L’ex M5S alla corte di Pechino: cosa ci insegna il caso Liuzzi-Huawei

Finita l’attività politica, si può optare per una carriera nella comunicazione. È quello che deve aver pensato Mirella Liuzzi, ex deputata del Movimento 5 Stelle ed ex sottosegretaria al ministero per lo Sviluppo economico con il governo Conte II, che ha recentemente assunto l’incarico di consulente strategica per i progetti di marketing e di comunicazione per Huawei. Ad annunciarlo è stata la stessa Liuzzi in un post su Linkedin.

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I problemi con Huawei

Del colosso cinese che realizza sistemi di telecomunicazione e smartphone si è parlato molto e se ne parla ancora. L’azienda della Repubblica popolare è da anni sottoposta a restrizioni commerciali da parte degli Stati Uniti, per ragioni di sicurezza nazionale.

Il timore di molti governi occidentali è che la società di Shenzhen, che fornisce infrastrutture per l’ultima generazione di comunicazioni mobili, il 5G, possa essere un cavallo di Troia per il Partito comunista cinese. Da Washington l’allarme è arrivato a Bruxelles. Nel 2020, la Commissione europea ha pubblicato delle raccomandazioni per invitare i Paesi membri a proteggere le reti 5G dai fornitori ad alto rischio. Secondo la Commissione, “miliardi di oggetti e sistemi connessi sono coinvolti, inclusi settori critici come l’energia, i trasporti, le banche e la salute” e “un Paese terzo ostile potrebbe esercitare pressione sui fornitori 5G al fine di facilitare cyberattacchi che servano i loro interessi nazionali”. Ma ora la Commissione vuole andare oltre. Il commissario europeo al Mercato interno, Thierry Breton, ha recentemente paventato la messa al bando dell’azienda cinese, constatando la lentezza dei governi nell’applicare le misure raccomandate nel 2020.

Il golden power durante il governo Draghi

In Italia qualcosa si è mosso durante il governo Draghi. L’ex capo della Banca centrale europea, allora alla guida dell’esecutivo italiano, ha nel 2022 applicato il golden power (poteri speciali) sui piani di sviluppo di Tim e Vodafone, per escludere gradualmente Huawei e Zte dalle infrastrutture, in favore di Ericsson, di Nokia e di alcuni fornitori statunitensi. 

Il golden power esiste per salvaguardare gli assetti proprietari delle società operanti in settori reputati strategici e di interesse nazionale. La legge prevede poteri speciali esercitabili nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché di taluni ambiti di attività definiti di rilevanza strategica nei settori dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni. Per poteri speciali (golden power) si intendono, tra gli altri, la facoltà di dettare specifiche condizioni all’acquisito di partecipazioni, di porre il veto all’adozione di determinate delibere societarie e di opporsi all’acquisto di partecipazioni.

Draghi applica il golden power sul 5G

Le due aziende italiane, che sono state per anni ottimi clienti del gruppo cinese concedendo il 51 per cento delle infrastrutture nelle mani di Huawei e Zte, hanno dovuto quindi fare un passo indietro. Il risultato? Hanno ridotto la presenza del gruppo cinese dalle reti e in particolare dalle apparecchiature per le reti di accesso radio (Ran).

La fascinazione di Liuzzi per Huawei

All’ex funzionaria del governo Conte II sembra non sia arrivato l’allarme che è scattato tanto a Washington, quanto a Bruxelles. Liuzzi, che dal 2013 al 2022 è stata deputata del Movimento 5 Stelle, è sempre stata affascinata da Huawei. Tanto che nel settembre 2018, poco dopo aver lasciato l’incarico segretaria del gruppo parlamentare, occupandosi in particolare di telecomunicazioni (marzo 2018), è intervenuta al Huawei 5G Summit dedicato alle potenzialità della connettività 5G. Poi la parentesi come sottosegretaria di Stato presso il ministero dello Sviluppo economico dal 2019 al 2021, nel governo Conte II. Come sottosegretaria al Mise, Liuzzi ha seguito anche il dossier 5G, proprio uno dei principali settori di interesse di Huawei.

Fonte : Today