“Volete figli senza ansia e capaci di prendere rischi e inseguire i propri sogni? Fategli vivere giochi rischiosi all’aperto, liberi, senza il vostro controllo. Meno attività strutturate, meno display. Più pericoli, più libertà. Impareranno a gestire l’incertezza, il rischio e l’ansia. E il loro sviluppo sarà sano”.
A dirlo sono anni di studi portati avanti da Mariana Brussoni, ricercatrice straordinaria, nata in Uruguay con origini italiane, nota in tutto il mondo per le sue ricerche sulla relazione tra giochi rischiosi all’aperto e sviluppo sano. Professoressa alla Facoltà di Medicina della British Columbia University a Vancourver, in Canada, Brussoni dirige l’Human Early Learning Partnership, centro di ricerca presso l’Università che riunisce scienziati di diverse discipline per migliorare il benessere dei bambini.
“Noi genitori siamo intrappolati in un paradosso. Vogliamo disperatamente tenere i nostri figli al sicuro e garantire il loro successo. Abbiamo il terrore che si facciano male e che falliscano. Così facciamo tutto il possibile per evitare che ciò accada. Il risultato? Molti di questi sforzi per gestire le nostre paure hanno paradossalmente ridotto la sicurezza dei nostri figli e le loro probabilità di successo”.
Se siete nati prima degli anni 80-90, provate a pensare alla vostra infanzia. Probabilmente avrete giocato liberi per strada, nei parchi locali e nei luoghi abbandonati. E probabilmente ricorderete un senso di gioia, libertà e indipendenza. “Questo è il tipo di infanzia comune a quasi tutta la storia umana. Oggi però, è cosa rara e le conseguenze possono rivelarsi catastrofiche…”.
Brussoni ha ricevuto numerosi premi per l’eccellenza delle sue ricerche e per il suo contributo alla promozione di questo tipo di giochi. “Lo sviluppo naturale prevede che I bambini provino paura. Le paure hanno infatti uno scopo evolutivo. Il gioco rischioso è il modo in cui queste paure vengono affrontate ed eliminate”.
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Cosa si intende per giochi rischiosi?
“Giocare con l’altezza, con la velocità (bicicletta, slittino), usare martelli, coltelli, giocando vicino a elementi come il fuoco o l’acqua, gioco violento, vagare in quartiere senza un adulto..”
Quali sono i benefici?
“I bambini acquisiscono competenze. Padronanza del terrore, capacità di superare le paure e di gestione del rischio, autostima e resilienza. Imparano che quando le cose vanno male, e può succedere nel gioco come nella vita, il mondo non finisce e che si è capaci di affrontare le sfide. Questo è molto importante”.
Qual è la relazione tra giochi rischiosi e i disturbi d’ansia?
“Alla base dell’ansia c’è la paura e l’intolleranza per l’incertezza. Le cose che non possono essere previste o controllate sono considerate spaventose. E da evitare. Il gioco rischioso implica invece una relazione costante con l’incertezza. I bambini non sanno come andranno a finire le cose: potrebbe andare bene o male. La ricompensa è una sensazione entusiasmante e di brivido. Emozioni forti che possono essere ambigue e confuse con ansia e paura. È la mente a decidere se lo stimolo è positivo o negativo. Con il gioco, i ragazzi si esercitato nel riconoscere le emozioni e a considerarle positive. Il mondo è pieno di incertezze. L’incertezza non può essere evitata. E i bambini devono essere in grado di gestirla e persino abbracciarla….”
L’elogio del rischio…
“Dobbiamo correre dei rischi nella vita se vogliamo raggiungere premi più grandi, Come l’amore, l’avventura, la gioia…”
Secondo le ricerche di Killian Mullan, tra il 1975 e il 2015, il gioco all’aperto tra i bambini del Regno Unito è diminuito del 29,4%, mentre le attività basate sul computer o strutturate sono aumentate del 22,4%. Che cosa è cambiato?
“Diversi i fattori. Durante gli anni ’70, con la prima grande crisi economica dal Dopoguerra, a cui ne sono seguite altre negli anni ’80 e ’90, i genitori, preoccupati per il futuro dei loro figli in un mondo competitivo, hanno iniziato a spingere verso un’educazione intensiva. Hanno privilegiato attività strutturate e supervisionate, per permettere ai propri figli di entrare nelle scuole “giuste” e di accedere alle “giuste” (ossia prestigiose) professioni. Ma c’è molto altro…”
Forse il fatto che il mondo sia diventato più pericoloso?
“C’è la percezione di un mondo pericoloso. Con l’accesso ai media e poi ai social media, le storie di crimini e pericoli, anche se remoti o rari, sono diventate più visibili. Questo ha portato molti genitori a non far uscire i bambini di casa per motivi di sicurezza. Eppure il mondo non è mai stato cosi sicuro. Poi la crescita urbana e la progettazione delle città intorno all’uso delle auto hanno ridotto spazi pubblici accessibili per i giochi. Più donne nel mondo del lavoro, meni figli. I bambini hanno meno opportunità di avere fratelli più grandi con cui esplorare il mondo.
Allo stesso tempo, le principali cause di morte dei bambini stavano cambiando. Malattie come la tubercolosi e la poliomielite non rappresentavano più una minaccia. La principale causa di morte sono diventati gli infortuni (in particolare gli incidenti stradali). Cosi il campo della prevenzione degli infortuni è diventato molto importante. Da questo lavoro sono emersi progressi enormi, come le cinture di sicurezza, ma l’approccio mancava di sfumature…”
Che cosa dovrebbero fare i genitori?
“Devono riconoscere i loro valori più profondi. Vogliono davvero far crescere i loro figli in questo modo? Fare il genitore è davvero difficile, e lo è ancora di piu quando c’è un rumore di fondo che critica le tue scelte e ti fa sentire un fallito. Vogliamo aiutare i genitori a sintonizzarsi sui valori più profondi per i loro figli. E dare loro 3 cose: spazio, tempo e libertà. Sul nostro sito abbiamo uno strumento meraviglioso e gratuito per identificare questi valori e cambiare”.
Lei è stata una bambina che ha fatto giochi rischiosi?
“Sono cresciuta tra gli anni ’70 e gli anni ’80. Sono stata incoraggiata a uscire di casa e a non tornare fino all’ora di cena. Io e i miei fratelli vagavamo per il quartiere e facevamo quello che ci pareva. Non ero una che correva rischi, ma nel contesto dell’infanzia di oggi, gran parte di ciò che abbiamo fatto sarebbe probabilmente visto come rischioso…” .
Perché ha deciso di occuparsi di questo ambito?
“Una volta terminato il mio PhD in psicologia dello sviluppo, ho iniziato a lavorare sulla prevenzione degli infortuni infantili. All’epoca, si tendeva a prevenire i rischi il più possibile. Il rischio era visto come sinonimo di pericolo. Tutto questo era però in contrasto con ciò che sapevo sullo sviluppo infantile e con una visione più olistica del benessere, che considerasse anche l’attività fisica, la salute mentale e lo sviluppo sociale. Ho passato anni di studi per capire perché questo approccio mi disturbasse così tanto…Poi la ricercatrice norvegese Ellen Beate Hansen Sandseter ha pubblicato i suoi studi sul gioco rischioso. Quando ho letto il suo lavoro, la mia ricerca si è concentrata solo sul gioco rischioso. Infine sono diventata mamma…”.
Cosa desidera per i suoi figli?
“C’è un episodio che è rimasto impresso nella mente e che mi ha fatto capire quanto radicate fossero queste paure. Quando mio figlio piccolo aveva 5 anni, l’ho invitato ad andare al parco con la sorella più grande per giocare in libertà. Alzando lo sguardo verso di me, mi disse: “Ma mi rapiranno!”. Un rapimento? Come puoi immaginare, non avevo mai condiviso queste idee con lui. Eppure questa paura, arrivata forse da amici, a scuola, o dagli insegnanti, aveva colpito il suo senso di sicurezza. Questo mi ha reso molto triste e ancora più determinata a cambiare le cose”.
Lei è stata citata in quasi 500 articoli e documentari sui media di tutto il mondo. Dal New York Times a The Atlantic, dal The Washington Post a Popular Science. Numerosi anche gli articoli scientifici. Cosa ha fatto la differenza per lei?
“Le mie idee sono state molto controverse quando ho iniziato questa ricerca, ma lungo il percorso ho avuto mentori meravigliosi, persone che mi hanno supportato, colleghi incredibili da tutto il mondo con cui ho collaborato. E c’è un’ultima cosa che vorrei aggiungere…”
Prego…
“Non auspico un ritorno a un passato idealizzato. Anche allora c’erano molte cose che non andavano bene. Voglio offrire ogni giorno ai bambini opportunità di gioco, tempo e libertà. A casa, all’asilo, a scuola. Ovunque trascorrano il loro tempo. Abbiamo realizzato tool per genitori, per educatori, per insegnanti. Sono gratuiti sul nostro sito. Abbiamo svolto ricerche e test approfonditi. Sogno che tutti ne traggano vantaggio per uscire dal paradosso”.
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Fonte : Repubblica