In Italia e in molte parti del mondo è disponibile su Disney+ (per cui, se si escludono i film, Bluey costituisce il 29% dei contenuti visti), perché da anni Disney gli gira intorno cercando di capire come comprarla insieme al suo impero di merchandising, John Brumm (l’autore) però non vende. Almeno al momento. Bluey è un prodotto artigianale anche se questo è quasi impossibile nell’animazione, settore in cui serve una squadra grande ed è regolata da un processo industriale molto rigido. Lo stesso l’ispirazione per i giochi che animano ogni puntata viene dai giochi che Brumm vede fare alle sue figlie, e le voci dei bambini sono di bambini che lui conosce (l’identità non viene rivelata per privacy), la colonna sonora la fa il fratello, la madre doppia un personaggio e via dicendo.
Bluey si fa in casa insomma e come spiega Daley Pearson, una delle pietre fondanti della serie, il fondatore di Ludo Studio, la casa che produce Bluey e che ci lavora dal primo episodio: “Faremo di tutto per non cambiarlo. Le voci dei bambini sono bellissime e le useremo fino a che sarà possibile”. Che è una maniera bella per non dire molto, incalzato però ammette che c’è un problema con questo modo di fare artigianale: “Non abbiamo una risposta ad oggi su come faremo, ma sono le voci di quei personaggi da sempre, e sono molto caratterizzate. Se sei australiano riesci a capire da dove vengono!”. Questa impostazione familiare non significa che Bluey non sia sfruttato a dovere, i suoi libri hanno venduto 20 milioni di copie, la colonna sonora ha fatto 350 milioni di stream e un live show chiamato Bluey’s Big Play è da anni in giro per l’Australia e gli Stati Uniti. Bluey vale 2 miliardi, secondo valutazioni indipendenti. Quando Disney li metterà sul tavolo non sarà facile per Brumm dire di no.
Intanto è da pochi giorni uscito Il cartello, l’episodio di 28 minuti di questa serie fatta da puntate di 7 minuti, lungo come quattro puntate normali quindi, un esperimento. È una grande avventura in cui Bluey, la sorella Bingo e la madre Chilli cercano di fare in modo che il matrimonio tra lo zio e la baby sitter non salti in aria. Nel frattempo la casa in cui sono cresciuti e in cui si sono svolte le tre stagioni della serie è messa in vendita, perché sembra che la famiglia si debba spostare in un’altra città per seguire il lavoro del padre (un archeologo). È una classica avventura di Bluey, piena di giochi, battute e con quel marchio di fabbrica che è la malinconia del tempo che passa attraverso lo sguardo dei genitori. È allungata ma con un tale ritmo che non si avverte per nulla la durata maggiore.
Fonte : Wired