Alla fine il governo ha scritto che vuole spendere un miliardo di euro sull’intelligenza artificiale. Era arrivata da troppo in alto, per bocca della stessa presidente del Consiglio Giorgia Meloni, la promessa di investire un miliardo di euro sull’AI, per non mettere nero su bianco quelle nove lettere nel disegno di legge dedicato. Che per la precisione è un’autorizzazione a spendere “fino a”. Una formula che salva la faccia del governo. Spetterà a Cdp venture capital, il Fondo nazionale innovazione per finanziare le startup nato sotto l’ombrello di Cassa depositi e prestiti, piazzare le fiches sui progetti giusti.
I nove zeri sono entrati in zona Cesarini, nella versione del disegno di legge sull’intelligenza artificiale che il consiglio dei ministri sigla il 23 aprile. A quasi un mese dalla scadenza di Pasqua entro cui sbandierava di volerlo adottare. Le risorse hanno richiesto un accordo tra dicasteri, in particolare due tra Alessio Butti, sottosegretario all’Innovazione tecnologica e fidatissimo della presidente, e il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso. Nelle bozze che Wired ha svelato in anteprima il 9 aprile e che sono state alla base della discussione, c’era un impegno a piazzare fondi pubblici per 150 milioni che, per un effetto moltiplicatore sarebbero potuti diventare 800 milioni. Leggi: grazie agli investimenti privati. Una versione che però smentiva la promessa fatta da Meloni a marzo, davanti a una platea di papaveri delle grandi aziende di Stato e del mondo dell’innovazione.
Il miliardo per l’AI
Motivo per cui Palazzo Chigi deve riformulare il testo. Come trapela dal consiglio dei ministri in corso, nel nuovo articolo 21 del disegno di legge, dedicato a “investimenti nei settori di intelligenza artificiale, della cybersicurezza e quantum computing”, si legge che è “autorizzata fino all’ammontare complessivo di un miliardo di euro” l’acquisizione di partecipazioni dirette o indirette, grazie a Cdp Venture Capital, in startup e piccole e medie imprese innovative, con sede in Italia, che operano in settori chiave: AI, cybersecurity, quantum computing, telecomunicazioni e 5G. E ancora: mobile edge computing (ossia il calcolo di grandi quantità di dati da parte di dispositivi e applicazioni distribuiti, vicini a dove i dati sono prodotti, come sensori, per esempio) e web3 (l’architettura di internet che incorpora blockchain e infrastrutture decentralizzate). I settori sono gli stessi già visti in un decreto del 16 febbraio.
I fondi potranno coprire dalla fase di seed a quella di scaleup, così come il supporto a imprese più grandi per creare i cosiddetti “campioni nazionali”. E finanziare “la creazione di poli di trasferimento tecnologico e programmi di accelerazione”. Il miliardo arriverà dal Fondo di sostegno al venture capital del ministero delle Imprese e del made in Italy (Mimit). Ossia il tesoretto di Cdp Venture Capital. E poi dalla “sottoscrizione, direttamente o indirettamente” o dal “coinvestimento” in fondi per il venture capital, sempre realizzati dal braccio di Cdp per l’innovazione. E a cui si chiederà poi conto dei risultati.
Le altre previsioni
Il disegno di legge sull’AI è un provvedimento bandiera per il governo e il partito della presidente Giorgia Meloni. Perché cristallizza le volontà dell’esecutivo sullo sviluppo di sistemi di AI, sull’assegnazione di poteri e denari e sulle regole del gioco. E perché dà voce alla visione di Fratelli d’Italia, che così si impone nella maggioranza come il partito che decide sulla tecnologia. I capisaldi del disegno di legge, che dovendo ora passare al vaglio di Camera e Senato, potrà subire modifiche (anche il Partito democratico ha depositato una proposta a riguardo), sono quelli anticipati da Wired: aggravante dei reati per uso di AI, lotta ai deepfake, tutela del diritto d’autore, libero accesso ai dati per scopi di ricerca, anche in ambito in sanitario. E poi l’impianto di gestione: responsabilità divise tra Agenzia per l’Italia digitale (Agid) e Agenzia per la cybersicurezza nazionale (Acn), una fondazione per governare sperimentazione e sviluppo e i soldi a Cdp Venture Capital.
Una delle norme riguarda l’uso per scopi di ricerca sanitaria. Un tema governato dal Gdpr, il regolamento europeo sui dati personali, e che richiede il consenso per ogni uso. Il disegno di legge stabilisce che i trattamenti di dati per la ricerca medica, che vengono eseguiti da strutture pubbliche o da centri di ricerca non profit, come quelli delle associazioni dei pazienti, devono essere considerati di rilevante interesse pubblico. E per questo motivo non serve chiedere il consenso (lo prevede lo stesso Gdpr). Si autorizza l’uso secondario di dati per nuove ricerche, senza richiedere il consenso, e si impone ai centri studio di comunicare al Garante della privacy l’avvio dei loro studi, senza ottenere una autorizzazione preventiva. Sarà poi l’ente, se lo ritiene, a richiedere informazioni sul dossier. Il perimetro della norma si applica a ricerche su medicinali, nuove cure, ma anche sensori, protesi e interfacce uomo-macchina.
Fonte : Wired