Perché TikTok rischia il ban negli Stati Uniti (di nuovo)

2 agosto 2018. Se qualcuno volesse provare a raccontare la storia degli ultimi anni di social network, partire da quella data non sarebbe una cattiva idea. Un comunicato, sul sito di una nuova applicazione per la creazione e distribuzione di video brevi, annuncia che quella piattaforma, TikTok, ha appena acquistato Musical.ly. E che i due social network, entro la fine dell’anno, sarebbero diventati uno solo, mantenendo proprio quel nome: TikTok.

Negli anni seguenti, in particolare quelli della pandemia, la piattaforma di proprietà di ByteDance ha cambiato il modo stesso in cui intendiamo i social network. E non (solo) con i balletti, le canzoni o i video divertente. Lo ha fatto grazie a un nuovo approccio, interamente improntato sui contenuti e non più, come su Facebook o Instagram, sui profili da seguire.

È il feed ‘Per te’ ad aver cambiato i social: un palinsesto automatico di contenuti, in cui un algoritmo seleziona per l’utente i post più adatti, senza necessità di seguire qualcuno o di interagire in modo diretto. La bilancia delle piattaforme si sposta: non più (o non solo) relazioni sociali; più di ogni altra cosa, l’intrattenimento, il consumo mediale.

È questo cambio di paradigma, seguito da tutti gli altri social network, ad aver rappresentato il vantaggio competitivo di una piattaforma che, negli anni, è arrivata a superare quota 1 miliardo di utenti attivi. Di questi, circa 170 milioni sono negli Stati Uniti. Dove, però, il futuro di TikTok è a rischio.

Cosa sta succedendo a TikTok negli Stati Uniti

Prima la Camera dei Rappresentanti, poi il Senato subito dopo, hanno infatti approvato una legge che potrebbe vietare TikTok negli States, a meno che la sua azienda madre cinese, ByteDance, non lo ceda. La misura, che ora attende solo la firma del Presidente Joe Biden, è parte di un pacchetto di leggi di aiuti esteri, che mirano, tra le altre cose, a fornire assistenza all’Ucraina e a Israele.

La precedente legge su TikTok, che era stata approvata solo alla Camera il mese scorso, era rimasta ferma proprio al Senato.

La nuova proposta è molto simile alla precedente, ma estende il periodo di tempo per ByteDance per cedere TikTok prima che l’effettivo divieto venga applicato. ByteDance avrebbe fino a un anno per completare la vendita, anziché solo sei mesi. Il nuovo testo prevederebbe un periodo iniziale di dismissione di nove mesi e darebbe al presidente la facoltà di estenderlo di altri tre, a condizione che ci sia progresso verso un accordo.

Insomma, non un vero e proprio ban immediato, a cui TikTok (e ByteDance, che non sembra avere intenzione di vendere) intende reagire iniziando una battaglia legale. La legge, infatti, violerebbe le disposizioni del Primo Emendamento della Costituzione americana, che garantisce la libertà di parola. Il passaggio ai tribunali, in ogni caso, permetterebbe di mettere in pausa l’iter e di guadagnare un po’ di tempo. E, magari, di mobilitare ancora la base utenti che, il mese scorso, aveva prima inondato di chiamate e poi manifestato davanti a Capitol Hill contro la possibilità di un ban.

Perché gli Stati Uniti vogliono bannare TikTok

Del divieto a TikTok negli Stati Uniti si parla, ormai, da qualche tempo. La ragione principale è la provenienza del social network, nato in Cina da un’azienda cinese e versione internazionale dell’altrettanto cinese Douyin. Il timore dei legislatori americani è che TikTok possa condividere i dati dei cittadini americani con il Governo di Pechino. O che, all’interno del social network, possano essere promosse informazioni o contenuti in grado di influenzare la popolazione americana, soprattutto quella più giovane.

Non ci sono prove per queste accuse, che TikTok ha sempre rispedito al mittente. Per mostrare il proprio impegno, l’azienda ha creato una divisione interamente dedicata alla sicurezza dei dati dei cittadini americani. Dati che, stando a quanto riferito dalla stessa azienda, sono conservati in infrastrutture controllate da Oracle, negli Stati Uniti.

Al netto dei sospetti, la sensazione è che si tratti di una mossa che parte da una serie di interessi geopolitici e commerciali. C’è, da una parte, una tensione tra Stati Uniti e Cina che rende complicato, per gli statunitensi, accettare che una parte consistente della propria cultura popolare, soprattutto per i più giovani, passi su una piattaforma controllata da un’azienda non americana. In un contesto, tra l’altro, in cui Meta e Google non sono utilizzabili in Cina.

C’è dall’altro lato anche la volontà di mantenere una sorta di controllo sul ruolo di leader nella tecnologia digitale. Un ruolo, questo, in cui da sempre la Silicon Valley, come Meta, Amazon, Google, è protagonista indiscussa. E che, almeno negli ultimi anni, un’azienda cinese ha messo in dubbio. Vietare TikTok negli Stati vorrebbe dire ridare centralità a chi, in questi anni, ha cercato di rispondere alla scalata della piattaforma di ByteDance replicando quel modello. Quel modello che, oggi, esiste, tra Reels su Instagram e Short su YouTube. E che, senza dubbio, potrebbe uscire rafforzato dalla perdita del competitor più importante.

Fonte : Today