Perdere una persona che si ama provoca in ognuno di noi un vuoto incredibile, che per tutta la vita – o quasi – cerchiamo di colmare come meglio possiamo. In alcuni casi anche ricorrendo alla tecnologia. Negli ultimi mesi, infatti, in Cina moltissime persone stanno utilizzando i chatbot AI per tornare a parlare con i propri familiari o amici scomparsi. Una tendenza che sembra trovare un riscontro concreto un po’ in tutto il mondo, dove sempre più utenti sono portati a creare avatar digitali con le sembianze dei propri cari per tornare a interagire con loro.
A Taiwan, per esempio, la startup Memoark ha da lanciato un’applicazione che permette di creare avatar AI dei propri amici a quattro zampe scomparsi. In Cina, invece, sono i chatbot AI ad aiutare le persone a lenire il dolore della perdita. Molti siti di shopping, infatti, stanno vendendo bot personalizzabili con le sembianze e le voci delle persone scomparse a poche centinaia di dollari. E la società locale di servizi funebri, Fushouyuan, ha addirittura annunciato di essere a lavoro per lanciare una tecnologia che permetta ai defunti di apparire alle loro funzioni funebri in forma di avatar AI.
Sulla scia di questa tendenza, Arthur Wu – un product manager di Pechino – ha lanciato un’azienda che utilizza Ernie, l’AI di Baidu, e il software di generazione vocale della compagnia ElevenLabs per creare chatbot realistici, che gli utenti possono personalizzare fornendo foto e registrazioni dei loro cari scomparsi. Secondo quanto riferito da Wu, infatti, alcune persone avrebbero scelto di acquistare cloni digitali costruiti ad hoc per nascondere la perdita dei loro cari ai bambini o ai familiari più anziani. Una questione incredibilmente delicata, che la compagnia sta cercando di gestire con strumenti di monitoraggio molto attenti: un team di “moderatori” si occupa di controllare costantemente le risposte date dai chatbot agli utenti, così da poter intervenire prendendo in mano la conversazione nel caso in cui questi mostrino segni di disagio emotivo.
Eppure, nonostante tutte le accortezze messe in atto da Wu, gli esperti di psicologia sembrano piuttosto convinti che ricorrere all’intelligenza artificiale per riportare in vita i propri cari possa creare confusione e stress durante il processo di elaborazione del lutto. “Se non si va avanti [dopo il lutto], questo può rivelarsi molto dannoso – ha dichiarato Nathan Mladin, ricercatore presso il think tank cristiano Theos, che ha indagato lo stretto rapporto tra bot AI e morte, spesso identificato con il nome di ”immortalità virtuale” -. I bot potrebbero impedire alle persone di riprendere la loro vita, a causa del rifiuto emotivo di accettare la morte”.
Fonte : Wired