Online si parla malissimo di Humane AI Pin e Rabbit R1

Sono prodotti che in Italia probabilmente non vedremo mai, ma per una volta possiamo essere contenti invece che dispiaciuti. Perché, a giudicare da quello che si legge (e si vede) su Internet, Humane AI Pin e Rabbit R1 sono due prodotti mediocri.

Presentati a inizio anno come “i dispositivi che rimpiazzeranno gli smartphone”, la next-big-thing nel mondo della tecnologia, sono entrambi due assistenti personali indossabili dotati di intelligenza artificiale. Che però non funzionano come promesso, come dovrebbero e come sarebbe lecito aspettarsi visto quello che costano.

reddit: l’imbarazzante bugia del Rabbit R1 a MKBHD

La Humane AI Pin “non funziona la metà delle volte”

Quattro mesi dopo, con le prime consegne ai primi clienti, è arrivato il momento di un bagno di realtà che ha riguardato prima di tutto la AI Pin di Humane, una spilletta costosissima (700 dollari, più un abbonamento obbligatorio da 24 dollari al mese) che dovrebbe rispondere a comandi vocali, vedere il mondo che ha intorno e parlarne, permettere di fare telefonate e molto altro. Solo che “la metà delle volte non funziona” e “anche quando funziona è di una lentezza esasperante”, come hanno scritto i colleghi di The Verge nella recensione, affibbiandogli un sonoro 4 su 10.

Lo youtuber MKBHD, che già aveva inflitto un colpo probabilmente fatale a Fisker, ha fatto pure di peggio: nel suo video, che in un paio di settimane ha raccolto quasi 7 milioni di views, ha parlato del “peggior prodotto che ho provato nella mia carriera” e apertamente sconsigliato di acquistarla. Semplicemente perché la AI Pin non è ancora pronta a fare quello che era stato promesso che avrebbe fatto.

Forti, fortissimi dubbi su tutti e due i dispositivi sono stati sollevati da molti altri siti specializzati e da altri youtuber, compreso il canadese Dave2D, che per ben due volte si è occupato sia della AI Pin sia dell’R1, arrivando a definirli “al limite della truffa” e ribadendo che anche se funzionassero non farebbero nulla più di quello che uno smartphone fa già. E che al limite “potrebbero essere un’app”.

Un problema di hardware, più che di software

Ma quali sono i difetti principali dei due dispositivi, riscontrati nelle recensioni che si possono leggere e vedere online? Oltre al fatto che non funzionino come dovrebbero, s’intende. Ci sono problemi a livello di software, nel senso che le IA con cui sono equipaggiati non danno risposte soddisfacenti, mentono apertamente e in modo imbarazzante e soprattutto non sono in grado di fare quello che era stato promesso e mostrato nei video promozionali, semplicemente perché non hanno accesso ad alcuni dati dell’utente e non hanno alcun collegamento con lo smartphone al cui interno questi dati sono conservati.

Ma più che altro sembrano esserci problemi a livello di hardware, di come sono fatti: l’R1 ha una batteria che dura 60-90 minuti e poi si spegne, un’interfaccia scomoda che a volte è touch e a volte no e una costruzione plasticosa e un po’ economica; l’AI Pin si surriscalda spesso (e si disattiva per autoproteggersi) ed è dotata di un proiettore praticamente illeggibile all’esterno. Tutto questo nonostante che, lo ribadiamo, costino rispettivamente 200 e 700 dollari.

youtube: Dave2D sul Rabbit R1

Perché tanta fretta?

La sensazione è che entrambi i dispositivi siano stati messi in vendita troppo frettolosamente, dopo una campagna pubblicitaria convincente e capace di attirare parecchia attenzione e parecchi consensi. E quindi la domanda sorge spontanea: perché? Perché non aspettare altri 2-3 mesi e magari rifinirli meglio, a livello sia di software sia di hardware?

Non c’è una risposta ufficiale, ma ci sono alcune ipotesi che si possono fare, che ha fatto Dave2D nei suoi video e che ci sentiamo di condividere: la fretta è legata alla paura di quello che potrebbero fare Apple e Google. Spieghiamo: già c’è la (forte) sensazione che quello che fanno AI Pin ed R1 possano farlo tranquillamente gli smartphone e che l’unica cosa che li distingua da un telefono è l’integrazione di una IA al loro interno. IA che però non ha accesso ad alcuni dati fondamentali dell’utente per poter essere effettivamente d’aiuto. Per poter essere davvero un assistente personale: non può prenotare una vacanza, comprare un libro su Amazon o acquistare un paio di scarpe online (come invece veniva mostrato in alcuni video promozionali), banalmente perché non ha accesso ai dati della carta di credito. Che invece stanno sullo smartphone e cui sia Apple sia Google hanno accesso.

E che accadrà nell’arco di meno di un mese, quando durante gli eventi I/O e WWDC, prima Google e poi Apple annunceranno magari le loro nuove IA o anche l’integrazione delle loro IA esistenti all’interno di Android e iOS? Che questi prodotti diventeranno inutili, perché tutte le cose che (teoricamente) fanno potranno essere fatte meglio, anche con la voce, attraverso lo smartphone che le persone hanno in mano quotidianamente. Che continua a confermarsi come l’oggetto più utile ed efficace per permettere la comunicazione fra noi e la Rete.

@capoema

Fonte : Repubblica