“La Giornata della Terra? Spesso è marketing”. I 3 consigli green dell’eco-toker Giorgia Pagliuca

“Ho 26 anni e ancora voglia di cambiare il mondo”. Si presenta così su TikTok Giorgia Pagliuca, una giovane donna che si occupa di sostenibilità e che utilizza i social per diffondere a più persone possibili (quasi 70.000 tra TikTok e Instagram) i propri messaggi. In occasione della Giornata Mondiale della Terra, l’abbiamo intervistata per farci raccontare non solo qualcosa di più su questo tipo di mestiere che sta prendendo piede, ma anche per avere qualche consiglio utile per essere sempre più dei cittadini consapevoli e sostenibili.

Cosa fai nella vita precisamente?

“Da 5-6 anni mi occupo di sostenibilità e di comunicazione di sostenibilità, sono sostanzialmente una green content creator. Contestualmente sto facendo un dottorato in enogastronomia, scienze e cultura del cibo con ambito specifico sul rapporto tra uomo e animali”.

Cosa ne pensi delle “giornate mondiali”, in questo caso della Terra?

“Non credo che sia inutile di per sé, ma nel tempo è diventata molto spesso un momento per capitalizzare su queste istanze. Spesso è una giornata più per i brand e per le aziende. Non è una giornata sciocca, non andrebbe cancellata ma dovremmo guardarla attraverso un’altra lente. Io ad esempio oggi non faccio chissà cosa. Incontro gli alunni nelle scuole per parlare di sostenibilità, che è un’attività che faccio più spesso”.

Come si fa a capire quando un’azienda veramente si preoccupa del green e quando, invece, è greenwashing? 

“Fortunatamente viviamo in Europa, dove si stanno realizzando tutta una serie di direttive e linee guide per evitare che le aziende facciano greenwashing (operazioni green ingannevoli, ndr). Ci sono sempre più limitazioni imposte dall’alto. È chiaro, però, che bisogna farsi un po’ il callo e iniziare a capire che la sostenibilità non è eco-compatibilità”.

Ovvero?

“Sostenibilità è uno sguardo d’insieme, vuol dire comprendere da dove arriva un prodotto, quanto vengono pagate le persone che lo hanno realizzato, se effettivamente verrà riciclato e così via. Se associamo la sostenibilità al verde o a una confezione riciclata, quella non è sostenibilità. Bisogna andare oltre il contenitore e guardare il contenuto. Va da sé che un’azienda fast-fashion, non è che se tira fuori una collezione in cotone organico, diventa sostenibile. Rimarrà a prescindere non sostenibile”.

Tornando a te: riesci a vivere con la creazione di contenuti (green)?

“Sì e no. Lavorando come dottoranda, quindi percependo la borsa di studio, ho un limite. L’attività che faccio nelle scuole in generale è gratuita. A meno che non faccia parte di un progetto più ampio, con dei fondi ad esempio europei”.

Fare l’influencer è una professione? “Sì, pagano le tasse. Hanno diritti e doveri”, parla il sindacato Assoinfluencer 

Quali sono i tre consigli che da seguire per essere veramente una persona sostenibile?

“Il primo è quello di attivarsi. Noi spesso parliamo di “consumatori” ma prima di tutto siamo cittadini. Il mio consiglio è quello di fare qualcosa politicamente (non intendo fondare un partito). Quindi fare un volontariato che non si limita a donare o fare beneficenza, ma proprio fare qualcosa di concreto, rendendoci parte di qualcosa di comune. Ci sono tantissime associazioni attive su tutto il territorio italiano, c’è un substrato veramente attivo che permette di fare la differenza. Il secondo consiglio che mi sento di dare è quello di limitare fortemente i prodotti di derivazione animale, soprattutto la carne rossa che ha un’impronta ecologica molto alta. Nella maggior parte dei casi sono prodotti che hanno, in qualche modo, uno sfruttamento durante la filiera. Limitare tutto questo a favore di un’alimentazione variegata, locale e vegetale. Ma soprattutto consapevole, che si renda conto di tutta la filiera”.

E l’ultimo consiglio qual è?

“Come ultimo consiglio mi sento di suggerire di ripensare la propria mobilità a favore di quella pubblica e collettiva. Vediamo sempre più persone che si spostano per fare lo stesso tragitto, in coda nel traffico, sole in una sola macchina. Se veramente abitiamo gli spazi pubblici e ci occupiamo della mobilità pubblica forse quest’ultima cambierà davvero”.

Tu non hai un automobile, quindi?

“Esattamente. Io cerco sempre di spostarmi trovando altre soluzioni. Se ho un lungo tragitto da fare posso prendere il car sharing, se proprio devo. Bisogna rivalutare il proprio modo di spostarsi, le alternative ci sono”.

Fonte : Today