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Con una serie di mercati creativi, anche se pieni di vincoli, Giuseppe Marotta ha allestito una squadra che in Italia è capace di dominare per molti anni. Se la strategia è vincente, perché cambiarla?
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Lo scorso anno la Serie A è stata vinta da una società, il Napoli, che a inizio stagione aveva perso i pilastri degli ultimi anni: Koulibaly, Fabian Ruiz, Insigne, Ospina e Mertens. Nell’ambiente tutti pensavano che sarebbe stato un anno mediocre, in attesa della crescita di qualche nuovo arrivo, invece sono esplosi in maniera definitiva e roboante Osimhen, Kvaratskhelia, Lobotka e Rrahmani, portando il tricolore sotto il Vesuvio dopo 33 anni.
I diversi mercati che Giuntoli ha messo a punto portando la squadra allo scudetto sono stati molto creativi, seguendo l’idea che in bacini minori si possono andare a scovare gemme che poi soprattutto nella Serie A attuale fanno miracoli. Quando Giuseppe Marotta arriva all’Inter ha tutto un altro standing rispetto a Giuntoli.
Viene dalla Juve in cui si è abituato non tanto a pasteggiare a caviale come si fa quando hai a disposizione i petrodollari, ma di sicuro a mangiare in un ristorante stellato. I vari Tevez, Vidal, Higuain, Pjanic e per finire Cristiano Ronaldo se non hai alle spalle chi sovvenziona, con risultati sportivi eccezionali, non te li puoi permettere. Nel dicembre 2018 però Marotta lascia la Juve e arriva in un Inter in cui la proprietà cinese degli Zhang ha già deciso di iniziare a tirare i remi in barca, almeno per quel che riguarda le spese folli nella speranza di pareggiare i top team europei.
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Antonio Conte è al primo anno con i nerazzurri e mette in piazza solo alcune delle sue pretese e Marotta riesce ad accontentare tutti da una parte comprando il centravanti del presente e del futuro prossimo, Lukaku per 78 milioni inclusi bonus, a cui aggiungere dal Cagliari Barella che diventerà il motore e l’anima della squadra, ma accanto a questi due acquisti di nome, ci mette vicino prima di tutto due ritorni a casa che si riveleranno decisivi, come Dimarco e Bastoni e un parametro zero, Godin, che inaugura, in questo caso senza grandi risultati perché il difensore uruguaiano aveva dato davvero tutto con l’Atletico Madrid, una nuova era.
La creatività di Marotta non è quella giuntoliana dello scandagliare aree di calcio secondarie, ma di scegliere il giocatore giusto per la sua squadra, adatto al tipo di calcio del proprio allenatore e soprattutto avere il timing giusto per dirottarlo verso l’Inter a parametro zero, non un secondo prima affinché poi la società proprietaria lo venda a qualcuno, né troppo tardi affinché una società magari più florida di quella nerazzurra glielo strappi a suon di milioni di stipendio.
La squadra attuale schiera Hakan Çalhanoğlu, Henrix Mkhitaryan, Juan Cuadrado, Marcus Thuram, Alexis Sánchez, Davy Klaassen, tutti presi a parametro zero e chi più chi meno decisivi per questo scudetto, mentre André Onana, altro svincolato, è stato venduto al Manchester United per 52,5 milioni di euro + 5 di bonus, a cui aggiungere altri due pilastri come Matteo Darmian e Francesco Acerbi, arrivati all’Inter per 6 milioni complessivi.
Mentre in Europa e in qualche modo anche in Italia ci sono squadre che spendono per un solo giocatore quello che l’Inter spende in un intero mercato, Marotta riesce a essere creativo e a puntare non solo calciatori utili ed efficaci per la sua squadra, ma spesso anche desiderosi di rilanciarsi (Darmian era al Parma undicesimo in classifica prima di passare all’Inter) o di calibrarsi in altri campionati (come Marcus Thuram), magari per poi rimbalzare in un campionato più ricco. Tutto questo bailamme è guidato dall’uomo di Varese, che incasserà anche questa estate e ha già preso l’ennesimo parametro zero, Piotr Zielinski dal Napoli. Se la strategia è vincente, perché cambiarla?
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Fonte : Fanpage