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La serie tv Netflix “Briganti” appassiona i neoborbonici per la nuova chiave di lettura su quella fase storica.
Da qualche settimana sulla piattaforma streaming di film e serie tv Netflix c’è un prodotto che sta piacendo e non poco a tutti quelli che si riconoscono nel movimento Neoborbonico di Napoli e, più in generale, a coloro che hanno sempre mal digerito la narrazione sui cosiddetti “briganti” del Sud Italia.
Personaggi che la storia di oggi descrive come delinquenti, approfittatori, tagliagola e precursori di quella che poi sarebbe diventata la malavita organizzata al Sud Italia nell’epoca moderna e che invece movimenti pro-borbonici e alcuni studiosi sono propensi ad analizzare secondo un altro punto di vista che tiene conto anche della reazione alla crudeltà di quella che viene definita “occupazione sabauda”. Posizioni pressoché inconciliabili, nonostante quintali di libri, carte dell’epoca, documenti d’ogni tipo.
Fatto sta che oggi, come dicevamo, c’è una serie tv Netflix, titolo “Briganti” che sta facendo esultare i neoborbonici. Trattasi di una serie «genere crime-western», com’è definita da chi l’ha realizzata, composta da 6 episodi e prodotta da Fabula Pictures in associazione con Los Hermanos, con il contributo del Ministero della Cultura e dell’Apulia Film Fund di Apulia Film Commission. Girata principalmente in Puglia tra Lecce, Melpignano, Altamura e Nardò, “Briganti” offre secondo i neoborbonici nuovi chiavi di lettura.
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Scrive Gennaro De Crescenzo, presidente del movimento neoborbonici napoletani: «Non si tratta di un film storico ma la storia che fa da sfondo ai personaggi (reali i loro nomi) contiene molte delle tesi che spesso vengono definite “neoborboniche”: i sabaudi invasori e oppressori, il Sud tutt’altro che povero (e i conseguenti saccheggi), i massacri, le deportazioni, la crudeltà degli ufficiali piemontesi e l’eroismo dei briganti che combattevano per la loro terra e per la libertà».
Con una nota il movimento politico ha espresso il suo plauso per il prodotto:
Evidentemente, nonostante il sostanziale monopolio di accademie e media, sono state finalmente superate le tesi di una cultura “ufficiale” che per oltre 160 anni ha minimizzato o negato quei fatti o ha raccontato il brigantaggio come guerra interna al Sud o i briganti come semplici criminali.
E anche grazie alla diffusione di fiction come questa le prossime generazioni potranno fare tesoro di tante verità storiche associandole ad un orgoglio e ad un senso di appartenenza sempre più necessari e preziosi in questioni meridionali aperte proprio in quegli anni e mai risolte.
Resta anche la bellezza di un prodotto avvincente, tra scenari meravigliosi, una splendida fotografia ed una emozionante colonna sonora, a partire dal famoso canto dei briganti di Eugenio Bennato rivisto da Raiz.
Fonte : Fanpage