La sterilizzazione forzata delle donne groenlandesi negli anni ’60 e ’70 del ‘900, le steppe radioattive del Kazakistan, le storie di violenza e riscatto delle donne della comunità sud-asiatica britannica. Sono alcuni dei temi difficili, toccanti e profondi che i fotografi finalisti del Sony World Photography Awards 2024 hanno affrontato con le loro storie visuali e le loro immagini.
Spiralkampagnen
L’ambito premio di fotografo dell’anno, che quest’anno compie diciassette anni, è andato a Juliette Pavy, giovane fotografa francese ancora poco conosciuta, che ha conquistato la giuria della World Photography Organisation con una storia intensa e attuale. Il progetto si chiama “Spiralkampagnen: Forced Contraception and Unintended Sterilisation of Greenlandic Women” ed è un’indagine fotografica documentaristica che esplora le gravi e durature conseguenze della campagna di controllo involontario delle nascite condotta dalle autorità danesi in Groenlandia negli anni Sessanta e Settanta ai danni di migliaia di donne Inuit.
La serie impiega diversi formati fotografici, dagli scatti urbani della città di Nuuk, in Groenlandia, e dei luoghi della sanità locale alle vecchie immagini radiografiche, passando per foto d’archivio delle giovani donne coinvolte, immagini recenti delle vittime e ritratti dei medici che hanno operato in Groenlandia durante e dopo il programma.
Pur non essendo quello a più alto impatto visivo e nonostante immagini che necessitano di un forte accompagnamento narrativo e testuale, il progetto di Pavy ha conquistato la giuria per la potenza della storia che la fotografa ha saputo trovare, investigare e raccontare, seppure in maniera a tratti un po’ acerba.
Il vincitore italiano
Molto più “grafico” invece il progetto “Flora” di Federico Scarchilli. Unico italiano vincitore del premio di categoria (sezione Still Life), Scarchilli ha creato dei dittici fra piante medicinali rare e i farmaci che ne derivano e che vengono utilizzati nelle cure oncologiche o nella terapia del dolore. Mettendo a fianco le nature morte di piante che ha coltivato in casa e le immagini elaborate in digitale del prodotto farmaceutico derivato, Scarchilli riesce in un convincente dialogo visivo che fa riflettere sul modo in cui ci rapportiamo alla natura.
Ritratti e Paesaggi
Assai meritevoli di menzione, a nostro parere, anche altri due progetti vincitori delle categorie professionali Ritratti e Paesaggio. Il primo è di Valery Poshtarov, fotografo bulgaro che ha raccolto con sistematicità antropologica i ritratti di decine di coppie di padri e figli in Bulgaria, Georgia, Turchia, Armenia, Serbia, e Grecia. Nelle foto i soggetti si tengono per mano, sottolineando con una forte componente di poetica visiva il legame fra le generazioni.
Nella sezione Paesaggio ha vinto invece il progetto The Sacrifice Zone di Eddo Hartmann. Il fotografo olandese ha visitato zone remote del Kazakistan in cui l’Unione Sovietica ha condotto centinaia di esperimenti nucleari, di cui oggi rimangono ancora tracce radioattive. Grazie all’uso intelligente della fotografia a infrarossi, Hartmann ha trasformato il verde dell’erba delle steppe in un rosa innaturale che simboleggia e rievoca la contaminazione radioattiva della “zona sacrificale”, che rimane invisibile a occhio nudo.
Il premio alla carriera a Salgado
Oltre ai premi di categoria per i professionisti e gli amatori della categoria Open, ogni anno il Sony World Photography Award assegna anche un importante premio “per lo straordinario contributo alla fotografia”. Quest’anno il fotografo scelto per l’equivalente dell’Oscar alla carriera fotografica è Sebastião Salgado.
Conosciuto per le sue suggestive fotografie di reportage e per le immagini naturalistiche in bianco e nero, Salgado è oggi famoso anche per il suo attivismo ambientalista. Durante un incontro con la stampa prima del gala di premiazione, Salgado ha raccontato la sua evoluzione, da quando nel 1973 decise di abbandonare il lavoro da economista per abbracciare la fotografia, fino alla scelta di fondare con la moglie Lelia l’organizzazione ecologista Instituto Terra.
“A chi vuole diventare un bravo fotografo”, ha detto Salgado, “consiglio di tornare a studiare l’economia, l’antropologia, la sociologia. Bisogna conoscere il mondo e il modo in cui si trasforma per l’intervento dell’uomo, per poi andare là dove i cambiamenti avvengono. È solo essendo lì, presenti, che si può fare fotografia”.
Quaranta scatti selezionati del grande fotografo sono visibili in una sezione personale della mostra dei finalisti del Sony World Photography Awards 2024. La si può visitare alla Somerset House di Londra fino al 9 maggio.
Fonte : Repubblica