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Mentre il Parlamento discute la legge filo-russa sugli “agenti stranieri”, in Georgia i leader governativi tuonano contro “il partito della guerra dell’Occidente collettivo” e le proteste di piazza si moltiplicano. L’ex ambasciatrice di Tbilisi a Bruxelles, Natalie Sebanadze, a Fanpage.it: “Situazione pre-rivoluzionaria. In gioco la libertà e il sogno di entrare nell’Ue”.
Da oltre due settimane decine di migliaia di manifestanti sfidano lacrimogeni e cannoni ad acqua nelle strade di Tbilisi. Ultimamente hanno dovuto sfidare anche uomini schierati con i poliziotti ma senza divisa e molto maneschi. Somigliano parecchio ai titushki che menavano chi protestava durante la rivolta di Euromaidan, nel 2014 in Ucraina. “Le affinità tra quel che sta succedendo oggi in Georgia e quel che successe allora a Kyiv sono molte”, dice a Fanpage.it Natalie Sebanadze. Secondo cui “il clima è pre-rivoluzionario e ad essere in gioco è la libertà della Georgia”.
Come nel 2014 a Kyiv, in questi giorni a Tbilisi il Parlamento viene spinto ad approvare leggi considerate “dittatoriali” da chi le contesta in piazza, con le bandiere dell’Europa e al suono dell’Inno alla gioia. La legge impedirebbe alle Ong e ai media di avere finanziamenti di qualsiasi tipo dall’estero. È una fotocopia della legge russa sugli “agenti stranieri”, servita al regime di Vladimir Putin per stroncare l’opposizione dopo la paura di una “rivoluzione colorata” a Mosca nel 2012.
Una sfida diplomatica con gli Usa e un discorso del vero padrone della politica georgiana, il miliardario Bidzina Ivanishvili, hanno decretato l’accelerazione improvvisa di “una svolta drastica in senso anti-occidentale e filo-russo”. A questo punto “anche il processo di adesione all’Ue potrebbe essere in dubbio”, spiega Sebanadze. Il sogno europeo che la Georgia ha da quando si rese indipendente dall’impero zarista un secolo fa — prima di cadere sotto l’Urss — sembrava vicino a realizzarsi: Bruxelles ha accettato la candidatura ufficiale, dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Ma il sogno rischia di svanire “a causa dell’involuzione autoritaria del partito di governo”. Che, paradossalmente, si chiama Sogno Georgiano.
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Natalie Sebanadze è stata per otto anni ambasciatore della Georgia a Bruxelles e capo della missione georgiana presso l’Ue. Si è dimessa dalla carriera diplomatica in disaccordo con il cambiamento della politica del suo governo. Attualmente svolge attività accademica a Londra, dove è ricercatrice presso il Royal Institute of International Affairs, comunemente noto come Chatam House.
Natalie Sebanadze.
Ambasciatore Sebanadze, far parte dell’Europa è forse l’unico vero “sogno georgiano”. Ora la porta è aperta. Il vostro governo potrebbe richiuderla, come fece il governo Yanukovich alla fine del 2013 in Ucraina?
“La volontà di entrare nell’Ue è un obbligo costituzionale. È la priorità in ogni singolo documento della nostra politica estera. L’80 per cento della popolazione è favorevole. Perciò, nessun partito dichiarerà mai un’inversione di rotta. Sarebbe un suicidio politico. Il governo mantiene una facciata di europeismo. Ma in realtà c’è un drastico cambiamento in senso anti-occidentale e quindi anti-europeo. Qualcosa di completamente nuovo, per il nostro Paese. E sì, temo che la porta per l’Europa possa alla fine restare invalicabile”.
Lei sa quanto è stato difficile aprirla, quella porta…
“Come ambasciatore della Georgia a Bruxelles, per otto anni ho bussato incessantemente. Non si è mai aperto nemmeno uno spiraglio. Per l’Ue eravamo periferia. E c’erano di mezzo i rapporti con la Russia. Con i recenti sconvolgimenti nella politica internazionale, finalmente è stata ufficializzata la nostra candidatura. Dobbiamo ringraziare il sacrificio degli ucraini. Adesso, però, quegli stessi sconvolgimenti influiscono in modo negativo. Il governo, anziché spingere per la legislazione per negoziare l’adesione all’Ue, vuole leggi direttamente ispirate dalla Russia di Putin. Il sistema sta diventando autoritario. Siamo ormai un “regime ibrido”. Sempre meno compatibile con gli standard europei. Bruxelles potrebbe lasciare la candidatura in sospeso all’infinito”.
Perché il governo ripropone adesso la legge sugli “agenti stranieri”? L’anno scorso fu costretto a ritirarla. Non si aspettava forse una reazione popolare ancor più forte?
“Il momento è perfetto: in ottobre ci saranno le elezioni. Il partito al potere teme di non essere in grado di vincerle senza brogli. Ma sa bene che a fronte di brogli la società civile reagirebbe. Quindi, una legge che colpisca le organizzazioni che monitorano i diritti civili, è un toccasana, per chi comanda. Meglio creare la crisi politica adesso, sei mesi prima del voto. E avere il tempo per far tabula rasa della resistenza”.
C’è un collegamento tra questa legge stile-Putin e gli sviluppi favorevoli alla Russia della guerra in Ucraina? C’entra qualcosa l’offensiva globale contro l’Occidente?
“È il momento più favorevole per una stretta autoritaria e una scelta anti-occidentale. Vent’anni fa sarebbe stato impensabile, perché l’Occidente era forte. Invece ora la percezione di debolezza è dilagante. Si ritiene possibile un’alternativa. Si guarda alla Cina come partner economico e alleato politico (la Georgia ha firmato una partnership strategica con la Cina, ndr). Si vede la Russia sfidare la Nato e guadagnar terreno in Ucraina. L’alternativa illiberale appare realistica”.
La Georgia sta diventando parte dell’alleanza anti-Occidentale?
“Ci stiamo avvicinando alla Russia. I recenti sviluppi sullo scacchiere internazionale sono stati un vettore per cambiamenti rapidi e profondi della politica estera georgiana. Che era ostinatamente filo-occidentale. Ci abbiamo rimesso il 20 per cento del nostro territorio, ad essere filo-occidentali (nel 2008, la Russia ha occupato le regioni secessioniste dell’Abkhazia e dell’Ossezia del Sud: i missili di Mosca sono oggi a 40 km da Tbilisi, ndr).
Il vostro primo ministro ha accusato gli Usa di aver tentato di organizzare colpi di stato a Tbilisi. Solo retorica? O la Georgia è disposta a rompere le relazioni diplomatiche con Washington?
“È stata la risposta alla richiesta Usa di ritirare la legge sugli “agenti stranieri”. Ed è un copia e incolla della narrativa di Mosca sulle proteste di Tbilisi nel 2022, nel 2023 e oggi. Non è solo retorica: gli Usa hanno invitato per due volte a consultazioni al massimo livello il primo ministro georgiano, e per due volte l’invito è stato respinto”.
Le accuse a Washington ricalcano quelle di Mosca per Euromaidan. Vede altre affinità, tra la situazione attuale da voi e quella del 2013-2014 in Ucraina?
“Le somiglianze sono molte. Si tratta in entrambi i casi di una forte mobilitazione partita dal basso. Sono soprattutto giovani. Che rifiutano ogni gioco politico. Nessun partito è riuscito a cavalcare la protesta per i suoi fini. È una rivoluzione della Generazione Z. Ragazzi che non hanno mai conosciuto l’Urss e il comunismo. Cresciuti in una Georgia libera. Per i quali quel che sta accadendo è inconcepibile. Un secondo punto che richiama a Euromaidan è il fatto che entri in gioco l’integrazione con l’Europa. E c’è una terza affinità: il tentativo di imporre leggi che arrivano da Mosca (nel gennaio del 2014 il “proconsole” di Putin per l’Ucraina Vladislav Surkov portò a Kyiv leggi repressive fotocopia di quelle già introdotte in Russia. Tra queste, proprio la legge sugli “agenti stranieri”, ndr).
Chi critica i manifestanti georgiani ricorda che gli Usa, per esempio, hanno una legge sugli agenti stranieri fin dal 1938.
“Il Foreign Agent Registration Act statunitense riguarda il lobbying politico aperto in un Paese in cui vigono divisione e bilanciamento dei poteri, oltre a un controllo costituzionale diffuso. La legge Usa si rivolge ai Paesi ostili. In Russia, la normativa è stata invece utilizzata per reprimere il dissenso. La legge che il governo georgiano vuole far approvare ha le stesse motivazioni”.
L’eminenza grigia di questo vostro “regime ibrido”, come lei l’ha definito, è un oligarca russo. O meglio, è un georgiano che ha fatto miliardi nella Russia banditesca degli anni ’90: Boris “Bidzina” Ivanishvili, ex presidente di Sogno Georgiano. Come giudica il suo recente discorso contro il “partito globale della guerra”? L’ “Occidente collettivo” che — dice lui — fomenta le rivoluzioni colorate e vuol “togliere la sovranità” alla Georgia?
“Scioccante. Erano anni che Ivanishvili non parlava. E ha fatto un discorso che poteva esser stato scritto dal filosofo ultranazionalista russo Dugin. Idee folli. Perlomeno è stato onesto: lui che normalmente preferisce stare nell’ombra ha fatto capire chi è davvero”.
Quanto conta Ivanishvili nella politica ucraina?
“Prende ogni decisione. È certamente l’uomo principale della svolta anti-occidentale in atto. È all’origine di ogni scelta politica”.
È un uomo di Mosca? Chi conosce le dinamiche del Cremlino dubita che l’abbiano fatto rientrare in Georgia con tutti quei soldi senza una “missione”. Magari sotto il ricatto di qualche documento compromettente. Lei come la vede?
“Con sospetto. Sicuramente deve molto alla Russia di Putin. Ma è tornato da anni. Forse adesso ha fretta di agire perché ha bisogno di assicurare risultati? Forse si sente minacciato? Solo lui lo sa”.
La Georgia oggi è un Paese indipendente?
“La svolta anti-occidentale è molto sospetta. Anche perché è rischiosa per lo stesso partito governativo: si è creata una situazione pre-rivoluzionaria. Potevano benissimo comportarsi “alla Orban” e rincorrere l’autoritarismo senza sbilanciarsi troppo. Sulla possibilità che la scelta sia stata eterodiretta però si può solo speculare”.
La Georgia è ancora una democrazia?
“Sta diventando un regime. Non è mai stata una democrazia compiuta. Ma un Paese libero sì. Con media indipendenti e una società civile vivace. Una specie di “democrazia rivoluzionaria”. Ma la legge sugli “agenti stranieri” con ciò che comporta può essere la fine della Georgia libera”.
Che dovrebbe fare l’Europa?
“Pressioni diplomatiche, restrizioni anche finanziarie, dichiarazioni politiche chiare. I manifestanti non capiscono perché non li difenda prendendo una posizione più dura. Perché chi scende in piazza a Tbilisi l’Europa la ama veramente. Il contrario di quanto avviene dove i partiti anti-Ue spopolano. Quello di diventare euroscettici è un lusso riservato a chi nell’zUe ha potuto entrarci”.
Fonte : Fanpage