Il vantaggio emissivo della riduzione diretta, invece, si deve all’uso dell’idrogeno, che non rilascia carbonio durante la combustione e che può venire prodotto in maniera “pulita” a partire dall’energia rinnovabile o nucleare. Semplificando, in un impianto di riduzione diretta si sfrutta il calore per far reagire l’idrogeno con il minerale ferroso, al quale viene sottratto l’ossigeno: se ne ricava il preridotto e, come scarto, il vapore acqueo (anziché la CO2, come nel caso del coke).
La competitività dell’acciaio verde si lega strettamente al costo dell’energia. Il problema è che anche l’idrogeno pulito, per potersi affermare sul mercato, ha bisogno di elettricità a basso costo e non è scontato che le rinnovabili possano fornirla. Un’acciaieria, peraltro, lavora di continuo, quindi anche gli elettrolizzatori (i macchinari per la produzione dell’idrogeno) devono essere sempre in funzione; ma i pannelli solari e le turbine eoliche dipendono dall’ora e dal meteo, dunque è necessario prevedere degli stoccaggi per compensare la loro variabilità, con il risultato di far crescere i costi del sistema. Per alimentare la siderurgia green, insomma, i reattori nucleari sembrano più convenienti: producono energia in maniera continuativa, senza subire l’influenza del meteo e senza doversi appoggiare ad accumulatori esterni; occupano anche meno spazio dei parchi eolici e fotovoltaici.
L’acciaio verde in Europa
L’Unione europea è nata dall’acciaio e ha intenzione di mantenere questa associazione anche in futuro, garantendo al blocco una leadership sulle tecnologie pulite. Il piano RepowerEu, dedicato all’accelerazione della transizione ecologica, prevede che al 2030 il 30% della produzione primaria di acciaio sarà decarbonizzata grazie all’idrogeno. Un recente rapporto del centro studi Rystad Energy, però, avverte che la sostenibilità economica del green steel è in “grave pericolo” perché una tonnellata di acciaio pulito costa fino a 1000 dollari in più di quello tradizionale. La partita industriale, insomma, è aperta e difficile.
Uno dei principali progetti europei per lo sviluppo di tecnologie utili alla produzione di acciaio a basse emissioni si chiama HyTecHeat e vede la partecipazione di aziende italiane come Snam, Tenova e De Nora. De Nora, in particolare, fornirà un nuovo elettrolizzatore per l’idrogeno, chiamato Dragonfly, dalle alte prestazioni e dalle dimensioni ridotte.
“L’industria siderurgica e gli altri ambiti hard-to-abate richiedono l’installazione di impianti di elettrolisi di grande taglia – spiega a Wired Lorenzo Antozzi, direttore Energy Transition and Hydrogen di De Nora -. In realtà questi settori rappresentano un’opportunità per gli elettrolizzatori piccoli come il Dragonfly, compatto e facilmente adattabile, che può fungere da pilota per integrare le varie componenti dell’impianto e al contempo contribuire già alla decarbonizzazione del processo, in vista di future potenziali espansioni a taglie maggiori”.
Fonte : Wired