L’abbattimento delle palme ha portato diversi animali a nutrirsi di guano di pipistrello, che contiene virus simili a quello del Covid-19. La ricerca è stata condotta da un team internazionale
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Nuovi dettagli sugli spillover di virus tra specie diverse che possono portare a nuove pandemie. Communications Biology ha pubblicato uno studio a riguardo intitolato “Selective deforestation and exposure of African wildlife to bat-borne viruses” e condotto in Uganda da un team internazionale di ricercatori guidato da Pawel Fedurek e Caroline Asiimwe della Budongo Conservation Field Station.
Studio sul guano di pipistrello
Fedurek, un ricercatore della Facoltà di Scienze Naturali dell’Università di Stirling nel Regno Unito, ha individuato animali in una foresta africana che si nutrivano di guano di pipistrello dopo la scomparsa di una fonte di cibo essenziale nella regione a causa della deforestazione selettiva. L’analisi del guano di pipistrello ha rivelato diversi virus, tra cui un betacoronavirus legato alla SARS-CoV-2 responsabile della pandemia di Covid-19. Non è ancora chiaro se il betacoronavirus trovato sia trasmissibile agli esseri umani, ma rappresenta un esempio di come nuove infezioni possano attraversare le barriere tra le specie.
Animali costretti a nutrirsi di guano di pipistrello
La ricerca è iniziata quando Fedurek ha osservato scimpanzé selvatici mangiare guano di pipistrello da un albero cavo nella foresta di Budongo, in Uganda. Lo studioso ha poi installato delle telecamere che hanno filmato anche altre animali, tra cui antilopi, mentre consumavano gli escrementi. Il guano è diventato una fonte alternativa di minerali essenziali dopo che le palme, che in precedenza erano consumate dai mammiferi, sono state abbattute fino quasi all’estinzione. Gli abitanti di Budongo usavano gli alberi per essiccare le foglie di tabacco che venivano poi vendute alle multinazionali. Come riportato da Greenreport.it, i ricercatori dell’università di Stirling hanno spiegato che “gli scienziati non comprendono ancora appieno le prime fasi della diffusione del virus, che può portare alla morte di decine di migliaia di persone, ma si ritiene che coinvolgano complesse catene causali che iniziano con l’alterazione dell’ambiente da parte degli esseri umani”.
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Ricerca durata sei anni
Dopo questa prima scoprta, Fedurek e Asiimwe (allora coordinatrice della conservazione alla Budongo Conservation Field Station) hanno collaborato con Tony Goldberg dell’università del Wisconsin-Madison, uno dei più noti esperti mondiali di epidemiologia ed evoluzione delle malattie infettive. Goldberg ha identificato i virus presenti nel guano insieme a ricercatori che hanno stabilito la probabilità che il nuovo betacoronavirus infetti le tre specie di mammiferi e gli esseri umani. A causa della complessità e dell’estensione delle analisi di laboratorio necessarie, il completamento dell’intero progetto ha richiesto circa sei anni.
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Fonte : Sky Tg24