Arriva il motore di ricerca di ChatGPT: davvero Google dovrebbe preoccuparsi?

La competizione nel settore delle ricerche online potenziate e aiutate dall’intelligenza artificiale si fa sempre più serrata, e presto in campo potrebbe scendere anche OpenAI con ChatGPT. Molto presto, stando a quanto si legge online e sui social network: un annuncio in tal senso sarebbe atteso intorno al 9 maggio.

La notizia è in qualche modo confermata anche dai costanti investimenti di Microsoft nella società di Sam Altman, un fiume di denaro che dovrebbe permettere all’unione fra Bing e la nota IA generativa di dare fastidio a Google nel suo principale terreno di gioco. Con parecchia intensità sulla parola dovrebbe, perché il compito è tutt’altro che semplice.

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Gli esempi di Gen AI Search

A dare ulteriore forza alle indiscrezioni c’è il fatto che sia stata confermata la registrazione del dominio search.chatgpt.com, che numerose persone abbiano appunto parlato del 9 maggio come data di rilascio e soprattutto il fatto che, anche in questo momento, il sito non dia il tradizionale messaggio di Errore 404 che viene fuori quando si digita nel browser un indirizzo totalmente sbagliato ma restituisca la scritta Non trovato. Cioè come se la pagina fosse presente ma non ancora accessibile.

Del resto, era altamente probabile che si andasse in questa direzione e che Microsoft, il principale finanziatore di OpenAI, cercasse di fare fruttare gli investimenti per (provare a) rafforzare la propria posizione nel campo dei motori di ricerca e per rosicchiare un po’ di spazio a Google. Già oggi, il settore della cosiddetta Gen AI Search, cioè appunto la ricerca fatta con l’aiuto dell’IA generativa, non manca di aziende in grado di fare sentire la propria voce: se la versione gratuita di ChatGPT limita la sua conoscenza a gennaio 2022, quella a pagamento non ha questo difetto, Perplexity (che abbiamo provato e funziona molto bene) permette di fare ricerche online e ricevere risposte basate anche sull’attualità e la stessa Google consente a Gemini (che prima si chiamava Bard) di trovare online conferme o smentite delle sue risposte.

Le non risposte della versione free di ChatGPT su Vannacci e Hamas
La risposta molto accurata della versione Premium di ChatGPT su Hamas

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4 motivi per cui le IA non uccideranno Google

L’azienda di Mountain View non fa solo questo: in quella che chiama Search Generative Experience raggruppa alcune funzionalità sperimentali (che in parte si possono provare anche in Italia) in cui l’IA è pesantemente integrata nella ricerca e anzi funziona quasi da fondamento.

Questa è una delle ragioni per cui è decisamente difficile, almeno nel medio periodo, prevedere che un colosso come Google possa essere abbattuto dai motori di ricerca potenziati dalle IA: è parecchio attivo anche qui e non sta certo a guardare quello che fanno gli altri. Non ha una strategia attendista, contrariamente a quello che si legge spesso sui social network.

Ci sono altri motivi: il primo è legato alla natura stessa delle ricerche online, che sono ben diverse dalle domande che si rivolgono generalmente a una IA conversazionale. Si dividono sostanzialmente in 3 grandi gruppi: di navigazione, informative, esplorative. Le prime consistono semplicemente nello scrivere nella barra di ricerca il nome del sito verso cui si vuole essere indirizzati (amazon, gmail, facebook, twitter, libero, walmart e così via) e sono la stragrande maggioranza di quello che le persone fanno su Google: le prime 20-30 parole cercate in tutto il mondo tutti i giorni sono solo navigation query. Su queste, la velocità e l’efficienza di Google sono ancora inarrivabili per qualsiasi IA, così come nelle information query (che tempo farà domani, com’è finita la partita, che ore sono, quanti anni ha un’attrice o un attore). Rimangono le domande esplorative o che non hanno una risposta univoca, come cosa vedere a Genova, come fare il nodo alla cravatta o quali sono i migliori film della storia, in cui le IA sono solitamente molto brave. Anche se restano una percentuale minuscola delle ricerche che le persone fanno davvero.

Un altro motivo è che Google è sinonimo di motore di ricerca ma non è solo un motore di ricerca: è anche (se non soprattutto) una concessionaria pubblicitaria. Una macchina da soldi per quanto riguarda advertising e inserzioni: nei primi 3 mesi del 2024, soltanto dalla pubblicità, Google ha incassato oltre 46 miliardi di dollari, cioè più o meno 20 milioni ogni ora. Di più: nello stesso periodo, le entrate derivanti dalla pubblicità sono cresciute del 14% anno su anno, quelle dagli annunci su YouTube di quasi il 21% e gli abbonamenti di un altro 18%. Insomma: se anche Google perdesse terreno nella ricerca, ne avrebbe ancora più che abbastanza per non essere in difficoltà.

È un se bello grosso, e l’ultimo motivo è che è onestamente difficile immaginare che l’azienda di Mountain View possa perdere terreno in tempi rapidi, visto l’abisso che separa il suo motore di ricerca dagli altri motori ricerca: oggi, Google ha circa l’82% del mercato, contro l’11% di scarso di Bing. Sì, ha perso 3-4 punti fra fine 2023 e inizio 2024, ma resta ancora quasi 8 volte più grande. Davvero pensiamo che alla concorrenza bastino un paio di funzionalità e trucchi con le IA (per rispondere a ricerche che le persone comunque non fanno o fanno molto poco) per colmare questo oceano di distanza?

@capoema

Fonte : Repubblica