Negli Stati Uniti Like That, singolo dei rapper Future e Kendrick Lamar, ha avuto l’impatto di una bomba atomica. La martellante diss track, come vengono chiamate le canzoni pensate per deridere od offendere qualcuno, ha scalato le classifiche in un lampo dopo essere stata pubblicata il mese scorso. Ma il brano ha anche conquistato i social, da X a Instagram passando per TikTok, grazie alle parole di Kendrick Lamar, l’artista di Compton che nel 2018 ha vinto il premio Pulitzer per la musica ( il primo artista hip-hop a ottenere il riconoscimento) ed è considerato da molti il miglior rapper vivente. La canzone ha fatto scalpore soprattutto per le persone prese di mira dal testo: Drake e J Cole.
I tre rapper sono attualmente considerati il meglio che il genere ha da offrire. Una tesi che a quanto pare però non trova d’accordo Lamar, che in Like That rivendica che il trono appartiene di diritto a lui e a lui soltanto con una raffica di versi feroci (“Motherf*** the big three/it’s just big me” che in italiano potremmo tradurre come “Fanc*** i tre grandi / sono solo io il grande”).
Lo studio
Secondo una ricerca, il brano è indicativo di una recente tendenza nella musica e rappresenta allo stesso tempo un’anomalia. Se da una parte le canzone sottolinea infatti il virtuosismo di Lamar (da qui l’eccezione), dall’altra colpisce anche per il suo hook ripetitivo (la frase “like that” è pronunciata più di trenta volte). Da questo punto di vista, il rapper è in buona compagnia: come rivela uno studio pubblicato a marzo su Scientific Reports, negli ultimi tempi i testi dei pezzi rap, rock, country, R&B e pop sono caratterizzati da un “calo nella ricchezza del vocabolario“.
Lo studio è stato condotto da un team di ricercatori europei, che ha preso in esame 353.320 testi di canzoni in lingua inglese pubblicate dal 1970 al 2020 utilizzando la piattaforma Genius e concentrandosi sui fattori chiave come struttura, rime, emozioni, complessità per misurare “l’evoluzione temporale dei testi delle canzoni negli ultimi decenni e le variazioni specifiche dei generi”. I risultati del lavoro indicano un deterioramento nel contenuto dei testi, con un “aumento generale della ripetitività“ nei cinque generi principali. Per quanto riguarda il rap, la ricerca ha rilevato che “i testi sembrano diventare più emotivi con il tempo” e “meno positivi per l’R&B, il pop e il country“. Una delle conclusioni principali è che, in generale, i musicisti mostrano “una tendenza a comporre testi più arrabbiati“. Le conclusioni sono in linea con uno studio psicologico del 2011, che ha esaminato la musica dal 1980 al 2007 constatando un aumento dei pronomi riferiti alla prima persona singolare nei testi delle canzoni.
Il ruolo dei social
Il cambiamento riflette lo spirito dell’epoca in cui sono nate i brani. Viviamo senza dubbio in una società più egocentrica. Gran parte del nostro modo di vivere è mediato da piattaforme digitali che promuovono la tendenza a concentrarsi su se stessi. Nonostante le canzoni moderne siano caratterizzate da rabbia, monotonia e vanità, questi attributi non sono più una denuncia dei tempi. Non tutti però sono d’accordo con le conclusioni dello studio. “Non credo che i testi hip-hop siano più arrabbiati”, afferma Dame Aubrey, che dirige la divisione responsabile della scoperta dei nuovi artisti di Cmg Records and Management, un’etichetta musicale che rappresenta diversi rapper.
Fonte : Wired