Il parroco di Aleppo: ‘Soluzioni vere alla crisi siriana per poterci rialzare’

P. Bahjat Karakach, francescano della comunità latina, racconta la difficile situazione nella martoriata città afflitta da tredici anni di guerra, dal terremoto e ora anche dai contraccolpi del conflitto a Gaza. “Inflazione alle stelle, affitti impossibili, si sopravvive con le rimesse dei parenti all’estero”. I progetti della parrocchia nei quartieri che erano stati occupati dalle milizie e dove oggi dilagano miseria e degrado. “Cerchiamo di essere luce in mezzo all’oscurità”. 

Milano (AsiaNews) – Una guerra che, dopo tredici anni, non può ancora dirsi conclusa, un terremoto devastante lo scorso anno e, oggi, lo spettro del conflitto a Gaza che allunga la sua ombra su un popolo già esasperato: in Siria la crisi sembra non avere fine. “In questi mesi la violenza ha varcato più volte il confine del Paese e tutti noi ci sentiamo ancora più insicuri. La gente è sfiduciata, non riesce a vedere un futuro”. Non nasconde l’inquietudine p. Bahjat Karakach, parroco francescano della comunità latina di Aleppo. “La nostra città, in particolare, ha subito una serie di colpi durissimi. A oltre un anno dal sisma, ci sono bambini che non riescono ancora a dormire da soli”.

Se la Siria è sempre più dimenticata dalla comunità internazionale, e lo stesso Programma alimentare mondiale dell’Onu ha tagliato i programmi di assistenza alimentare per la carenza di fondi, i bisogni della gente al contrario non fanno che aumentare. “Dopo il terremoto, mancano le case e il prezzo degli affitti è raddoppiato – conferma padre Bahjat, che è nato e cresciuto ad Aleppo ma ha poi studiato diversi anni in Italia -. Affittare un appartamento costa più del valore di uno stipendio mensile medio, e in molti purtroppo si trovano senza un tetto sulla testa”.

In generale, la situazione economica è preoccupante: dal 2020 la sterlina siriana ha subito un calo di 15 volte del suo valore rispetto al dollaro e nell’ultimo anno l’inflazione ha portato a raddoppiare anche i prezzi dei generi alimentari. Lo Stato, da parte sua, è ormai assente: “Dal sistema scolastico alla sanità, le istituzioni non riescono a garantire il proprio supporto: le cure mediche si pagano, un intervento chirurgico ha costi vertiginosi”. E come sopravvive la gente? “Grazie alle rimesse dei parenti all’estero: ormai praticamente ogni famiglia ha almeno un membro che è emigrato. E poi, naturalmente, attraverso il supporto di ong e istituzioni umanitarie. Noi siamo in prima linea su diversi fronti di assistenza materiale, dalle forniture di pasti alla ricostruzione delle case danneggiate”, racconta il sacerdote 48enne, punto di riferimento per le seicento famiglie della parrocchia di San Francesco. E di molte altre.

“Diverse nostre iniziative escono dalle mura della chiesa e raggiungono tutti i siriani, senza distinzioni confessionali. Abbiamo alcuni progetti nei quartieri a maggioranza musulmana che erano stati occupati dai miliziani e dove oggi dilagano miseria e degrado. Oltre all’aiuto materiale, portiamo avanti interventi di sostegno psicologico per bambini orfani, abbandonati o figli di ex combattenti, anche attraverso attività artistiche e sportive. E poi lavoriamo per l’alfabetizzazione: ci sono donne che non sapevano leggere e oggi frequentano l’università. Piccoli segni di cambiamento che portano una ventata di speranza nel contesto di fatica e preoccupazione”.

Per p. Bahjat, la Chiesa oggi rappresenta “una luce in mezzo all’oscurità”. In che senso? “Noi cristiani siamo pochi, eppure, a fianco del lavoro pastorale ordinario e del servizio sociale per aiutare i siriani a vivere con dignità, portiamo avanti un impegno educativo e di riconciliazione che rappresenta un investimento importante per il futuro della società. Lavorare insieme, dal basso, è un modo per abbattere il muro della diffidenza e ricostruire le relazioni”. A cominciare dai giovani: “I ragazzi sono incredibilmente vivi e pieni di energia. Di fronte a nuovi progetti si dimostrano sempre pronti a entusiasmarsi e a impegnarsi in prima persona, nonostante le loro vite siano molto complicate. Tutti, anche chi prosegue negli studi, devono trovarsi un impiego, magari informale, per aiutare la famiglia: danno lezioni, fanno lavoretti occasionali”.

Proprio per questi giovani, privi di prospettive in un contesto in cui, tra l’altro, la disoccupazione è alle stelle, i frati francescani promuovono dei microprogetti per chi vuole provare ad avviare un’attività economica: “In molti sottopongono la propria proposta e poi noi selezioniamo le più promettenti, fornendo agli ideatori corsi di formazione su come si crea e si porta avanti un progetto commerciale, di cui poi sosteniamo il lancio”.

P. Karakach, tuttavia, ribadisce con forza la necessità che il mondo torni ad occuparsi del futuro della Siria: “Non vogliamo essere per sempre mendicanti di aiuti e abbiamo gli strumenti per ricostruire il nostro Paese, ma è necessaria una soluzione alla crisi a cui deve contribuire anche la comunità internazionale, che a volte sembra disinteressata a stabilizzare il territorio”. La prima misura concreta sarebbe “togliere le sanzioni economiche, che non solo aumentano la povertà della gente, ma creano terreno fertile per corruzione e illegalità”. E, naturalmente, il cessate il fuoco a Gaza e la de-escalation regionale: “I siriani sono esausti della guerra, vorrebbero voltare finalmente pagina”.

LA “PORTA D’ORIENTE” È LA NEWSLETTER DI ASIANEWS DEDICATA AL MEDIO ORIENTE
VUOI RICEVERLA OGNI MARTEDI’ SULLA TUA MAIL? ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER A QUESTO LINK

Fonte : Asia