Quando si parla di ponte sullo Stretto di Messina non si può non menzionare Pietro Ciucci. Negli anni 2000 c’è sempre stato lui alle fondamenta dell’opera da anni annunciata, ma mai realizzata, come amministratore delegato della Stretto di Messina S.p.A., la società incaricata dallo Stato per la costruzione del “collegamento stabile tra Sicilia e Calabria”. Ma questo è solo l’ultimo incarico di Ciucci che, durante la sua carriera, si è spesso trovato ai vertici di enti e istituzioni economiche tra le più importanti in Italia, con una spiccata attitudine nel gestire per conto dello Stato il settore delle opere pubbliche portando sempre a termine la missione assegnata. E non sono mancati alcuni inconvenienti, tra viadotti crollati, indagini della Corte dei Conti e uscite di scena costose per lo Stato. Ora manca l’ultima: il ponte tanto sponsorizzato da Matteo Salvini.
Vita e opere (pubbliche) di Pietro Ciucci: la biografia
Il curriculum di Pietro Ciucci depositato alla Stretto di Messina mostra due pagine dense di esperienze nel settore pubblico. Già nel 1969, a 19 anni, inizia la carriera in Società Autostrade in cui lavorerà in totale 45 anni. Dal 1985 è stato infatti direttore centrale finanza e successivamente condirettore generale responsabile per l’area amministrazione, finanza, pianificazione e budget.
Dopo aver accompagnato la quotazione in borsa di Autostrade sotto il governo Craxi, nel 1987 Ciucci diventa direttore finanziario dell’Istituto per la ricostruzione industriale (Iri), l’ente pubblico che nel secondo dopoguerra ha assicurato la presenza dello Stato nel tessuto economico e finanziario italiano. E sotto la presidenza di Romano Prodi, Ciucci si immerge in quel tessuto, tra salvataggi e una serie di incarichi collaterali per privatizzare aziende con un “controvalore complessivo – come scrive lui stesso nel suo curriculum – dell’ordine di 60 miliardi di euro”. Proprio il 1987 è il primo anno in cui l’Iri riporta il bilancio in utile dopo più di un decennio. Così, negli anni Ciucci ha rivestito il ruolo di:
- Vicepresidente della Banca di Roma;
- Consigliere di amministrazione di Alitalia e Rai;
- Consigliere di Banca commerciale italiana, Credito italiano, Società finanziaria telefonica (Stet), Aeroporti di Roma, Autostrade Spa, Finmeccanica e Società meridionale di elettricità (Sme).
Ma è nel 2002, da cavaliere della Repubblica, che inizia la storia di Pietro Ciucci come “uomo del Ponte”, dopo la sua nomina ad amministratore delegato della società Stretto di Messina S.p.A. per volere del governo di Silvio Berlusconi. In quegli anni vengono poste le fondamenta del progetto, poi fatto naufragare dal successivo governo di Mario Monti, che fa ancora da base a quello riavviato dal governo Meloni e chiamato “definitivo”.
Ecco quindi il ritorno nelle autostrade grazie a Romano Prodi e al ministro delle Infrastrutture, Antonio Di Pietro, con vari incarichi in Anas dal 2006 al 2015, fino a quando non riunisce nella sua persona la tripla carica di amministratore delegato, presidente e direttore generale della società.
“Sotto la sua gestione – si legge nel curriculum – l’Anas è tornata a essere la prima stazione appaltante del Paese e nel 2008 ha raggiunto, per la prima volta nella sua storia di società per azioni, l’utile di bilancio”. Tra le tante cose, Ciucci è anche stato “collaudatore” del Mose di Venezia. Ma non è stata la cosa più sorprendente capitata in quegli anni.
Tra viadotti crollati, risarcimenti e buonuscite milionarie fino al ponte sullo Stretto: la parabola di Ciucci
Nelle principali rivoluzioni dell’economia italiana, tra privatizzazioni, salvataggi statali e grandi opere, Ciucci c’è sempre stato. Ma non sono mancati i momenti di tensione e polemica. Tra il 2014 e il 2015 una serie di crolli sulle autostrade ha messo sotto pressione Anas. I più eclatanti in Sicilia e Calabria: a dicembre 2014 un pilone ha ceduto rendendo inutilizzabile il viadotto “Scorciavacche” sulla statale Palermo-Agrigento. Il ponte era stato inaugurato appena una settimana prima. A marzo un altro crollo, sulla Salerno-Reggio Calabria, in cui un operaio perse la vita. Poi, ad aprile, il crollo del viadotto “Himera”, sulla Palermo-Catania.
Pochi giorni dopo il cedimento del viadotto Himera Ciucci presentò le dimissioni dalla carica di presidente, comunicandole all’allora ministro dei Trasporti del governo Renzi, Graziano Delrio. Per il crollo dello “Scorciavacche” – riaperto al traffico dopo 9 anni – Ciucci resta ancora oggi imputato per “induzione a dare o promettere utilità”. Secondo l’accusa, si procedette lo stesso con l’inaugurazione e l’apertura al transito del viadotto senza averlo prima collaudato.
Due anni prima, Ciucci aveva rinunciato a un’altra carica di Anas, quella di direttore generale, per andare in pensione. Come si legge nei documenti aziendali diffusi all’epoca dal Fatto Quotidiano, dalla rinuncia aveva ricavato una buonuscita di oltre 1,8 milioni di euro, di cui una grossa parte era rappresentata dall’indennità di “risoluzione senza preavviso” da quasi 780mila euro. Formalmente, la richiesta fu presentata – senza preavviso – da Ciucci a se stesso perché al contempo amministratore delegato, presidente e direttore generale.
L’uomo del Ponte ha fatto anche parte del comitato di collaudo per il Mose di Venezia: come si vede dall’elenco dei compensi dei collaudatori – foto sotto – pubblicato dalla Commissione bicamerale di inchiesta “sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse”, per Ciucci era previsto un compenso di 762.437,01 euro, di cui 555.170,65 fatturati (al 31 maggio 2015).
Ciucci è stato sotto i riflettori anche per alcune indagini della Corte dei conti da cui è uscito sempre indenne. Nel 2019, in quanto amministratore delegato di Anas, gli veniva contestata la proroga senza gara della concessione al gruppo Atlantia, di proprietà della famiglia Benetton, per la gestione dell’autostrada Valdastico, tra Veneto e Trentino. Curiosità: le indagini partirono dopo un esposto a firma di Lucio Malan, all’epoca in Forza Italia, oggi capogruppo dei senatori di Fratelli d’Italia. Per la vicenda il danno erariale quantificato era di circa 600 milioni di euro, di cui 160 addebitati come danni ai rappresentanti di Anas, tra cui Ciucci. Ma, come si legge nella sentenza del 2021, quanto gli veniva contestato cade in prescrizione. Stessa sorte per il procedimento su un lotto della Salerno-Reggio Calabria, per cui erano stati chiesti 1,8 milioni di euro solo all’amministratore delegato. Abbiamo contattato la Stretto di Messina per chiedere un commento diretto dell’amministratore delegato Pietro Ciucci sui fatti, ma alla data di pubblicazione non abbiamo ancora ricevuto risposta.
Ciucci e il deja vu Stretto di Messina: (ri)ecco l’uomo del Ponte
Eccoci quindi al 2023 con il ritorno alla Stretto di Messina. Subito dopo le elezioni, il governo Meloni ha riavviato il progetto di Berlusconi per costruire il ponte rimettendo tutto nelle mani di Pietro Ciucci. Con lui la Stretto di Messina risorge dalle ceneri della liquidazione – decisa dal governo Monti – per completare il progetto definitivo in attesa delle autorizzazioni mancanti. Gli attori che costruiranno il ponte sullo Stretto sono gli stessi di 22 anni fa:
- Stretto di Messina Spa;
- Consorzio Eurolink.
La Stretto di Messina, società concessionaria dello Stato per la costruzione del “collegamento stabile viario e ferroviario fra la Sicilia e la Calabria”, è per il 55 per cento di proprietà del ministero dell’Economia e il resto diviso tra Anas (36,6%), Rete ferroviaria italiana (5,8%), oltre a Regione Calabria e Regione Sicilia presenti con la stessa percentuale (1,1%). Accanto a Pietro Ciucci, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, e il ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Matteo Salvini, hanno nominato presidente Giuseppe Recchi, altra “vecchia conoscenza” del governo Berlusconi che nel 2011 lo aveva messo alla presidenza dell’Eni.
Il consorzio Eurolink è invece il gruppo di aziende edili di cui Webuild – ex Salini-Impregilo – ha una quota del 45%. Le altre imprese presenti sono la spagnola Sacyr (18,7%), Condotte d’Acqua (15%), Cmc (13%), la giapponese Ihi (6,3%) e il Consorzio Aci (2%).
I nomi di Ciucci e Salini, amministratore delegato di WeBuild, sono ricorrenti. Sono infatti le stesse persone che hanno gestito il progetto fermato nel 2013 e per cui chiesero contenziosi milionari allo Stato: Ciucci 320 milioni di euro per conto della Stretto di Messina, Salini 700 per conto dell’Eurolink, allora capeggiata dalla sua Impregilo, poi estinti con l’ultimo riavvio del progetto.
Ora, a 74 anni, Pietro Ciucci può chiudere in bellezza la sua carriera tra le opere pubbliche italiane con la prima pietra dell’incompiuta più grande: il ponte sullo Stretto di Messina.
Così il ponte di Salvini finisce già per dare soldi alle famiglie della ‘ndrangheta
Fonte : Today