Un referendum su se stessa, l’ultimo errore di Elly Schlein

“Ancora tu? Ma non dovevamo vederci più?”. È quel che è naturale chiedersi scorrendo le liste dei candidati del Pd. Dalla veterana Patrizia Toia all’inossidabile Nicola Zingaretti, i democratici non brillano certo per il rinnovamento della loro classe dirigente. Elly Schlein, che proprio in nome del rinnovamento aveva vinto le primarie, è dovuta scendere a patti con le correnti del suo partito. Dal presidente del partito e presidente dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini capolista nel Nord-Est al sindaco di Bari Antonio De Caro, secondo in lista nella circoscrizione Sud nonostante probabilmente sia stato inserito per sfuggire dal tritacarne mediatico di questi ultimi mesi.

Per la segretaria il successo e l’insuccesso dipendono non solo dal raggiungimento o meno del 20 per cento, ma anche dal numero di suoi fedelissimi saranno eletti. La sfida con la minoranza è ardua anche perché Bonaccini, Gori, Decaro e tanti altri saranno sicuramente dei formidabili portatori di voti. Come se non bastasse, c’è sempre la questione femminile. Sono state confermate Pina Picerno, Elisabetta Gualmini, Alessandra Moretti e Irene Tinagli, ma, a parte Lucia Annunziata capolista al Sud, sono poche le novità sostanziali.

In pieno stile Pd non mancano le candidature della cosiddetta “società civile” come quelle di Cecilia Strada e Marco Tarquinio che, come ampiamente previsto, hanno portato scompiglio sul tema della pace. Una parola quest’ultima di cui si è appropriato Giuseppe Conte e che dentro il Pd è quasi una bestemmia pronunciarla. Curioso, poi, che mentre l’alleanza tra verdi e sinistra scippa al Pd candidature del calibro di Ilaria Salis, Massimiliano Smeriglio, Ignazio Marino e Leoluca Orlando, il Pd presenti tra le sue fila Eleonora Evi, l’ex co-portavoce dei Verdi che alcuni mesi fa se ne andò sbattendo la porta e accusando Angelo Bonelli di patriarcato.

Un’altra new entry è Daniela Rondinelli che nel 2019 era stata eletta all’Europarlamento con il M5S per poi passare al Pd solo pochissimi mesi fa, giusto il tempo necessario per ottenere la ricandidatura. Non siamo al livello del trasformismo degli uomini e delle donne che sostengono Michele Emiliano in Puglia, ma quanto può giovare questa competizione interna al centrosinistra che si “ruba” i candidati a vicenda?

A Schlein restano in mano un pugno di mosche: Alessandro Zan in entrambe le circoscrizioni del Nord, Sandro Ruotolo, già pupillo di Michele Santoro in Rai, e l’ex sardina Jasmine Cristallo al Sud. Mancano totalmente delle candidature di peso che diano l’idea a quale politica economica si ispiri il Pd.

Mentre Conte candida Pasquale Tridico, padre dell’infausto reddito di cittadinanza, Schlein si limita ad andare a rimorchio degli alleati annunciando che firmerà il referendum della Cgil sul Jobs Act. Quale miglior modo di rendersi divisiva all’interno del partito dopo aver imposto la propria candidatura alle Europee e aver cercato di imporre persino il suo nome nel simbolo? La segretaria invoca l’unità della coalizione, ma poi non perde occasione per spaccare il suo partito.

Fonte : Today