Xi Jinping, come sta cambiando la politica estera

Prima l’incontro a Parigi con il presidente francese Emmanuel Macron. Poi, riceverà la terza visita di quello russo, Vladimir Putin. Dal punto di vista diplomatico Xi Jinping, il presidente cinese, si appresta a vivere un autentico tour de force. A cominciare proprio dal primo viaggio in Europa dopo cinque anni, in uno scenario geopolitico completamente diverso rispetto a quello che accolse Xi nel 2019. Infatti dalla guerra in Ucraina in avanti, la politica estera di Pechino ha attraversato nuove sfide. E come spesso accade, il Partito comunista ha cercato di trasformare alcune difficoltà in nuove opportunità. Questo nonostante la vicinanza con la Russia, che mette a repentaglio i rapporti con l’Europa e le nuove tensioni globali, dall’Asia al Pacifico, dove Pechino prova a cementare il suo ruolo all’interno (o al di sopra) del cosiddetto Sud globale.

Il crescente pressing occidentale per recidere almeno in parte i legami con Mosca ha portato Pechino a rispondere con una politica estera più attiva. Il principio di “non interferenza negli affari interni degli altri paesi” resta sempre la stella polare, quantomeno a livello ufficiale. Ma, nel corso del 2023 la Cina ha rivisto le proprie idee a livello internazionale, aggiungendo alla cosiddetta “diplomazia dei lupi guerrieri” del suo ministero degli Esteri, una posizione che va verso una direzione che la vedrebbe come potenza garante di stabilità e responsabile. In questo senso vanno letti i documenti di posizionamento sulla guerra in Ucraina, le proposte per risolvere la questione palestinese, i manifesti sulla sicurezza globale e sull’umanità dal futuro condiviso, un mantra che Xi utilizza sin dal lancio della Belt and Road Initiative (la Nuova Via della Seta) nel 2013.

I rapporti con l’Europa

Nello schema diplomatico di Xi, l’Europa continua a rivestire un ruolo importante. Sia dal punto di vista commerciale, sia dal punto di vista politico. Lo dimostra il tentativo fatto da Pechino, tra il 2016 e il 2020, di inserimento nella divaricazione che si era creata tra il Vecchio Continente e gli Stati Uniti durante la prima presidenza Trump. Negli anni seguenti, gli ostacoli si sono moltiplicati. Il ritiro di Angela Merkel ha lasciato Pechino senza un interlocutore altrettanto forte e capace di mantenere i rapporti bilaterali.

Da questo si arriva alla guerra in Ucraina, dove il timore di un crescente allineamento sino-russo sta rendendo più difficili i colloqui, anche se, al momento, i singoli paesi europei continuano a voler mantenere un canale aperto dal punto di vista commerciale. Lo dimostrano, tra le altre cose, la seconda visita in Cina in un anno e mezzo del cancelliere tedesco Olaf Scholz, ma anche il tentativo del governo Meloni di confermare e ampliare la collaborazione economica nonostante l’abbandono della Nuova Via della Seta.

Fonte : Wired