Da tempo mi trovo ad utilizzare la terminologia militare specifica della pianificazione, utilizzando termini come “tattico”, operativo” e “strategico” rendendomi conto che per la maggior parte delle persone questi termini appaiono tutti sinonimi di “militare”. Ora, la differenza fra i tre livelli non è solo in termini di magnitudine dello spazio e delle unità coinvolte, ma anche di conseguenze della manovra. L’acquisizione di un obiettivo tattico è il compito di un’unità militare di tipo “elementare”, quale un battaglione o una Brigata (eccezionalmente una Divisione, ma non è il caso in Ucraina): una volta conseguito tale obiettivo, l’unità ha esaurito il compito assegnato e si ferma per consolidarsi, in quanto se proseguisse si logorerebbe in maniera eccessiva (se si logora prima di acquisirlo o se non si logora affatto significa che gli ordini erano sbagliati per eccesso o per difetto di ambizione).
L’acquisizione di un obiettivo tattico di per sé costituisce pertanto fondamentalmente un “benchmark” nella manovra complessiva pianificata dal livello ordinativo superiore (Brigata per il battaglione, Corpo d’Armata per la Brigata), e segna il completamento di un compito da parte di un’unità dipendente e contestualmente – se la manovra è complessa – l’avvio dell’esecuzione del compito di un’altra unità dipendente. L’acquisizione di un obiettivo operativo è il compito di un’unità militare “complessa (costituita da molte unità di tipo diverso)” quale un Corpo d’Armata o un’Armata. Una volta acquisito tale obiettivo, questa unità complessa non si “ferma”, ma riarticola il suo dispositivo mettendo in azione unità dipendenti fresche e predisposte alla bisogna per avviare una manovra differente basata su condizioni (definite appunto “operative”) differenti e più vantaggiose grazie alle risorse offerte dall’obiettivo catturato. L’acquisizione di un obiettivo operativo quindi configura un cambio vantaggioso delle condizioni in cui si opera. Questo cambiamento può consistere per esempio nel raggiungimento di una zona di operazioni più favorevole (per esempio dalla montagna alla pianura, oppure il superamento di un grande fiume), l’acquisizione di un centro di comunicazioni (porto, aeroporto o nodo stradale o ferroviario) tale da snellire il proprio flusso logistico e/o interdire quello avversario, oppure la cattura di una fonte di risorse materiali o demografiche che vengono negate al nemico.
Laddove si scrive che i russi hanno “creato un saliente rivolto verso il nulla”, sottintende che hanno conseguito alcuni obiettivi tattici che però non supportano il raggiungimento e neppure l’avvicinamento ad alcun obiettivo operativo capace di modificare significativamente la situazione sul campo.
La conquista di obiettivi tattici – fra l’altro conseguiti a caro prezzo in termini di perdite – senza che questi conducano a obiettivi operativi, porta a ragionare in termini di attrito e non di manovra: di nuovo, il terreno – non offrendo vantaggi operativi – deve essere valutato in base al costo pagato per conquistarlo; e se il costo è superiore al suo valore, il successo ottenuto nel conseguire l’obiettivo tattico diventa poco significativo. Questo però non è un fattore fine a sé stesso, che sminuisce il valore degli avanzamenti russi delle ultime settimane: è indice di un problema più grande dei Comandi militari russi.
Attacchi frontali che conducono con gravi perdite alla cattura di semplici obiettivi tattici configurano o una pianificazione sbagliata che spreca risorse, oppure una pianificazione volta esclusivamente a conseguire obiettivi tattici. In quest’ultimo caso, saremmo di fronte ad attacchi eseguiti fine a sé stessi: attacchi voluti non per vincere sul campo ma per necessità politica, e in ultima analisi per sostenere una narrativa propagandistica di “vittoria imminente”. Che guarda caso è esattamente il messaggio dei minions del Cremlino sui media occidentali.
La battaglia di Chasiv Yar
Ora non voglio dire che vada tutto bene: non è così. Gli ucraini sono in seria difficoltà a causa della prolungata sospensione nella consegna di armi e munizioni occidentali, e in particolare per la scarsezza di munizionamento da artiglieria terrestre e contraerei. Questo fatto, assieme al consistente miglioramento della situazione addestrativa e alla crescita del flusso logistico (derivante dall’avvio dell’economia di guerra) russo, ha portato l’esercito di Putin ad una situazione favorevole che non si vedeva dal marzo 2022.
La produzione bellica e la disponibilità di forze russe sono al massimo, mentre le riserve ucraine sono al minimo, e i russi stanno cercando di massimizzare i loro guadagni fintanto che permane questa situazione. Questa situazione favorevole però sta cambiando con la riapertura del flusso di materiale dall’America, e la finestra di opportunità russa si sta chiudendo. Di qui l’accanimento offensivo dei russi per sfruttare gli ultimi giorni di condizioni favorevoli. Il fatto però che pur trovandosi nella posizione migliore prima che la loro produzione culmini e le risorse ucraine tornino a crescere, i russi conseguano unicamente obiettivi tattici sta a indicare come la loro organizzazione complessiva sia davvero scadente. Per questa ragione fondamentale il trend operativo non è assolutamente positivo per i russi, e contestualmente non è assolutamente negativo per gli ucraini.
Le immagini della foresta Serebryansky rendono l’idea della violenza della guerra.
Fonte : Today