Violenza tra pari e cyberbullismo: come gestirli? L’intervista al commissario della Polizia

Secondo uno studio di inizio 2024 di Save The Children e Ipsos, che ha coinvolto 800 minori tra i 14 e i 18 anni, il 28 per cento dei ragazzi e delle ragazze dichiara di aver scambiato almeno una volta video o foto intime con il proprio partner o con persone verso le quali aveva un interesse, nonostante più della metà pensi che chi invia foto intime accetti sempre i rischi che corre, compreso quello che le foto possano essere condivise con altri.

Un adolescente su dieci, inoltre, ha ammesso di aver condiviso almeno una volta, foto o video intimi della persona con cui aveva una relazione senza il suo consenso esplicito. Inoltre il sondaggio dimostra l’esistenza di una percentuale considerevole di giovani che tende a normalizzare gli stereotipi di genere e i comportamenti abusivi.

Gli adolescenti sono consapevoli ma non preparati, nel senso che sanno cosa sia la violenza di genere, ma lì per lì non saprebbero riconoscerla, come gestire le situazioni e che strumenti usare. In più non si fermano a riflettere: dai 12-14 anni, con il web entrano in un mondo per loro fantastico dove le loro relazioni umane (anche se digitali, ndr) si moltiplicano, tutto va velocissimo e dove la sensazione è che non ci sia tempo per fermarsi e pensare prima di compiere un’azione. Questo rende sia il bullismo che la condivisione di qualsiasi tipo di foto o contenuto, facile e immediata”, commenta Marco Luciani, ufficiale della Polizia Locale di Milano specializzato in crimini informatici e violenza tra pari. E aggiunge: “Pensiamo a ciò che è successo qualche anno fa a Manduria: quasi 20 ragazzi avevano preso di mira un pensionato con problemi psichici, indifeso. Da un anno lo bullizzavano sui social e nessuno si era accorto di nulla. Il tutto è trapelato solo quando la vittima è stata uccisa. Tutti parlano di studenti tranquilli, che provenivano da famiglie normali”. Ma, appunto, nessuno si era accorto di niente. “Ecco perché il dialogo in famiglia è fondamentale. Ecco perché i genitori devono stare al passo, seguire i figli sui social network invece di esercitare un iper controllo nella vita reale”, aggiunge il commissario.

Dialogo e studio

“Un giorno una madre mi ha chiesto: ho trovato mia figlia minorenne che si filmava mentre si masturbava e mandava il video a un coetaneo di Palermo, che faceva la stessa cosa, cosa faccio? – racconta ancora Luciani -. Fatti come questo sono all’ordine del giorno. Anche la loro sessualità passa dal web. Il punto è che spesso, poi, questi video vengono usati per ricattare una volta che i due litigano o si lasciano. Anche di questo bisogna parlare, far capire ai ragazzi che il corpo non va mercificato, indurli a riflettere prima di condividere, che sia un insulto a qualcuno o che sia una propria foto o video intimi”.

Altro imperativo è restare aggiornati: “Usare gli stessi social che usano i nostri figli e seguirli, dicendoglielo. Se un ragazzo non posta nulla farsi delle domande: sappiamo che ci sono modi per non far vedere i post ad altri utenti”.

E se succede qualcosa? “In caso di episodi di cyberbullismo è importante segnalarlo, anche solo al dirigente scolastico: contrariamente a ciò che si pensa in Italia le scuole e i dirigenti sono molto attenti e preparati su questi argomenti e possono supportare e consigliare le famiglie – dice ancora il commissario – inoltre è importante non farne un dramma e ricordare che molti episodi come sono accaduti, passano velocemente. Continuare a parlarne a volte non fa che dare maggiore risonanza. Ovviamente, se parliamo di reati, denunciare è d’obbligo”.

Triste è bello

Un’altra tendenza che l’esperto segnala è quella della diffusione di “fake news” su se stessi per sembrare – paradossalmente – problematici. “Sono costantemente esposto ai device degli adolescenti e raramente trovo qualcosa di allegro, positivo – conclude l’esperto – ; una madre un giorno mi ha raccontato che il figlio adolescente scriveva nelle chat che i suoi genitori erano degli alcolisti, ma non era vero. I ragazzi crescono giocando a videogames violenti già da piccoli (Call of Duty, per esempio, sarebbe vietato ai minori, ndr) guardando serie come Mare Fuori, dove in 18 puntate non vedi mai un ragazzo sorridere, è tutto un dramma. Viviamo in un mondo in cui per i giovani essere sfigati fa quasi figo, un mondo superficiale in cui il sogno è diventare influencer senza doversi impegnare. Un mondo in cui i musicisti sono i trapper che non devono studiare musica per diventare famosi. Anche su tutto questo le famiglie giocano un ruolo fondamentale: parliamogli e facciamoli riflettere”.

Fonte : Repubblica