La seconda fase delle elezioni indiane e le ricadute sul Bangladesh

L’ex Pakistan orientale sta guardando con attenzione al processo elettorale. Soprattutto per quanto riguarda la presenza di migranti, di fede musulmana, che si trovano in India. Per ora Dhaka cerca di mantenere un certo equilibrio tra le pressioni di Delhi e l’influenza di Pechino, spiega p. Sergio Targa, missionario saveriano in Bangladesh dal 1992, oggi in Italia.

Milano (AsiaNews) – Si tiene oggi la seconda tornata delle complesse elezioni indiane che, iniziate il 19 aprile, si completeranno il primo giugno, mentre i risultati saranno resi noti tre giorni dopo. Un esercizio di democrazia senza rivali i cui esiti sono attesi anche al di fuori dei confini nazionali, soprattutto per le ripercussioni che la situazione post-voto potrebbe avere sul piano strategico regionale e globale, ancor più in una situazione complessa come quella attuale che presenta una serie di problematiche e sfide che hanno al centro l’Islam. Una fede alla quale appartengono circa 200 milioni di indiani e altri milioni di immigrati, in maggioranza provenienti dall’ex Pakistan orientale, nel 1971 diventato Bangladesh e oggi con una popolazione al 91% musulmana.

I rapporti tra i due Paesi nei decenni successivi all’indipendenza hanno risentito soprattutto di due fattori. Il primo, la gestione delle acque, in particolare per i corsi inferiori del Gange e del Brahmaputra, di cui New Delhi controllo i “rubinetti”. I due fiumi contribuiscono al benessere del Bangladesh, ma ne mettono anche a rischio l’economia e la popolazione con la minaccia di piene improvvise e devastanti. Il secondo fattore è quello demografico, perché l’immigrazione dal sovrappopolato Bangladesh, rappresentata dalla politica nazionalista come un’“invasione”, resta un elemento di tensione negli Stati del nord-est dell’India che ne condividono i confini.

L’approvazione della nuova legge sulla cittadinanza da parte indiana, proprio in campagna elettorale, ha aperto al rischio che milioni di immigrati possano essere espulsi. Durante la prima fase del voto negli Stati del Manipur e Bengala occidentale si sono verificate violenze interetniche.

Una situazione che il governo del Bangladesh sta guardando con attenzione. Tuttavia, “è difficile che le tensioni a cui stiamo assistendo possano cambiare i rapporti fra i due governi. Riguardo la legge sulla cittadinanza la posizione di Dhaka è di monitorare la situazione, a meno che l’applicazione non avvii un processo di espulsione verso il Bangladesh, il cui governo non intende cavalcare la ‘carta religiosa’ come i nazionalisti filo-induisti, che, al contrario, sottolineano le presunte difficoltà poste dagli immigrati per una presunta incompatibilità di fede con la popolazione locale indiana”, spiega p. Sergio Targa, missionario saveriano in Bangladesh dal 1992 dopo studi alla London School of Oriental and African Studies di Londra. Oggi lavora come Procuratore generale e riveste diversi ruoli di docente.

Per il momento, quindi, i rapporti tra le autorità di New Delhi e di Dhaka sono buoni. “Ci sono delle similitudini nei due sistemi di governo attuale. Le elezioni di gennaio in Bangladesh hanno confermato il potere autocratico della premier Sheikh Hasina non dissimile da quello di Narendra Modi in India. Dopo avere di fatto zittito le opposizioni, ha dovuto dar vita a partiti di facciata per darsi una opposizione e quindi maggiori credenziali democratiche. In questo è sostenuta dall’India”, ha specificato il missionario membro del Centro Studi Asiatico dei saveriani, che ha sede in Giappone.

L’India, che ha contribuito militarmente alla nascita del Bangladesh e che ha forti interessi strategici su di esso, vede con preoccupazione i massicci investimenti cinesi nel Paese. Ma Dhaka continua ad avere Delhi come riferimento principale. “La scelta di Dhaka ricade sull’India perché ne è circondata e perché è evidente la prossimità per storia e popolazione. In realtà sul piano strategico vi è la ricerca costante di un equilibrio. La crescente vicinanza alla Cina, ad esempio, dipende dal tipo di proposte che la Cina fa, come per i contratti sulle infrastrutture – ha aggiunto il sacerdote -. Dal punto di vista militare il Bangladesh dipende anzitutto dall’India, ma ha acquistato sommergibili dalla Cina”. 

Fonte : Asia