La procedura d’infrazione per disavanzi eccessivi che Bruxelles dovrebbe aprire nei confronti dell’Italia in estate ha già fatto scattare l’allarme: per adeguarsi al Patto di stabilità, secondo i calcoli degli esperti, il governo dovrà tagliare la spesa pubblica tra i 9 e i 10 miliardi di euro all’anno. Ma stando agli impegni presi dallo stesso esecutivo nell’ultimo Documento di economia e finanza (Def), l’entità dei tagli potrebbe essere ben più corposa, fino a ben 30 miliardi. Lo stima l’Osservatorio sui conti pubblici dell’Università Cattolica.
Il Def presentato dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti indica un aumento del rapporto tra debito pubblico e Pil di circa 2 punti percentuali e mezzo tra fine 2023 e fine 2026, con solo una piccola riduzione nel 2027. Ma le previsioni del governo, si legge in un articolo dell’Osservatorio, “sono basate su ipotesi relativamente ottimistiche per l’andamento del Pil reale, dell’inflazione e delle entrate da privatizzazioni”. Inoltre, non tengono conto delle “politiche di sostegno all’economia (per un totale di quasi 20 miliardi, tra cui tagli di contributi sociali e Irpef per 15 miliardi) che si esauriranno a fine 2024” e che “il governo ha indicato di voler confermare”.
Tenendo conto di queste intenzioni e di una stima più realistica sull’andamento dell’economia italiana e degli introiti delle privatizzazioni, scrive sempre l’Osservatorio, “un quadro più veritiero dello stato delle nostre finanze pubbliche a politiche invariate comporterebbe invece un aumento del rapporto tra debito e Pil” di circa 5 punti percentuali e mezzo entro la fine del 2026. “Questo – continua – sottolinea la necessità di significative misure di aggiustamento che dovranno essere introdotte nella prossima legge di bilancio. Se si volesse non solo rifinanziare le misure che si esauriranno a fine 2024, ma anche mantenere il rapporto tra debito e Pil intorno ai valori previsti a fine 2024 (137,8 per cento) occorrerebbe introdurre misure correttive per circa 30 miliardi”, concludono gli esperti dell’Università Cattolica.
Cosa rischia l’Italia con la procedura Ue sui conti
Il taglio, dunque, sarebbe tre volte superiore a quello che dovrebbe comportare l’avvio della procedura d’infrazione dell’Ue. A meno che il governo non decida di porre fine alle politiche di sostegno alle imprese. Un’ipotesi su cui l’esecutivo forse preferirà discutere pubblicamente dopo le prossime tornate elettorali di giugno.
Fonte : Today