare verso la chirurgia robotica”.

L’importanza della formazione

Oltre allo sviluppo e all’installazione delle macchine, ab medica si occupa anche della formazione del personale che dovrà utilizzarlo. A questo scopo ha allestito un training center all’interno della propria sede con una stanza per la sterilizzazione per spiegare come rendere sterili i bracci robotici e una sala operatoria simulata che permette al personale infermieristico di capire come allestire la macchina in vista dell’intervento.

Non solo: qui i medici possono anche prendere confidenza con la consolle di comando che, per facilitare la transizione rispetto ai modelli precedenti, non è stata modificata. Due joystick, se si permette l’analogia con il gaming, con due anelli per pollice e medio che consentono di stringere con le pinze. L’indice, invece, serve per la frizione, ovvero per riposizionare le braccia in posizione corretta senza che si muovano quelle robotiche all’interno del paziente. Una volta presoaconfidenza, le prove sui cadaveri e sui maiali, propedeutiche all’utilizzo in sala operatoria, vengono effettuate in Francia.

L’azienda

Fondata nel 1984, dal 1999 ab medica produce e commercializza i robot chirurghi modello da Vinci. Con filiali in Spagna, Francia, Portogallo, Svizzera, Slovenia e Marocco, oggi l’azienda ha 395 dipendenti, dei quali 116 under 35, per un’età media di 42 anni. Il 48% del personale è donna. “Il 60% del nostro fatturato proviene da strutture sanitarie pubbliche”, ha sottolineato l’amministratice delegata Francesca Cerruti, “il resto arriva da realtà private o convenzionate”.

Fonte : Wired