Negli ultimi due anni le milioni di persone che nel Regno Unito hanno cercato video pedopornografici su Pornhub sono state fermate. Quando un utente ha digitato parole o espressioni riconducibili ad abusi su minori – ed è successo 4,4 milioni di volte – un pop-up ha bloccato la pagina sul sito, segnalando che il contenuto cercato era illegale. E nella metà di questi casi, un chatbot ha indicato alle persone dove rivolgersi per cercare aiuto. Pornhub ha messo in campo entrambi gli strumenti – i messaggi e il chatbot – nel quadro di un programma sperimentale, condotto in collaborazione con due organizzazioni britanniche si occupano di tutela di minori. L’obiettivo era capire se fosse possibile dissuadere le persone dalla ricerca di materiale illegale con interventi leggeri. Un rapporto pubblicato a febbraio ha poi analizzato i risultati del test, evidenziando che i pop-up hanno effettivamente portato a una diminuzione del numero di ricerche di materiale pedopornografico (Csam) e spinto decine di persone a cercare supporto per il loro comportamento.
“Il numero di ricerche è davvero spaventoso“, afferma Joel Scanlan, docente presso l’Università della Tasmania, che ha guidato la valutazione del chatbot di Pornhub, ribattezzato reThink. Durante la sperimentazione sono stati mostrati 4.400.960 avvisi in risposta a ricerche collegate a materiale pedopornografico sulla versione britannica della piattaforma (nel 99% dei casi le ricerche effettuate durante il test non hanno generato avverimenti). “C’è stata una riduzione significativa nel numero di ricerche durante l’intervento – afferma Scanlan –. Quindi i messaggi di deterrenza funzionano”.
Ogni anno sul web vengono individuati e rimossi milioni di immagini e video pedopornografici. Questo tipo di materiale viene condiviso sui social media, scambiato in chat private, venduto sul dark web e in alcuni casi caricato su siti di pornografia legale. E anche se non consentono contenuti illegali sulle loro piattaforme, l’efficacia delle aziende tecnologiche e di quelle pornografiche nel eliminarli è altalenante. Nel caso di Pornhub, nel 2020 il sito ha rimosso circa 10 milioni di video pedopornografici o comunque problematici dopo la pubblicazione di una pesante inchiesta del New York Times .
La piattaforma di video per adulti controllata da Aylo, l’ex MindGeek, utilizza un elenco di 34mila termini vietati, in diverse lingue e con milioni di combinazioni, per bloccare le ricerche di materiale pedopornografico, come riferisce un portavoce della società. È uno dei modi in cui Pornhub cerca di combattere il materiale illegale, continua il portavoce, e fa parte degli sforzi messi in campo dall’azienda per garantire la sicurezza degli utenti, dopo anni di accuse per aver dato spazio a contenuti incentrati sull’abuso di minori e video non consensuali.
La sperimentazione di Pornhub
Il chatbot di Pornhub è stato progettato e sviluppato dalla Internet Watch Foundation (Iwf), un’organizzazione no-profit che si occupa di rimuovere contenuti pedopornografici dalla rete, e dalla Lucy Faithfull Foundation, un’associazione benefica per la prevenzione degli abusi sessuali sui minori. Il sistema è intervenuto insieme ai messaggi di avvertimento per un totale di 2,8 milioni di volte nel corso del test. Dal momento che la sperimentazione ha conteggiato il numero di sessioni su Pornhub senza cercare di identificare gli individui coinvolti, è possibile che alcuni utenti siano stati contati più volte. Il rapporto evidenzia però la “diminuzione significativa” delle ricerche di contenuti Csam su Pornhub, favorita almeno “in parte” dagli strumenti introdotti dal sito.
Fonte : Wired